Ennesimo blitz a Poggioreale del comitato

In questo momento una delegazione del comitato “Liberiamoci dal carcere”, sta varcando i cancelli di Poggioreale. Una visita ne’ annunciata ne’ gradita dall’amministrazione penitenziaria che periodicamente si trova “tra i piedi” il comitato. I contatti con l’interno, ci segnalavano, oltre ai soliti soprusi e alla barbarie insita nel sistema carcerario stesso, un uso sempre piu sistematico della violenza nei confronti delle matricole nel momento in cui entravano in carcere. Siamo entrati dunque per verificare, raccogliere testimonianze, portare solidarieta’ ai detenuti e minacciare secondini e amministrazione: nulla restera’ impunito.

A “PASSEGGIO” PER LE CELLE DEL CARCERE DI POGGIOREALE: STORIE DI ORDINARIA BARBARIE
resoconto della visita a Poggioreale del comitato Liberiamoci dal carcere di Napoli

Alle 15.45 di ieri 29 settembre una delegazione formata da Mara Malavenda, parlamentare dei cobas per l’autorganizzazione, da Officina 99 e dall’osservatorio sulla detenzione in Campania, tutti appartenenti al Coordinamento Liberiamoci dal carcere, varca la soglia della discarica sociale di Poggioreale.

E’ la decima visita che fa la delegazione in carcere: questa volta decide di entrare dopo aver avuto notizie di percosse che avvengono nei sotterranei di Poggioreale luogo preposto all’ “accettazione” delle matricole, i nuovi arrivati.
Siamo conosciuti a Poggioreale, per la natura delle nostre visite e per la modalita’ in cui avvengono:
entriamo all’improvviso, questo grazie alla presenza di un parlamentare, e le nostre visite assumono il carattere della pedanteria per le guardie e il direttore perche’ durano almeno tre ore e sono minuziose.
Il direttore ci riceve con un’aria greve e preoccupata – sappiamo che le nostre precedenti visite e l’incontro che il coordinamento ha avuto con Caselli il 26 luglio ha prodotto un po’ di destabilizzazione in quello che, come sosteniamo anche nel dossier autoprodotto “Da Sassari a Poggioreale e viceversa”, rappresenta uno degli uomini simbolo della gestione della politica penitenziaria in Italia e in particolare di Poggioreale.

Veniamo accompagnati dal vicecomandante delle guardie, dal direttore, da un altro funzionario e da varie guardie chiediamo subito di andare all’accettazione. Scendiamo gia’, un corridoio lungo pochi metri con 4, 5 celle con le grate fitte che non permettono di visualizzare chi c’e’ dentro. Otto, nove detenuti con le facce da ragazzini, eta’ media 24. Purtroppo arriviamo al momento di una perquisa e non vediamo altro.
Ci spostiamo e andiamo a visitare il reparto osservazione del padiglione Avellino. Un reparto anomalo, dove vengono detenuti in celle cosiddette lisce (solo con una branda) i detenuti che presentano disagi psichici e quelli che “danno fastidio”. Prima di entrare sentiamo delle urla. Il direttore con un sorriso beffardo ci dice “Si, lo stanno torturando, entrate, entrate”. Le provocazioni sono continue ma non ci smuovono. Ad urlare un ragazzo che chiede di tornare a casa: e’ chiaramente in crisi, ci dice che e’ in carcere per aver rubato delle schede telefoniche. Nel reparto non c’e’ lo psichiatra, ne tantomeno uno psicologo.
In una cella un altro ragazzo che soffre di crisi depressive ha il corpo pieno di ferite da taglio. Ci racconta che si e’ procurato le ferite con una pietra tagliente, vuole andare via. Ha fatto una rapina, prima faceva il barista, per le troppe crisi depressive ha perso il lavoro. Il direttore improvvisa un atteggiamento paterno. Ci spostiamo al padiglione Avellino e cominciamo a vistare le celle ad una ad una.
La situazione complessiva e’ rimasta invariata: i prigionieri sono tutti molto incazzati, sia per le aspettative disattese di amnistia e/o indulto, sia per la mancata attuazione del nuovo regolamento penitenziario. Poggioreale e’ una fogna: il sovraffollamento e’ solo l’aspetto piu’ eclatante – continuano ad essere piu’ di 16 i detenuti nelle celle, continuano a non avere diritti quali la visita medica (se c’e’ piu’ di un malato in una cella e’ grazie alla solidarieta’ dei detenuti che si sceglie chi ha la priorita’ di una visita), continuano ad esserci malati gravi nelle celle (abbiamo visto trapiantati, cardiopatici e persone operate da pochi giorni restare in carcere senza alcuna tutela della loro salute).

