Sono PRECARI, ma nella Giustizia li chiamano tirocinanti

A cura di Lisa Biasci

Si chiamano lavoratori precari, e va detto li hanno chiamati in molti modi, secondo i tipi di contratto: atipici, flessibili, co. co. pro., a tempo determinato, tirocinanti, pure partite Iva (l’illusione di essere liberi professionisti ) e sono dappertutto in Italia: nella scuola, nell’Università, nella Giustizia e anche nel settore privato ( li chiamano stagisti o CTD nella migliore delle ipotesi) e di loro, ne hanno abbondato/abusato ad uso e consumo con la buona o la cattiva economia.

Tante definizioni diverse, come nei paesi civili del Nord Europa (tipo la Danimarca dove la flessibilità è sicurezza), che però in Italia sono riconducibili al divide et impera – se siete diversi non vi mettete insieme e vi si controlla meglio –nell’ottica sindacale e al precarius – dal latino “ottenuto con preghiere, concesso per grazia”- il lavoro.

Perché sempre e solo di lavoro si tratta-merce rara in questo paese- ma anche e soprattutto, di vite e di persone non solo giovani ma anche di quarantenni e cinquantenni fuoriusciti con gli ammortizzatori sociali da aziende in crisi.

Licenziati che non arrivano alla pensione, insomma, altra categoria diversa dagli esodati che con un “aiutino” in più dal governo –come è successo- sono passati in carico all’INPS come pensionati. Per i precari, senza tutela, è precario il lavoro, il “contratto di lavoro” che non hanno, ma soprattutto lo stile di vita: far quadrare il bilancio familiare, metter su famiglia o sorreggerla, con gli affitti, le bollette, le spese dei figli, se ci sono.

Anche nella Giustizia, settore cardine dell’apparato statale italiano, ingolfata di processi e di lungaggini burocratiche, vivono e attendono i precari-tirocinanti da tempi ormai remoti. Cinque anni più o meno. Nel tempo, sono diventati, 2924 lavoratori in tutta Italia “assunti con contratti di tirocinio professionalizzante al termine di percorsi formativi del Ministero della Giustizia”.

In realtà, questi lavoratori senza tutela, (ad esempio hanno copertura assicurativa INAIL in caso di infortunio ma non hanno diritto a giorni di malattia o ferie) hanno lavorato sodo facendo da tappabuchi nelle cancellerie dei tribunali ordinari, nelle Procure e anche in Corte di Cassazione. Ma sì, sotto la garanzia di un tirocinio formativo sul campo! Ca va san dire!

A disposizione degli uffici a cui sono stati destinati, con mansioni varie, (dalle traduzioni alle fotocopie, dal riordino e gestione dei fascicoli alle pratiche amministrative) coprendo anche le carenze e le esigenze di turnover, ferie e malattie e le insufficienze di organico, croniche in settori come questo.

Con il mal di pancia dei dipendenti del Ministero, quelli con il posto fisso, che governati furbescamente dai loro sindacati hanno talvolta mal digerito la presenza dei tirocinanti a palazzo. Loro, che vincitori di concorso, vedevano nei tirocinanti extra concorso pericolosi usurpatori dei loro scatti di carriera e delle loro pur legittime aspirazioni professionali. Vi rendete conto dello straordinario capovolgimento? Quelli che hanno più diritti temono coloro che ne hanno meno o non ne hanno affatto, non capendo certo che siamo tutti alla deriva: i soldi non ci sono e anche i dipendenti pubblici dovranno bene o male fare la loro parte. Parola di questo governo.

AI tirocinanti, comunque, era stato stanziato dal Ministero dell’Economia un fondo di 15 milioni di euro (decreto legge 31 maggio 2010, n.78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n.122 e diretta alle spese di funzionamento degli uffici giudiziari) di cui risultano spesi, ad oggi dal Ministero della Giustizia, solo 7,5 milioni di euro.

Che fine faranno i restanti 7,5 milioni e mezzo? Hanno diritto o no questi signori/ signore di terminare il loro tirocinio oppure discutiamo di come e quando inserirli a pieno titolo, come dipendenti della Giustizia? Non si tratta di concedere loro il “posto fisso” punto e basta, si tratta di risolvere anche e soprattutto le carenze di questo settore per avere una giustizia più svelta e giusta. Si tratta di coprire quelle insufficienze di personale che le cancellarie lamentano con personale formato e qualificato.

L’UPG – che è l’organizzazione che li rappresenta legata alla CGIL- sta cercando di organizzare iniziative importanti per porre attenzione sul loro caso: hanno fatto un presidio sotto la regione Lazio lo scorso 10 settembre chiedendo al Governatore Zingaretti (che firmò il progetto pilota per l’inserimento negli uffici giudiziari dei tirocinanti della giustizia), di impegnarsi per assicurare loro il tanto agognato inserimento nell’organico dei palazzi di giustizia. Lavoro e non più solo tirocinio, a coloro che lo hanno terminato.

Perché sì, il Governo una posizione chiara almeno ai tempi delle Primarie del PD l’ha presa. E quanti di loro hanno votato Renzi che prometteva di cancellare per sempre la differenza tra lavoratori di serie A (quelli con il posto fisso) e quelli di serie B ( i precari)?

Renzi, marito di una moglie precaria della scuola, dichiarò di voler fare della lotta al precariato una delle sue battaglie più coraggiose. “Dobbiamo cambiare un sistema ingiusto che umilia i precari”. Questo diceva. Numeri spaventosi poi, cita, spesso, 22 milioni in Italia contro i 2.500.

Il Ministro della Giustizia Orlando, è stato chiamato in causa sull’argomento in un dibattito sul tema “ Quale giustizia senza lavoro” nel comune di Carpineto Romano sabato scorso, 27 settembre.

Non si è presentato, né lui né Zingaretti governatore del Lazio e sul tema dei precari della giustizia ormai non servono solo parole e promesse. Servono i fatti.

Il mondo che ci attende -cari lettori-  non è bello davvero. Vedrà politici, sindacalisti, manager con vitalizi, bonus e posto fisso e i comuni mortali a dibattersi tra precariato e posto fisso con meno diritti e meno tutela. Lo slogan del futuro, abolizione o no dell’articolo 18 per i neoassunti (o per tutti) sarà davvero meno diritti per tutti perché quei pochi diritti che abbiamo non sono più, sostengono i benpensanti- in grado di rispondere alle necessità di questo malandato paese, fermo al medioevo sui temi occupazionali.

Se “le tante tutele” del lavoratore sono il passato e non sono più sostenibili dal sistema, ridateci però speranza e qualche certezza in più, rispetto ad adesso, perché di precario non sarà solo il lavoro ma anche le nostre esistenze. E di precariato vero, si può appena sopravvivere! Se proprio non sarà possibile ridarci speranze e rispetto, allora ridateci il passato!

Per riferimenti:

www.precarigiustizia.it

http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=23844&stile=7

Commenti Facebook
Informazioni su Antonella Serafini 149 articoli
violinista per hobby, giornalista per dovere civico e morale, casalinga per lavoro, contadina del web e "colpevole" di questo sito antonella@censurati.it