Crimini di guerra e crimini di pace

Sono tutti assolti i 28 imputati nel maxi-processo per il Petrolchimico di Porto Marghera, erano accusati di strage, omicidio e lesioni plurime, tutte a titolo colposo – per aver causato morti da tumore (157 le vittime) e malattie (103) tra gli operai, e disastro colposo, per aver inquinato con gli scarichi aria, suolo, sottosuolo e acque lagunari, avvelenando anche pesci e molluschi.

Tra gli imputati c’erano nomi illustri come gli ex
presidenti Montedison Eugenio Cefis e Giuseppe Medici, gli ex amministratori delegati di Montedison Alberto Grandi e Giorgio Porta, quest’ultimo chiamato in causa anche come presidente Enichem ed Enimont, fino all’ex presidente di
Enichem ed Enimont Lorenzo Necci

“E’ una sentenza assurda”, ha detto Bettin. “Per questo Tribunale Porto Marghera non e’ mai esistito, e questi operai sono morti non si sa di che cosa“.

Ma in aula hanno pianto commossi anche i difensori degli
imputati. Per tutti ha parlato l’avvocato Pierfranco Pasini. “Il problema del processo – ha detto – non era stabilire di cosa questi operai siano morti, ma di capire se gli imputati sono responsabili. Il Tribunale ha detto che non lo sono, e lo ha fatto con grande coraggio“.

Questo il caso di Porto Margera. Ma non e’ un caso
isolato. Dopo il caso della ex Lanerossi, di Marlane a Praia (su censurati ho messo on line tempo fa il caso) adesso e’ la volta dei morti di Monfalcone. Morti
e dimenticati. perche’ “il capitalÚismo prima uccide poi risarcisce (forse)”

“A MONFALCONE SI MUORE D’AMIANTO. CENTINAIA DI MORTI,
CENTINAIA DI MALATI. La strage continuera’ fino al 2020 e a crepare saranno soprattutto gli ex lavoratori dei cantieri navali a cui era stata taciuta la certezza scientifica della micidiale nocivita’ dell’amianto. Era nota fino dal
1940 ma l’amianto e’ stato messo fuorilegge oltre trent’anni dopo. Un crimine del profitto. Un crimine di pace”.

Questo comunicato mi e’ arrivato un po’ di tempo fa, il
caso si ripropone, esiste a vari livelli, ci sono morti

IO TESTIMONE DI UN CRIMINE DI PACE. VIAGGIO IN UN INCUBO
CHE POCHI CONOSCONO, TRA COLORO CHE RESTANO A PIANGERE LE CENTINAIA DI VITTIME DELLE POLVERI D’AMIANTO RESPIRATE NEI CANTIERI NAVALI. UN INCONTRO A MONFALCONE TRA LE VEDOVE DEGLI OPERAI E LE MADRI DI PLAZA DE MAYO
di Massimo Carlotto

A Monfalcone ho conosciuto una donna di Plaza de Mayo.
Si chiama Rita e suo marito non e’ stato vittima della dittatura militare argentina. E tantomeno e’ un desaparecido. Gualtiero e’ crepato di cancro a soli cinquantatre anni la vigilia di Natale del ’98 dopo
aver regalato i polmoni ai cantieri navali per un milione e mezzo al mese; ora riposa in cimitero accanto alle altre 500 vittime dell’amianto, in attesa delle centinaia che ancora mancano all’appello. Ho conosciuto la vedova Nardi in una stanzetta dell’ospedale di Monfalcone dove ha sede l’Associazione Esposti Amianto. “Anche quando lui era ancora vivo, me lo vedo ancora seduto sulla poltrona, lo guardavo in quelle condizioni, lo fissavo e gli dicevo: quando non ci sarai piu’ qualcuno ti dovra’ difendere.

