Dopo aver letto un articolo su antimafia 2000 che parla di Retorica di Stato riferendosi alla rivalsa dello Stato che ha fatto del covo di Riina una caserma dell’Arma, il nostro Syquem Caladejo ci fa notare gli strafalcioni di Antimafia Duemila (il giornale che vive di antimafia, i cui redattori sono pagati per scrivere certe cose)
buona lettura
Per l’ennesima volta ci troviamo obbligati a sfatare luoghi comuni e falsità sul “dopo arresto” di Riina, questa volta contestando un articolo di Baldo e Pettinari.
Im corsivo il testo originale dell’articolo, ed ogni volta a seguire, la nostra replica.
“Di fatto si arrivò a lasciare priva di osservazione la villa di via Bernini dal 15 gennaio 1993 (giorno dell’arresto di Riina ndr) fino al successivo 2 febbraio quando lo Stato varcò finalmente la soglia del covo del boss.”
Non c’era alcun mandato ad osservare la villa, i magistrati non lo avevano disposto per tutta una serie di ragioni note a tutti ma evidentemente non ai giornalisti “antimafiosi”. Si era parlato in fase decisionale dell’osservazione non della villa, ma della via e del cancello del comprensorio, e ciò non poteva essere in termini perentori, poichè con l’osservazione del solo cancello e non della villa e di quanto avveniva in essa, la sorveglianza continuativa diurna e notturna non avrebbe avuto alcuno scopo pratico e sarebbe stata di scarsa utilità (400 mt dalla villa con 2 metri e mezzo di recinzione intorno e molte altre case in mezzo) ma comportato solo rischi.
“Ma ormai era tardi. La famiglia era riuscita ad arrivare indenne a Corleone e Leoluca Bagarella con altri uomini d’onore fidatissimi erano già entrati togliendo ogni eventuale traccia compromettente addirittura ripitturando le pareti. Ci fu chi ipotizzò la sparizione del famoso “papello” di Riina (le richieste di Cosa Nostra allo Stato per far cessare le stragi ndr)”
Il 2 febbraio, 18 giorni dopo l’arresto, non poteva essere tardi per fermare i famigliari di Riina poiché questi erano incensurati, se ne potevano andare indisturbati, il mandato era di lasciarli andare e non fermarli per non scoprire l’indagine sui favoreggiatori, e quindi il fatto che nei 18 giorni dopo l’arresto non ci fosse un’osservazione adeguata con la via, non ha alcuna attinenza con il trasferimento a Corleone della moglie e dei figli di Riina, che è avvenuto il giorno stesso dell’arresto (quindi nei 18 giorni successivi, chissenefrega). Allo stesso modo non poteva essere tardi per evitare il “togliere tracce compromettenti”, perché gli inquirenti disponevano già delle prove per incastrare Riina e i favoreggiatori, (ed infatti le tracce “compromettenti” dalla casa non furono neppure tolte, in realtà), non poteva essere tardi per impedire la sparizione del papello o dei documenti (è provato ed accertato che SE c’erano documenti – cioè nell’improbabile caso che ci fossero documenti nella casa della moglie e dei figli di Riina, questi furono distrutti la mattina stessa dell’arresto dalla moglie, la Bagarella, prima del tempo utile per QUALSIASI perquisizione, e quindi della sorveglianza della via nei 18 giorni successivi, chissenerifrega). Infine se hanno dato il bianco alle pareti chisseneri-ri-rifrega, mica sulle pareti Riina dipingeva la mappa del tesoro. E infatti il bianco fu dato da semplici imbianchini che furono processati e assolti non avendo commesso alcun reato, mentre NON CI RISULTA ASSOLUTAMENTE, contrariamente a quanto è stato scritto, CHE LEOLUCA BAGARELLA SIA MAI ENTRATO IN QUELLA VILLA DOPO L’ARRESTO, in qualsiasi modo, così come in atti.
“Ci fu chi ipotizzò …. l’asportazione di un’intera cassaforte contenente chissà quali documenti scottanti.”
Ci fu si, ma ipotizzò una cazzata, o una balla, la cassaforte era dov’era, e ci restò ancora per anni. Né furono trovati segni di asportazioni o di ristuccature o reintonacature nelle pareti. Quindi la cassaforte non fu mai asportata, per niente. Quindi non si capisce a quale scopo Baldo e Pettinari debbano rammentarci che ci fu qualcuno che disse ‘sta cazzata.
“Ovviamente, oggi di questo nessuno ha parlato o ha sentito il bisogno di dire una sola parola.”
E ci mancherebbe altro, dato che si tratta di sciocchezze, o corbellerie.
Piuttosto sarebbe stato interessante, data l’occasione, raccontare la vera storia del sequestro di quella casa, e del modo in cui è stato perseguito il proprietario che l’aveva messa a disposizione di Riina. O forse sarebbe meglio dire “del modo in cui NON è stato perseguito” quel signore dalla procura di Palermo.
Ma di questo argomento , guarda caso, omettono di parlare anche (e soprattutto) i nostri BALDI “giornalisti” di Antimafia Duemila.