Ma soprattutto continuano le vessazioni, le umiliazioni: appena entriamo i detenuti sono tutti all’inpiedi, gambe aperte e braccia dietro la schiena, li invitamo a stare piu’ rilassati: ci confermano che questa e’ la regola .

Il vicecomandante delle guardie che non ci risparmia mai dalle infelici e provocatorie battute ci dice “Fanno cosi’ quando vedono le donne”. Altri ci dicono a bassa voce, che non possono parlare. Hanno paura di essere percossi dalle guardie dopo la nostra visita.

Altri, nonostante la presenza delle guardie e del direttore ci denunciano che alla richiesta di una visita medica o di medicinali vengono minacciati di essere picchiati.
L’impressione che ci ha fatto quest’ulteriore viaggio nel lager di Poggioreale e’ che poco sia cambiato. E’ nostra intenzione ritornare da Caselli, come gli annunciammo circa due mesi fa, e fare in modo di incontrare il ministro Fassino affinche’ le richieste dei detenuti di Poggioreale non vengano disattese. La vertenza Poggioreale assume un significato particolare – anche in questo momento dove vecchi e nuovi avvoltoi sono pronti a speculare nuovamente sulla pelle dei detenuti
Il Coordinamento Liberiamoci dal carcere ha intenzione di promuovere un incontro con tutti quei soggetti che lavorano sulle questioni legate al carcere per poter attuare
– un osservatorio permanente sulle condizioni carcerarie
– elaborare una piattaforma politica – sociale comune per sviluppare lotte e iniziative di controinformazione sui territori e nelle scuole sul controllo sociale e repressione

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7 commenti

  1. E` giusto che ognuno abbia i suoi diritti. Ma e` altrettanto giusto che persone che tolgono la liberta` ad altri perdano essi stessi tale liberta`!

    Uno che violenta un bambino, uccide per una rapina etc… non deve piu` avere tutti i diritti di questo mondo. E` la conseguenza di cio` che ha fatto e mi fa incavolare quando delinquenti si lamentano perche` non hanno magari la TV in cella.

    E` altrettanto vero che ci sono carcerati perche` hanno rubato delle schede telefoniche mentre gente che ruba miliardi sta` nel parlamento!

  2. state traquilli, in italia, oggi, non c”e” nessuno in galera per aver rubato delle schede telefoniche, al massimo puo” essersi fatto una nottata nella cella di sicurezza di una caserma dei c.c. o in commissariato.

    Se poi il furto delle schede telefoniche e” l”ultimo di una lunga serie di reati per i quali e” gia” stato graziato!!!! al massimo potra” rischiare qualche settimana di galera e non di piu”.

  3. PER oggi i sindacati della polizia penitenziaria hanno indetto una manifestazione nazionale a Napoli. Anch’io sono solidale con gli agenti accusati. Non perchÈ creda che il pestaggio non ci sia stato: al contrario, perchÈ credo fermamente che ci sia stato. » successa ai detenuti una cosa orribile. Sono stati picchiati e umiliati da chi rappresentava la legge. Sono dalla loro parte naturalmente e completamente, perchÈ sono un detenuto. PerÚ Ë successa anche a quegli agenti picchiatori una cosa orribile. Sono stati condotti, con indosso una divisa – sia pure la versione mimetica – a malmenare e seviziare persone in quel momento indifese. Eppure sono agenti normali, giovani uomini normali. Con altri come loro divido senza volere da anni i giorni e le notti, e per molti ho simpatia e quasi un’amicizia.
    Dopo aver saputo di Sassari, la prima cosa che ho pensato Ë stata: avrei potuto essere anch’io fra i bastonati. Il secondo pensiero Ë stato: avrei potuto essere anch’io fra i bastonatori? Questo turba specialmente. So che cosa sono le squadrette carcerarie, gli specialisti dei pestaggi. Gentaglia, cui piace. Anche le autorit‡ le conoscono.