E’ una cosa che gli ho promesso, non avro’ pace fino a
quando non ci sara’ giustizia per tutti questi morti. Proprio come i desaparecidos argentini, anche i nostri morti per amianto sono vittime innocenti di un’insopportabile ingiustizia che pone i valori del mercato e del profitto al di sopra di qualsiasi altra considerazione, compreso il diritto alla salute e
alla vita delle persone. Quello che chiediamo e’ che mio marito e tutti quelli che come lui sono morti possano avere il rispetto e la dignita’ di persone”. Rita sa quello che dice e cosa le riservera’ il futuro. Una delegazione di madri di Plaza de Mayo si e’ recata a Monfalcone a incontrare le vedove dell’amianto. Si sono abbracciate. Si sono riconosciute. Come i generali argentini, anche i
signori dell’amianto ora hanno a che fare con un movimento di donne che non smettera’ mai di lottare per la verita’ e la giustizia. In quella stanzetta non c’ero arrivato per caso.

Gli operai dei cantieri e la popolazione della citta’
sono stati vittime di un crimine di pace. Una strage coperta da silenzi assolutamente colpevoli.

Dagli anni Quaranta erano noti gli effetti mortali
dell’amianto eppure i lavoratori non erano mai stati informati dei rischi, al punto che nei momenti di pausa scherzavano lanciandosi addosso palle di amianto come palle
di neve, oppure riposavano coprendosi con sacchi di amianto per proteggersi dal freddo. Anche chi non trattava
direttamente l’amianto ne respirava la polvere.

Ma informare e proteggere i lavoratori dei cantieri
avrebbe significato un aumento dei costi e un rallentamento oggettivo dei tempi di lavoro. Ma soprattutto avrebbe significato rinunciare all’amianto, il miglior termodispersore sulla faccia della terra.

Il calcolo e’ stato semplice: costa meno risarcire un operaio malato o morto che salvargli i polmoni perche’ il mesotelioma ha n’incubazione di 10/20 anni e spesso anche piu’ lunga. E il decorso della malattia conclamata e’ anch’esso lungo. Abbastanza per arrivare alla pensione, quindi. Le vedove si sono presentate davanti ai cantieri e hanno raccolto testimonianze.

Si sono costituite parte civile, il meccanismo
della giustizia si e’ messo in moto e alla fine, con ogni probabilita’, si arrivera’ a un giudizio. Una battaglia difficile ma che non si puo’ perdere. Da una parte i cantieri, dall’altra i morti e i malati. Ci sara’ il solito balletto di perizie.
L’osceno rimpallarsi delle responsabilita’. Gli immancabili: non sapevamo. E poi la sentenza. Come dicono sempre le madri di Plaza de Mayo, il capitalismo prima ti ammazza e poi ti risarcisce.

Il mesotelioma e’ una forma tumorale cosi’ rara (un caso
ogni milione di persone) che nessuno si sogna di stanziare fondi per studiarla e tentare di contrastarla efficacemente. Solo che a Monfalcone ne sono gia’ morti
500 e non si ha idea di quanti saranno nei prossimi anni. Parlando con i parenti delle vittime e dei malati ho scoperto che di tumore d’amianto si muore soffocati. Una fine orribile. E per nulla dignitosa. In Europa nei prossimi trent’anni moriranno cosÏ in 250.000.

Abbandonarli a una dimensione di solidarieta’ e lotta limitati al territorio sarebbe immorale oltre che terribilmente ingiusto. Anche politicamente. Al di la’ del processo, Monfalcone e’ una battaglia che si puÚ vincere. Per la memoria di quelli che si sono fottuti i polmoni per un salario di merda. E per quelli che hanno diritto a un’esistenza giusta e dignitosa.

Massimo Carlotto

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35 commenti

  1. non gliene frega niente a nessuno dei poveri disgraziati. Adesso la moda Ë il capitalismo. E vai con Dio

  2. E vi stupite!

    Il Dio denaro ha molti piu`proseliti di quanti ne abbia mai fatto qualsiasi altra religione.

  3. Cara Antonella,

    sei sempre bravissima e stimabile, anche quando, talvolta, non mi trovo d’accordo con te su certi punti di vista. Sai, avrei voglia di scrivere un lungo saggio su quelli che oramai si possono chiamare, a giusto titolo, “Crimini del Consumismo”.

