MUSICA, VITTIMA DELLA MEDIOCRITA’ CULTURALE

Falsità, presenza latente d’inizio secolo estende la sua patina nella società quotidiana, inglobando e modellando a sua immagine e somiglianza ogni aspetto dell’interiorità umana. Falsi interessi, falsa sensibilità artistica, falsi ideali, falsa coscienza culturale distorta nelle sue manifestazioni di confine tra storia , tradizione ed eventi mediatici. Ne abbiamo avuto conferma di recente, in occasione dell’inaugurazione del Teatro alla Scala di Milano. Il teatro, simbolo della tradizione musicale italiana , dove l’arte trova la sua espressione più alta, è stato, suo malgrado, oggetto e soggetto di un’inconcludente mondanità pronta ad atteggiarsi in entusiastici quanto vuoti apprezzamenti. Opinioni che hanno spogliato il profondo significato della musica dalla sua concezione estetica e filologica riducendo l’evento ad un effimero spettacolo. Qualsiasi manifestazione si riduce di conseguenza, a semplicistiche banalità surrogate da un linguaggio superficiale e leggero nella forma e nel contenuto. Si rafforza così la tendenza ad alimentare il bisogno di sapere del pubblico con notizie di sicuro e immediato impatto, abituandolo a fermarsi all’apparenza senza andare oltre la superficie delle cose. Il restauro del teatro che ha saputo coniugare modernità, tecnologia e conservazione artistica, e l’opera di Salieri “ L’Europa Riconosciuta “ eseguita all’inaugurazione del 1778 e fortemente voluta dal maestro Muti, per rinsaldare le radici con un nobile passato, acquistano, in tal contesto, il sapore di un abbandono ai valori etici, al culto dell’estetica e al bello. Identità di un’arte superiore che ha avuto nel passato enormi influssi sul percorso educativo e formativo dell’uomo, ruolo disconosciuto oggi. Da questo strappo emerge l’immagine di un tessuto sociale dove il consumismo, la corsa al potere politico, la speculazione economica degenerano, sfuggendo completamente al rigore morale prima ancora di quello pubblico contribuendo, così a perfezionare ambigue e disoneste figure come i bagarini, che di certo non si pongono scrupoli a speculare sulla vendita dei biglietti. Ma a pagare il prezzo più alto è la musica, vittima e prigioniera dell’incapacità umana di saper ascoltare il richiamo suadente dell’arte nella mediocrità di riflessi culturali ostentati.

Antonella Iozzo

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