    LI DISPREZZANO, probabilmente, e li usano. A Sassari, se ho capito bene, si sono messi insieme agenti normali. Mi dispiace per loro. Mi dispiace anche che i loro compagni, sinceramente commossi, guastino la propria solidariet‡ negando quello che Ë successo, o difendendolo, o, peggio di tutto, ingiuriando ancora i detenuti che gi‡ erano stati vittime di quella vigliaccata. Sono solidale con quegli agenti perchÈ credo che l’ abbiano fatto, e penso che forse non vorranno farlo pi?. I loro colleghi che ne pretendono l’impunit‡ non li aiutano, perchÈ possono indurli a fare i duri, e a non riconoscere dentro di sÈ l’ infamia. Sono solidale anche perchÈ penso che i superiori di quegli agenti li abbiano spinti (non dirÚ forzati, nessuno Ë del tutto forzato se non vuole). Hanno fatto credere loro di essere, se non giusti, forti, spregiudicati e furbi. E che quei detenuti fossero feccia, monnezza. Ora, i loro colleghi e i loro falsi difensori dicono che i detenuti di Sassari avevano fatto una rivolta. Ma il provveditore Della Vecchia, dopo la spedizione, aveva descritto, nel rapporto al ministero, la palpabile, netta sensazione che il contingente di poliziotti in servizio a Sassari non venisse tutelato adeguatamente contro gli scantonamenti, a volte anche virulenti, dei detenuti che man mano alzavano il tiro fino ad arrivare ad integrare quasi il reato di oltraggio. Ho letto e riletto questa prosa. Fino ad arrivare ad integrare quasi il reato di oltraggio. Questa, la rivolta.
    Aggiungo, per i profani, che il reato di oltraggio Ë fra quelli depenalizzati. Ho letto la testimonianza di un detenuto del San Sebastiano. Ha detto: quando abbiamo deciso la protesta perchÈ lo sciopero dei direttori ci aveva lasciati senza cibo, acqua, sigarette, i nostri agenti erano d’accordo con noi. Beh, non stento a crederci. Avete visto a Striscia la notizia, un mese dopo, il filmato sulla protesta dei detenuti di San Vittore, le celle abbuiate, le lenzuola incendiate? Era lo stesso giorno della protesta di Sassari. DirÚ un altro pezzetto di possibile sgradevole verit‡. Se si fa pagare ai detenuti lo sciopero facendo mancare cose primarie come la spesa per il sopravvitto o le sigarette o, ancora di pi?, i colloqui con le famiglie, i detenuti protesteranno, e la loro protesta servir‡ ad attirare l’attenzione sullo sciopero dei direttori. Detenuti ignorati, se non strumentalizzati. Agenti mandati addosso ai detenuti (coi guanti, mi raccomando, quelli tengono l’ Aids). Non era in conto l’infortunio, la denuncia del detenuto trasferito, le madri e le mogli coraggiose, i cronisti locali scrupolosi. Dannatissime coincidenze. Dunque, io sono solidale con quegli agenti. Sul serio.
    La Repubblica di venerdÏ aveva il titolo: La rivolta dei secondini. Un agente del mio piano ha cancellato con un frego blu secondini e ci ha scritto sopra in stampatello: agenti di polizia penitenziaria. CosÏ infatti si chiamano, dalla legge 395 del 1990, da quando il loro corpo Ë stato smilitarizzato. Nella universale impropriet‡ lessicale gli agenti hanno sentito in questi giorni la pi? acuta conferma della disattenzione del mondo nei loro confronti. Secondini suona loro offensivo, e anche guardie. Fratellastri delle polizie, se ne risarcivano un tempo facendosi chiamare superiori dai detenuti. I vecchi nomi appartengono a guardiani e malavitosi di un carcere scomparso, benchË gli sopravvivano spesso tal quali i muri e le sbarre, come a Sassari. E, come a Sassari, le botte.