    Altro che Fascismo, Nazismo e Comunismo!!

    Grazie al Consumismo viviamo contemporaneamente nel migliore e nel peggiore dei mondi possibili, e tutto questo grazie al pi? subdolo dei regimi dittatoriali che l’uomo abbia mai creato, mai veramente palese, ma sempre assolutamente tangibile: il Consumismo Ë, di fatto, la perfetta macchina per l’eutanasia dei popoli, in cui non esiste pi? l’individualit‡ ma tutti sono sempre e solo ingranaggi, in cui servi e padroni sono quasi sempre sullo stesso livello, incastrati dalla logica della domanda e dell’offerta e, soprattutto, del profitto.

    La triste storia di Porto Marghera o quella di Monfalcone non sono altro che la testimonianza di quello che, con vero orrore, il Consumismo ha creato: morte e distruzione.

    Qualcuno potrebbe obiettare che i “cattivi” siano sempre i padroni, e che gli sventurati siano solo i lavoratori, ma le cose non stanno solo cosÏ, non sempre.
    Anche i lavoratori (OVVIAMENTE SOLO QUANDO INFORMATI E COSCIENTI DI CIO’ CHE FANNO!!!) hanno la loro parte. Un esempio su tutti? Come altro si potrebbero definire i criminali che lavorano per le industrie belliche? Gli uomini che hanno perso un arto per colpa di una mina anti-uomo creata con perfezione dai nostri operai italiani, con chi se la dovrebbero prendere? Con i “padroni”? Con i “signori della guerra”? Con la politica degli stati? La colpa, in questo caso, Ë di tutti coloro che ho citato, ma anche di chi ha personalmente accontensito a prestare la propria opera per fabbricare tali mostrusit‡. E non si dica che gli operai che fabbricano mine non hanno altra scelta che fare quel lavoro, Ë impossibile.

    E’ altrettanto ovvio che nei casi di P.Marghera e Monfalcone la colpa delle morti non Ë imputabile agli operai stessi.

    Concludo questo mio piccolo intervento (che spero venga interpretato per quello che Ë, cioË un piccolo atto di denuncia per aiutare a riflettere sulle distorsioni nelle quali viviamo), augurandomi che la tristissima vicenda di P.Marghera (e quella di Monfalcone) venga risolta e che vengano condannati coloro che hanno agito in nome del Consumismo, e sono vicino con il cuore e con la mente alle famiglie di coloro che sono morti in una maniera cosÏ straziante.

    Cordialmente,
    Giacomo

  4. Nel ringraziare Antonella per aver messo in luce questa triste realt‡ dei nostri giorni e della nostra civilt‡ “del progresso e del benessere economico”, vorrei condividere con voi l’emozioni che ho provato a leggere “Polvere”, il testo scritto da Massimo Carlotto per una canzone di Maurizio Camardi, che narra appunto della tragedia di Monfalcone.
    Essendo molto lungo, non lo posto qua, ma potete leggerlo all’indirizzo:
    http://www.massimocarlotto.it/frontiera_scomparsa.html
    A me ha fatto veramente riflettere e immaginare la quotidianit‡ di chi non sa che presto sar‡ il protagonista di una tragedia….

    Un grazie ancora all’infaticabile Antonella e a tutti gli amici di censurati.it!

  5. email fresca di giornata:
    Presentato nel Cimitero di Praia a Mare il libro di

    Francesco Cirillo “Da Soverato a Soverato”.

    Alla presentazione del libro erano presenti , ambientalisti del Tirreno cosentino , operai della Marlane di Praia a Mare e numerose vedove di operai deceduti per tumore nella fabbrica stessa. Ribadita negli interventi la necessit‡ di portare avanti la lotta per far luce e dare giustizia agli 87 operai deceduti negli ultimi venti anni. Nessuna forza politica , nË istituzionale, nË sindacale erano presenti. La presentazione nel Cimitero per ricordare gli operai deceduti, ma anche per protestare contro il divieto da parte del sindaco del centrosinistra Antonio PraticÚ di concedere la sala comunale.

