Utopie Pirata

di Hakim Bey

questa volta perÚ vengo come il Dioniso vittorioso, che trasformer‡ il mondo in una vacanza… Non che abbia molto tempo
Nietzsche (dalla sua ultima “folle” lettera a Cosima Wagner)

I corsari e i pirati dei Mari del XVIII secolo crearono una “rete d’informazione” che si estendeva per l’intero globo: primitiva e primariamente rivolta a truci affari, la rete funzionava nondimeno ammirabilmente. Sparse attraverso la rete erano isole, remoti nascondigli dove le navi potevano venire rifornite d’acqua e cibo, il bottino scambiato per necessit‡ e lussi. Alcune di queste isole sostenevano “comunit‡ intenzionali”, intere mini-societ‡ che vivevano coscientemente al di l‡ della Legge e decise a rimanerci, anche se solo per breve ma felice esistenza.

Alcuni anni fa cercai attraverso un mucchio di materiale secondario sulla pirateria sperando di trovare uno studio su queste enclavi – ma sembrÚ come se nessuno storico le avesse trovate degne d’analisi (William Burroughs ha menzionato l’argomento, come pure lo scomparso anarchico Larry Law – ma nessuna ricerca sistematica ‰ stata portata a termine). Mi ritirai verso fonti primarie e costruii la mia teoria, alcuni aspetti della quale saranno discussi in questo saggio. Chiamai questi villaggi “Utopie Pirate”. Qualche anno fa, Bruce Sterling, uno degli esponenti di punta della fantascienza cyberpunk, ha pubblicato un romanzo ambientato nel non-distante futuro, basato sull’assunzione che il degrado dei sistemi politici porter‡ a una proliferazione decentralizzata di esperimenti nel vivere: gigantesche corporation controllate dai lavoratori, enclavi indipendenti, dedicate alla “pirateria-dati”, enclavi Verdi-Social-Democratiche, enclavi ZeroWork, zone anarchiche liberate. L’economia informatica che supporta questa diversit‡ ‰ chiamata La Rete; le enclavi (e il titolo del libro) sono Isole nella Rete (Islands in the Net). Gli Assassini medievali fondarono uno “Stato” che consisteva di una rete di remote valli, montagne e castelli, separate da migliaia di miglia, strategicamente invulnerabile alle invasioni, collegata dal flusso informativo di agenti segreti, in guerra con tutti i governi e votato solo alla conoscenza. La tecnologia moderna, culminante nel satellite spia, rende questo tipo di autonomia un sogno romantico. Niente piÛ isole dei pirati! Nel futuro la stessa tecnologia – liberata da tutti i controlli politici – potrebbe rendere possibile un intero mondo di zone autonome. Ma per adesso il concetto rimane precisamente fantascienza – pura speculazione.

Siamo noi che viviamo nel presente condannati a non sperimentare mai autonomia, a non stare mai per un momento su di un pezzo di terra dominato solo dalla libert‡? Siamo costretti o alla nostalgia del passato o a quella del futuro? Dobbiamo attendere che il mondo intero venga liberato dal controllo politico prima che anche uno solo di noi possa dire di conoscere la libert‡? Logica ed emozione si uniscono nel condannare una tale supposizione. La Ragione domanda che uno non possa lottare per ciÚ che non conosce; e il cuore si rivolta contro un universo cosÁ crudele da destinare tali ingiustizie sulla nostra sola generazione dell’umanit‡.

Dire che “Non sarÚ libero finchÈ tutti gli umani (o tutte le creature senzienti) sono liberi” significa semplicemente sprofondare in un tipo di stupore-nirvana, abdicare la nostra umanit‡, definirci sconfitti.
Io credo che estrapolando da storie del passato e del futuro a proposito di “isole nella rete”, potremmo collezionare prove per suggerire che un certo tipo di “enclave libera” ‰ non solo possibile ai nostri giorni, ma anche esistente. Tutta la mia ricerca e speculazione si ‰ cristallizzata attorno al concetto della ZONA AUTONOMA TEMPORANEA (d’ora in avanti abbreviato in TAZ). Nonostante la forza sintetizzante che ha per il mio pensiero, non voglio perÚ che la TAZ venga presa come altro che un essay (“tentativo”), un suggerimento, quasi una fantasia poetica. Nonostante l’occasionale entusiasmo da predicatore, non sto cercando di costruire un dogma politico. Difatti ho deliberatamente evitato di definire la TAZ – giro intorno all’argomento, sparando raggi esploratori. Alla fine, la TAZ si spiega quasi da sÈ. Se la frase diventasse d’uso corrente sarebbe compresa senza difficolt‡… compresa in azione.

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