    Gli agenti penitenziari conquistarono, col nome, anche i diritti sindacali. Le loro sigle sindacali sono irresistibilmente proliferate: otto, finora. (Quasi come i partiti politici). Questo ha spinto a una concorrenza tanto pi? forte quanto pi? monotona nelle richieste: aumento di organico, stipendi, orari, modalit‡ di carriera. In teoria, la loro nuova figura li avrebbe investiti di una partecipazione al lato educativo della reclusione, a quello che si chiama trattamento. In pratica, non si Ë fatto niente per prepararli a questo compito, cui la cultura e le abitudini del loro corpo non li disponevano. Dunque gli agenti e soprattutto i loro sindacati hanno coperto piuttosto, e spesso in modo esclusivo e polemico, il versante del proprio interesse di categoria e, quanto alla gestione del carcere, delle esigenze di sicurezza opposte a quelle della socializzazione. La sproporzione fra agenti e operatori civili Ë cosÏ madornale da frustrare il lavoro e anche la dignit‡ dei secondi, tollerati spesso come un’ ingerenza futile o fastidiosa. (E, in alcune prigioni, specialmente del sud, del tutto assenti). Soprattutto, ogni politica carceraria Ë insormontabilmente frenata dall’inerzia degli interessi legittimi o corporativi della polizia penitenziaria, cioË di pi? di 43 mila persone. Per restare agli esempi pi? recenti, fu l’ostilit‡ becera dei sindacati di polizia a chiedere, e malamente ottenere, la testa di Alessandro Margara, cui veniva imputato, come capo dell’amministrazione penitenziaria, lo zelo garantista e trattamentale, e soprattutto la schietta dichiarazione che nessun paese europeo ha, in proporzione, un cosÏ alto numero di agenti penitenziari.
    Diliberto esordÏ al ministero pronunciando propositi generosi sull’abolizione dell’ergastolo e sulla riforma penale e carceraria. Assai presto, si rassegnÚ a convertire le sue priorit‡ sulle rivendicazioni della polizia penitenziaria. Probabilmente pensÚ realisticamente di dover passare da quella tappa per affrontare poi le riforme che gli stavano a cuore. Succede sempre cosÏ: che si passa prima dalla tappa realistica, e lÏ il giro finisce. Per le riforme non Ë mai tempo. Giancarlo Caselli, successore di Margara, si Ë trovato presto anche lui a fronteggiare l’ avversione dei sindacati di polizia – della gran parte – esplosa a ridosso della sciagura sassarese.
    Il punto Ë nell’ammissione che la dignit‡ degli agenti Ë legata alla dignit‡ dei detenuti. Non Ë detto che l’aumento del numero di agenti vada in questa direzione. Gli agenti erano 26.000 nel 90, sono 43.000 oggi. Ma non Ë cresciuto in proporzione l’impegno per la formazione degli agenti. Dura l’abitudine clientelare, che provoca una distribuzione territoriale squilibrata di assunzioni e assegnazioni. Il sovraffollamento e un regolamento ottuso e vessatorio hanno perpetuato un impiego mortificante degli agenti nella mera contenzione di persone in gabbia.