  6. si, certo, adesso la colpa Ë degli operai pocveri cristi che non hanno alternativa se non rubare. Mica c’entrano per niente, i costruttori!

  7. Ma di che vi stupite???

    E’ mai esistito un governo che si e’ interessato OBIETTIVAMENTE ai lavoratori?

    NO

    Piccoli contentini per tenere a bada i sudditi..mentre i sovrani scialacquano e si preoccupano di far tornare i conti…i LORO!!!

    Non ho mai capito una cosa: Ogni volta che servono soldi.. aumentano la benzina e l’IVA e attuano tagli alla spesa sociale!

    Giusto?

    Che politici sono?

    Che economisti sono se l’unica cosa che sono in grado di proporre e’ togliere qui per mettere li???

    Grandi statisti

    ANDATEVENE TUTTI A COLTIVARE LA TERRA!

  8. A grande richiesta, anche Marghera puo’ smettere di esistere…

    Se il tribunale di Mestre avesse condannato i “poveri” dirigenti (l’ignoranza non e’ una scusante, ma solo quella dei poveracci…) ci sarebbe stato un pericoloso precedente, dopo il quale la vedova di uno che si suicida dopo che ha vinto le elezioni berlusconi, potrebbe chiedere i danni!!!

    Avanti sempre!

  9. Non ci sar‡ mai pace senza giustizia. Non ci sar‡ mai giustizia senza uomini giusti. Non abbiamo bisogno (come vogliono farci credere) di leggi migliori, ma di uomini migliori.

    Grazie Antonella.

    Lucignolo

  10. Caro Amico Anonimo,

    mi sembra di aver espresso chiaramente il mio pensiero, e lo ripeto: gli operai sono vittime nella misura in cui non sono coscienti dei danni a cui vanno incontro, o dei danni che loro stessi provocano.

    • E’ una vittima l’operaio che si ammala di tumore perchË l’azienda utilizza materiale cancerogeno e non avvisa i suoi operai di tale pericolosit‡? Si.
    • E’ una vittima l’operaio che sceglie di lavorare per produrre qualcosa che la sua azienda dice essere normale, e che invece viene utilizzato in maniera pericolosa (in qualsiasi senso o forma) senza che gli operai stessi ne siano informati? Si.
    • E’ una vittima l’operaio che sceglie di produrre materiale utilizzato in modo pericoloso (in qualsiasi senso o forma), essendone pienamente consapevole (vedi l’esempio delle mine)? No.

    Gli operai hanno le alternative che gli permette la coscienza, non sono “poveri cristi” (come li definisci tu): io, disoccupato da mesi, non mi azzarderei mai a offrire la mia opera per un’azienda bellica (giusto per tenere vivo l’esempio sopra citato), piuttosto andrei chiedere la carit‡ che, a questo punto, sarebbe molto pi? dignitoso.

    Hai mai sofferto la fame? Io si, e non lo auguro a nessuno. E non per questo mi sono sentito nË “povero cristo”, nË tantomento autorizzato a rubare.

    Se poi tu pensi che un disoccupato Ë solo un “povero cristo che non ha altre alternative se non rubare”, allora, caro Amico anonimo, le persone di cui stai parlando non sono operai disoccupati, sono semplici ladri.

    E’ altrettanto vero, perÚ, che ci sono posti nel mondo in cui la povert‡ Ë cosÏ elevata che l’uomo si imbrutalisce, e in cui la disperazione e la fame fanno perdere il senso della dignit‡ e possono spingere effettivamente al furto, questo lo capisco e lo spiego solo grazie all’opera del Consumismo introdotto “di forza” in economie che non ne avevano affatto bisogno (vedi le popolazioni dell’Amazzonia), che erano autosufficienti, in cui il furto cosÏ come il bisogno dell’inutile non era neanche concepito. Sono per caso questi i “poveri cristi” di cui parli? Se sono questi, caro Amico Anonimo, allora datti da fare personalmente, cambia la tua espressione da “poveri cristi” in “vittime del Consumismo” e piuttosto, come faccio io nel mio piccolo, datti da fare per riportare il loro mondo al vecchio e giusto equilibrio, in cui la povert‡ Ë dignitosa e la fame c’Ë solo in seguito ad eventi naturali disastrosi.

