Giornalismo e miti: Addio a Ryszard Kapuscinski

E’ morto un vero giornalista di razza, un esploratore del Terzo mondo e dell’animo umano, Ryszard Kapuscinski , uno dei grandi miti del giornalismo di guerra senza “sé e senza ma”.

E’ morto dopo un’operazione chirurgica nell’ospedale di Warsavia. Aveva 75 anni.

Kapuscinski era nato nel 1932 a Pinsk nella Polonia Orientale, oggi Bielorussia, ed ha lavorato una vita intera per l’agenzia di stato, PAP, come corrispondente estero. Autore di memorabili opere di storia contemporanea, a cavallo tra il reportage giornalistico e la grande letteratura – da “IL Negus”, il profilo di Hailè Selassiè a “La prima guerra del football e altre guerre dei poveri”, a “Le Shah” sulla rivoluzione iraniana ad “Another Day of Life” sulle guerre in Angola.

Il suo culto, in Italia, ha raggiunto l’apice con la pubblicazione di “Imperium”, tre anni di lavoro incredibile tra il 1990 e il 1991, cronaca del colpo di stato che avrebbe portato in Russia, l’egemonia di Eltsin.

Scriveva “che il cinico non era adatto a questo mestiere” e prediligeva, come pochi hanno saputo fare, viaggiare in anonimato con tutti mezzi possibili e penetrare nei nodi della più complessa attualità politica dei paesi che attraversava, conversando con la gente, mimetizzandosi con loro, senza connotazioni, segni di riconoscimento da gran reporter o da straniero occidentale.

Tornava dai suoi viaggi fortemente stremato da quello che aveva visto e toccato con mano, forte del lavoro che la sua penna aveva tracciato, pagine di racconti di guerre, di fame, di povera gente, di grandi dittatori,di sovvertitori di ordini precostituiti.

Tornava dai suoi viaggi, sovente, con un paio di jeans, una padella e una cassa di libri. Un bagaglio leggero ma certamente indicativo per capire chi fosse Kapuscinski.

Per Lui, fare il reporter di guerra significava “vedere la realtà con i propri occhi senza interpretarla”. La sua cronaca era generosa, prodigiosa di pagine e pagine, ed era costruita dal basso, dalla gente, attenta alle piccole cose, ai dettagli, agli umori.

Storie e racconti che centrano sui contenuti, sui luoghi cancellati dalle mappe storiografiche, raggiunti con mille peripezie, dormendo ora qua ora là, affittando stanze, appartamenti nei luoghi dimenticati da Dio e che,tragicamente, venivano ripetutamente svaligiati, come la sua casa di Lagos, in Nigeria.

Scriveva, da lì, testardamente convinto di voler vivere in una città africana e in una casa africana, “se no come posso conoscere questo continente, questo paese?”diceva.

Il tema della sua vita erano i poveri, gli emarginati. Ed era questo, quello che intendeva come Terzo Mondo “non un termine geografico, né razziale ma esistenziale”. Terzo mondo come quel “mondo che rivela la vita povera di tanta povera gente, vessata dalla stagnazione, dall’immobilismo culturale, dalla tendenza alla regressione, da una diffusa mancanza di vie di uscita”.

Ho amato tanto i libri e i reportage di questo “giornalista-missionario” e siamo tutti addolorati per la sua scomparsa.

La sua memoria sarà di certo onorata dai suoi milioni di lettori, visto che i suoi libri sono stati tradotti in più di trenta lingue nel mondo.

Vi invito a leggere l’ultimo, uscito con Feltrinelli, “Autoritratto di un reporter” ed a conservare con voi la gioia e l’eloquenza delle sue pagine d’autore.

Lisa Biasci

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2 commenti

  1. Di Veri Giornalisti come Kapuscinski, credo proprio ne siano rimasti assai pochi…chissà: forse Lui era l’Ultimo dei Veri Giornalisti.
    Per qual motivo , mi esprimo così? Ma è semplice, purtroppo: di giornalisti che informano per informare, NON NE ESISTONO PIU’: abbiamo gli Araldi del Potere. Per cui, che si vuole sperare più!!Ciao!

    P.S. Il Potere è una brutta bestia e , non è forse vero, che le bestie si eliminano?

    Spartacus

  2. Ho letto un paio di suoi libri, gran narratore oltre che ottimo giornalista.

    Ci mancherà, ma la sua esperienza professionale è scolpita sulla pietra miliare che rappresenta

    Sergio

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