    ALLA modificazione colossale della composizione dei detenuti – scomparsa della malavita tradizionale, a parte la criminalit‡ organizzata, e alluvione di tossicodipendenti e giovani extracomunitari- non ha corrisposto un cambiamento adeguato nella composizione e nella preparazione degli agenti. Nelle carceri si Ë invertito il rapporto fra aggressivit‡ esterna dei detenuti (rivolte e anche episodi di aggressioni individuali) e autolesionismo (scioperi della fame, suicidi tentati e riusciti, mutilazioni): e nonostante ciÚ, si Ë rincarata la richiesta di militarizzazione di fatto.
    I progetti appoggiati dalla destra e prediletti dai sindacati pi? corporativi pretendono che tutte le funzioni carcerarie (comprese le pi? civili, medici, educatori, ecc.) siano ricondotte nei ruoli di polizia. Ma anche i progetti elaborati dal ministero e appoggiati dal centrosinistra parlamentare prevedono (e in parte hanno gi‡ realizzato) la riduzione dei poteri del personale civile, in primo luogo dei direttori, in favore di quelli di polizia. L’ assegnazione a ruoli direttivi e dirigenziali della polizia penitenziaria ha rivelato freudianamente questa militarizzazione di fatto, opposta alla smilitarizzazione di diritto: la legge apposita del ’99 chiamava i nuovi ruoli direttivi coi gradi di tenente, capitano, maggiore e tenente colonnello. Poi qualcuno deve essersi accorto della comicit‡ della cosa, e si Ë ripiegato sulla nomenclatura della polizia di stato (commissari ecc.). I 720 direttori di polizia previsti dalle nuove leggi nei ruoli ordinari e speciali avrebbero un’autonomia piena nella conduzione della sicurezza, riducendo a una supervisione o a un controllo a posteriori la funzione dei direttori civili. Alla fine, la polizia penitenziaria avrebbe la bellezza di 17 ruoli gerarchici, 17 gradi, insomma. L’intreccio fra gli interessi di categoria e di corpo e le loro conseguenze sulla concezione ideale e la gestione pratica del carcere Ë evidente. Per un confronto: i direttori civili sono 464, e saranno secondo la pianta organica 655. Gli educatori (cioË la figura chiave del trattamento previsto dalla legge) sono 655 e saranno 1085. Divertente Ë la quota degli psicologi: sono 3 (tre) su 6 (sei) previsti dalla pianta organica. Gli altri, dove ci sono, lavorano con contratti precari per un massimo mensile di 64 ore. Derisoria Ë la cifra dei magistrati di sorveglianza, che sono 120, cioË neanche la met‡ del numero delle galere!
    I sindacati della polizia penitenziaria chiedono un miglior trattamento economico (un agente prende due milioni al mese, pi? gli straordinari, cui si fa ampio ricorso, ma che vengono mal pagati) e un aumento degli organici. Chi abbia il coraggio di guardare con occhio estraneo la spesa carceraria non puÚ che riconoscervi una consolidata pazzia. Si riduca la spesa per una gestione insensata oltre che brutale della reclusione; piuttosto che ripetere la frase oltraggiosa secondo cui ogni detenuto costa allo stato 400.000 lire al giorno! Costa 400.000 lire al giorno un ragazzo tunisino che Ë sempre affamato ed Ë disposto a tagliarsi per l’elemosina di una sigaretta. Il costo giornaliero del detenuto – lo dico senza demagogia, con un tranquillo tono contabile – Ë in realt‡ l’investimento necessario a perpetuare la macchina: il business penitenziario. Ho letto una frase di Francesca Scopelliti, una senatrice che frequenta le galere: Quando ho saputo che il braccialetto elettronico costerebbe 180.000 lire al giorno ho detto: ma datele al detenuto! Non Ë solo una battuta. Non si puÚ darle al detenuto, perchÈ si farebbe la coda per farsi arrestare. Ma si puÚ usarle per provare meglio, e perfino pi? a buon mercato, a sottrarre il detenuto all’inevitabile recidiva e all’intermittenza della galera a vita. Il lavoro resta davvero lo strumento decisivo di recupero, cioË di conquista di una dignit‡ e una responsabilit‡, della folla di imputati e condannati da poco che trabocca nelle prigioni. In una parte decisiva, il lavoro puÚ venire dal carcere stesso e dalla sua trasformazione. A Pisa si Ë appena fatta la prima esperienza di impiego di detenuti stranieri come mediatori culturali presso i loro connazionali, privi di ogni cosa, perfino, a volte, della lingua. » la promozione della responsabilit‡ insieme alla sicurezza: con esiti misurabili rispetto alla stessa sicurezza.
    Nessuno puÚ chiedere agli agenti di subire prepotenze e tanto meno violenze. Ma nemmeno che le infliggano, senza necessit‡, e al costo dell’altrui pena e della propria degradazione. Impressionante, in questi giorni, non Ë la solidariet‡ delle associazioni degli agenti, ma la loro sentita stupefazione per un’iniziativa giudiziaria di cui si capisce che non era nel loro conto. Che nel loro conto era l’impunit‡, per antica abitudine rinnovata dagli umori recenti dei media e della gente: cosicchË ora se ne sentono traditi, e lo dicono. Preferite quei drogati!
    Senza aspettarmene molto, sarei favorevole a una commissione d’inchiesta. Si permetta, fatta salva la tutela del nome di agenti e detenuti, di leggere le migliaia di rapporti che gli agenti stilano a carico dei detenuti. C’ Ë, lÏ, un repertorio prezioso per ricostruire i problemi dell’esistenza quotidiana nelle galere, dal lato dei reclusi, e dal lato degli agenti, delle norme cui si attengono, dell’interpretazione che ne danno. Se un paese ha una cosÏ forte e artefatta paura che la gente esca dalle galere, ci entri lui, a vedere, a guardare. Lo dico ancora: l’odio e il disprezzo reciproci fra guardie e ladri sono la condizione perchÈ la barbarie delle galere non sia scalfita. » una verit‡ pi? difficile da dire, ma ancora pi? vera, nel momento in cui qualche guardia Ë ruzzolata dall’altra parte delle sbarre.