    Se lo fai gi‡, allora non posso che porgerti i miei complimenti e dirti solo di non usare pi? a sproposito l’espressione “poveri cristi” e, magari, la prossima volta, ti invito a firmarti come faccio io.

    Cordialmente,
    Giacomo

  11. Per la morte di Marghera

    C’Ë un perchÈ molto intuibile

    Imperturbabile come il viso di un politico

    Affabile come un giudice colpevole

    Riprovevole come l’appoggio di una legge

    Giustificare morti con un decreto che regola la pertinenza d’uso dei terreni, definiti da un piano regolatore che deve gettare le basi per un vivere sano.

    Per l’appunto mostrato dai regolamenti veneziani si indÏce come vivaio industriale Porto Marghera, e solo essa come zona fruibile da porto crea un accesso all’industrializzazione dell’Italia alta.

    PIANO REGOLATORE DI VENEZIA – III comma Art. 15:

    “Nella zona industriale di Porto Marghera troveranno posto prevalentemente quegli impianti che diffondono nellíaria fumo, polvere o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nellíacqua sostanze velenose, che producono vibrazioni e rumori”. (il III comma dellíarticolo 15 per la precisione).

    MA L’ARIA CHI LA USA?

    L’ACQUA CHI LA USA?

    DELLE VIBRAZIONI E DEI RUMORI CHI NE RISENTE?

    Come cazzo si fa a decifrare in termini di vita collettiva un regolamento del genere?

    Come in molti casi esteri si fa pieno affidamento alla vita compartimentale della collettivit‡:

    Si Ë definita una questione sociale riguardante la prescrizione di aree per il fabbisogno sociale, peraltro non limitato alla zona di installazione degli impianti, ma definito nel 42% del traffico marittimo italiano con trasporto di ogni sorta di veleni.

    A Marghera si produce 1000 volte pi? di quanto si riesca a smaltire, praticamente il Piano Regolatore ha definito l’area di Marghera come territorio dove Ë possibile, lecita e preavvertita la morte del territorio stesso. Lo ha detto una legge.

    Dare adito ad uno strumento di produzione cosi ammassato non crea un danno alla zona, perchÈ le prime osservazioni intuibili sul pianeta terra sono:

    il trasporto delle sostanze nell’aria

    il trasporto delle sostanze nell’acqua

    il fastidio prodotto dalle vibrazioni e dai rumori anche in lontananza

    Chi morir‡ a due chilometri da Porto Marghera sar‡ condannato a 12 anni di prigione per aver ignorato la legge.

    N.B.: Il piano regolatore di Venezia Ë stato variato nel 1990, ma 30 anni di veleno hanno intossicato certamente anche i cervelli di chi ha redatto il nuovo.

  12. Solo una cosa ti contesto, quando dici “io, disoccupato da mesi, non mi azzarderei mai a offrire la mia opera per un’azienda bellica (giusto per tenere vivo l’esempio sopra citato), piuttosto andrei chiedere la carit‡ che, a questo punto, sarebbe molto pi? dignitoso.” ti invidio, perchË io, STATO DISOCCUPATO PER ANNI, sarei andato a lavorare MOLTO VOLENTIERI in una fabbrica per mine anti-uomo, non che la mia dignit‡ ne godesse, ma io con gli ideali riesco a mangiarci molto poco (in bocca al lupo per il lavoro)

  13. Facile affermare che tu essendo disoccupato non andresti mai a lavorare per un’industria bellica, vuol dire che sei un mantenuto parassita.

    Cambia idea figlio dei fiori, l’Italia ha bisogno di gente che lavora e produce non di persone che s mettono a filosofeggiare anche sul tipo di posto di lavoro se questo Ë onesto.

  14. Pur non potendo che esprimere tutta la mia rabbia e tutto il mio sconforto in merito alla notizia della sentenza assolutoria riguardante le morti di Porto Marghera debbo anche aggiungere alcun cose.

    Un tribunale della Repubblica ha emesso una sentenza; possiamo ritenerla anche profondamente ingiusta ma nessuno ha il potere di arrogarsi il diritto di sostituirsi ai giudici del tribunale.

    Eí ipocrita in generale parlare di ìgiustizia Ë fattaî quando la sentenza Ë a noi favorevole e invocare la forca quando invece la sentenza noi la giudichiamo sfavorevolmente: vi sono le sedi deputate per esprimere il dissenso attraverso ricorsi, processi ed Ë pertanto ignobile incitare la piazza a fare giustizia sommaria.

    Eí ora di smetterla di considerare la giustizia come una macchina che deve colpire i nemici ed essere assolutoria con gli amici.

    Se non si avesse avuto fin dallíinizio fiducia del tribunale era inutile ricorrervi; non si puÚ ora fare le barricate perchÈ la sentenza non Ë quella che volevamo.

    Fino a che non saranno depositate le motivazioni Ë un inutile speculazione fare della dietrologia.

    Anche in questa vicenda tanta demagogia politica fatta da alcuni che, sulla pelle dei morti, cercano di creare consenso attorno al loro partito o movimento (e questi individui mi fanno anche pi? schifo della sentenza)

  15. “La strage continuer‡ fino al 2020 e a crepare saranno soprattutto gli ex lavoratori dei cantieri navali a cui era stata taciuta la certezza scientifica della micidiale nocivit‡ dell’amianto. Era nota fino dal 1940 ma l’amianto Ë stato messo fuorilegge oltre trent’anni dopo”

    Sicuramente ci saranno dei documenti scientifici che comprovano quello che sopra Ë scritto ma messo cosÏ, senza alcun riferimento, si rischia di accettare per vero quello che magari Ë soltanto una vaga ipotesi di chi scrive perchÈ ha letto soltanto qualcosa sommariamente sullíargomento e pur non essendo un tecnico Ë giunto a conclusioni non scientifiche.

    Forse non Ë questa líipotesi e líautore si Ë documentato benissimo ma queste ìsentenzeî senza riferimenti poi fanno anche scrivere le balle che abbiamo letto a proposito dei campi di concentramento e fanno dire a Bin laden (Bush, Berlusconi, Bertinotti, Nonna Papera ecc. ecc) un sacco di fesserie che vengono credute per vere.

  16. se avessi letto il link del sito di massimo carlotto che hanno segnalato sopra, avresti visto l’articolo per intero provante scientificamente le cose. Mi ci gioco le mani, sulla veridicit‡ di questa cosa. Detto da una violinista ti fa capire quanto punti sul sicuro!
    Vai a leggere quel link, vai, e poi semmai critichi! Ma poi! E al tuo posto porterei un po’ pi? di rispetto per tutte le vedove dei morti per amianto.
    Antonella

  17. Ho il massimo del rispetto ma questo non toglie quanto detto sopra.

    Infatti ho scritto che non era questo il caso (e quindi il mio discorso aveva una portata pi? ampia) ma a volte puÚ capitare che si riportano notizie di terzi e tali notizie non hanno nessun fondamento oppure sono soltanto delle letture “di parte” e molto superficiali di argomenti tecnici o scientifici.

    Ed Ë per questo che portavo l’esempio della bufala sui campi di concentramento dove da alcune considerazioni generiche (ma non del tutto assurde) rispetto all’entit‡ del dramma (6 milioni oppure 5 oppure 4 e mezzo di morti) si finiva poi per negare l’olocausto.

    Lo ripeto non Ë questo il caso perchË davo, per scontato, che l’autore portava riferimenti esatti ma puÚ accadere (sia qui che altrove, ed ecco il mio discorso genrale) che si facciano passare per notizie vere anche delle notizie soltanto parzialmente vere o del tutto false semplicemente perchË ci si fida della fonte.