  4. certamente, caro sig. sofri adriano, ci si accorge leggendo la sua lettera, della sua padronanza della lingua italiana.

    Non trovo assolutamente giusto che una persona, perchË in carcere, debba subire pestaggi, angherie o peggio da parte chiccessia, come non trovo altrettanto giusto che una persona che deve pagare un debito alla societ‡ deventi un ulteriore debito per essa. IO MI FACCIO IL … DA MATTINA A SERA E RISCHIO DI FALLIRE OGNI GIORNO E NON TROVO GIUSTOCHE I DELINQUENTI STIANO PANCIA ALL’ARIA DA MATTINA A SERA CON TV SIGARETTE E VISITINE DEI PARENTI. non dico che bisogna negare queste cose ma troverei altrettanto giusto che chi si trova in carcere si mantenga. Se io non lavoro non mangio e muoi di fame, mentre un carcerato trova la pappa prnta tutti i giorni.

    Cazzo non Ë giusto. E poi vorrei sapere chi gli da il diritto di pretendere l’indulto o l’amnistia per poi tornare per le strade e ricominciare a comportarsi come sempre.

    Noooooooooo. E’ ora di finirla con regali e regalini, sconti di pena e cavolate varie. Se un giudice a torto o a ragione ha stabilito che una persona deve scontare un tot di pena in carcere Ë giusto che questa venga scontata per intero e, quandoesce, restituisca allo stato il costo della sua detenzione.

    saluti

    andrea fiorio

  5. certamente, caro sig. sofri adriano, ci si accorge leggendo la sua lettera, della sua padronanza della lingua italiana, forse in carcere ha avuto il tempo per studiare e capire anche gli errori o orrori commessi. SPERIAMO.
    Non trovo assolutamente giusto che una persona, perchË in carcere, debba subire pestaggi, angherie o peggio da parte chiccessia, come non trovo altrettanto giusto che una persona che deve pagare un debito alla societ‡ deventi un ulteriore debito per essa. IO MI FACCIO IL … DA MATTINA A SERA E RISCHIO DI FALLIRE OGNI GIORNO E NON TROVO GIUSTOCHE I DELINQUENTI STIANO PANCIA ALL”ARIA DA MATTINA A SERA CON TV SIGARETTE E VISITINE DEI PARENTI. non dico che bisogna negare queste cose ma troverei altrettanto giusto che chi si trova in carcere si mantenga. Se io non lavoro non mangio e muoi di fame, mentre un carcerato trova la pappa prnta tutti i giorni.
    Cazzo non Ë giusto. E poi vorrei sapere chi gli da il diritto di pretendere l”indulto o l”amnistia per poi tornare per le strade e ricominciare a comportarsi come sempre.
    Noooooooooo. E” ora di finirla con regali e regalini, sconti di pena e cavolate varie. Se un giudice a torto o a ragione ha stabilito che una persona deve scontare un tot di pena in carcere Ë giusto che questa venga scontata per intero e, quandoesce, restituisca allo stato il costo della sua detenzione.
    saluti
    andrea fiorio

  6. possibile che la cosa che ti colpisce di pi? sia il perfetto uso della lingua italiana? Beh, allora te la meriti, la vita che ti lamenti di avere
    Silvio 67

  7. CHI SCRIVE E’ UN EX DETENUTO, ANCHE IO NE HO PASSATO TANTE NEL CARCERE DI POGGIOREALE AL PADIGLIONE NAPOLI TRA’ ILM 1999/2000 MI ANNO PICCHIATO ANCHE PERCHE’ HO SBAGLIATO A SCRIVERE LA MIA FIRMA SU DI UNA DOMANDINA SONO RIMASTO SPAVENTATO DA QUELLA REALTA’. VOI CHE POTETE E’ GIUNTO IL MOMENTO CHE FATE VERAMENTE QUALCOSA PER I DETENUTI. SCOGNAMIGLIO MICHELE.

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