  18. Io sono sempre convinto ke …….

    LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI

    sia una grande menzogna.

    Questa Ë la mia convinzione ..

    voi pensatela come volete..

    saluti

    Sly

  19. Il tuo discorso non Ë sbagliato, ma lontano dal punto focale.

    Qui stiamo parlando di tantissime persone che sono morte e altrettante che moriranno nei prossimi anni!

    La polvere d’amianto ha iniziato a falciare vite sin dai primi tempi del suo utilizzo industriale. Ma si Ë negato il nesso fra le morti e l’utilizzo del materiale, fino a che non Ë stato bandito da una legge (e comunque si Ë continuato ad utilizzarlo illegalmente ancora per anni).
    A Monfalcone la gente moriva e muore a causa del mesotelioma, fra mille sofferenze, in silenzio.
    Ti ho risposto perchË, come altri, tento di dare una voce al loro grido di aiuto, ma se vuoi avere notizie pi? dettagliate, se magari vuoi esprimere la tua solidariet‡ ai diretti interessati, o semplicemente vuoi verificare le fonti di quanto scritto qui e su MassimoCarlotto.it, allora scrivi pure a questo indirizzo: talium@libero.it ,
    in modo da entrare direttamente in contatto con le “vedove dell’amianto” e i familiari delle vittime.

    Grazie.
    Enrico Corona

  20. Sei un omino grigio e meschino, parli peggio del TG4, sei un vero schiavo: spero che tuo figlio capisca in tempo come sei fatto … e scappi via il pi? lontano possibile, magari con una bella scorta di sogni CHE TU NON CAPIRAI MAI.

  21. E’ invece sempre pi? chiaro che le mezze stagioni sono ormai un lontano ricordo …

  22. Comincia a pensare al tuo di figlio, sottospecie di Casarin, che al mio ci penso io, sicuramente non gli inculcherÚ quelle idee disfattiste e da fallito tipiche di voi no-global del cazzo, del tipo “non lavorerei mai in una fabbrica di armi, ma a sfasciar citt‡ o a far cortei con scudo e bastone ci vado”, luridi viscidi.

    Anzi, fai anche cosÏ prendi la tua bella “scorta di sogni” e la tua chitarra e togliti dalla palle da questo paese, che di mantenuti ne abbiamo fin troppi in Italia

  23. …i giovani non hanno piu’ rispetto per gli anziani…

    ((fa piacere avere una si’ nutrita schiera di ammiratori 😉 ))

  24. Vorrei dire io c’ero. L’avessi potuto dire, ora sarebbe tutto finito. Invece devo dire io ci sono e sto assistendo a una strage che non ha precedenti… Ë pi? di quanto ognuno possa immaginare. Io vi scrivo dal Territorio di MOnfalcone dove si crepa di amianto ogni settimana… Negli ultimi anni sono morte circa 2000 persone a causa di patologie riconducibili all’amianto… gli esperti dicono che sar‡ cosÏ anche nei prossimi venti anni. Qualcuno ha -forse-sentito parlare alla tv o su qualche quotidiano di tutto ciÚ? A monfalcone non c’Ë un centro di prima diagnosi… a Monfalcone non c’Ë nulla…

    nemmeno la mobilitazione che servirebbe…

    Non muoiono solo gli operai della fincantieri, non solo le loro mogli…muoiono anche persone che non sono mai entrate nei cantieri navali.

    Conosco mille storie strazianti e non so a chi raccontarle.

    Abbiamo bisogno di aiuto.

    chi vuole saperne di pi? mi scriva senza problemi qua o al mio account domestico tipicapitano@libero.it

    sos!!! SOS!!! SOS!!!

  25. con lo stesso principio emmesso nella sentenza del

    tribunale di Marghera sul caso MONTEDISON

    dico: assolviamo tutti i criminali di guerra e degli

    olocausti perche’ non vi erano leggi “chiare e inequivoche” in quell’epoca storica e nË quella attuale.

  26. Per favore, ditelo a tutti: anche le cosí dette “democrazie” possono essere DITTATORIALI !!!

    Qui si MUORE come niente.

    Quanto segue é scritto in idioma spagnolo: VI PREGHEREI DI PRENDERLO NELLA PIÚ ALTA CONSIDERAZIONE; NON LASCIATECI SOLI … ANCORA UNA VOLTA !!!

    POLICIAS Y AGENCIAS DE SEGURIDAD DEDICADOS A MATAR ADOLESCENTES

    La larga vida del escuadrón de la muerte La articulación de policías y agencias de seguridad que operan en la zona norte del Gran Buenos Aires aparece como el punto más escalofriante de un documento de la Procuración de la Suprema Corte bonaerense sobre el asesinato de adolescentes, al que tuvo acceso exclusivo este diario.

    Por Cristian Alarcón

    (Página12)GIORNALE IL CUI SITIO INTERNET É: http://www.pagina12.com.ar/

    Página/12 accedió en exclusiva al adelanto de un informe en el que por primera vez aparece reflejada la relación entre el “escuadrón de la muerte” de Don Torcuato y el negocio de la seguridad privada en la zona norte del Gran Buenos Aires, donde la limpieza social continúa. Se trata de una investigación realizada por un equipo de la Procuración General de la Suprema Corte bonaerense que señala los puntos oscuros de siete muertes de menores. Ni las denuncias de la Corte ni las de Human Rights Watch y Amnistía Internacional han frenado la sistemática eliminación de menores. Y en el informe publicado aquí aparece un nuevo caso, demasiado parecido a los anteriores: a Leandro “El Mono” García, un chico de 16 años, lo eliminaron el 30 de enero.

    Al adolescente le dieron tres balazos cuando aspiraba pegamento en un descampado de la villa Bayres de Don Torcuato. Era vecino de varios de los muertos ya conocidos y los policías que lo “bajaron” son los mismos que asesinaron en agosto a Juan “Duende” Salto, quien había avisado a la Justicia que estaba condenado a muerte. Un testigo del crimen de García ya declaró: dijo que le pusieron la remera en la cabeza para que no viera, que García pidió por favor que no lo mataran porque lo esperaban su mamá y sus nueve hermanitos, pero que enseguida sonaron los disparos de la bonaerense, eternos en las villas donde la matanza se impone de la mano de los negocios que da la seguridad de los que más tienen. La existencia de un escuadrón dedicado a ajusticiar adolescentes ladrones en la zona norte surge como una de las primeras conclusiones del trabajo de la Procuración. Se lee en cada caso lo que una altísima fuente de la Corte llamó ante este diario un “modus operandi producto de la actividad ilegal de policías y agencias de seguridad que cobran a los vecinos de barrios de clase media y countries” para preservar el orden y alejar ladrones. En una primera etapa –el informe es parcial– fueron investigados siete casos. Seis de ellos fueron siendo hilados por la investigación de Página/12 a partir del crimen de los chicos de Bancalari Gastón “Monito” Galván, de 14, y Miguel “Piti” Burgos, de 16, fusilados el 24 de abril de 11 y 7 tiros. Los investigadores marcaron en un mapa las muertes de estos menores: son siete puntos de colores en un triángulo perfecto formado por la Panamericana, al oeste; la avenida Belgrano al este y la Avenida Libertador San Martín al sur. En uno de los vértices marcaron el barrio Los Dados, donde funciona la sede de la agencia de seguridad Tres Ases, manejada por el personaje más popular para los vecinos inseguros y más temido por los adolescentes: el sargento Hugo Alberto Cáceres, alias “El Hugo Beto”. El, en sí mismo, sería el vértice del escuadrón y es el hombre más mencionado en el informe que este lunes tendrá en sus manos el ministro Luis Genoud y el gobernador Felipe Solá.

    Los muchachos de siempre

    Galván y Burgos eran parte de un grupo que solía robar en la zona para la compra de pegamento para “la bolsita” con la que pasaban los días “colgados” en las esquinas del barrio. Fueron “levantados” por un patrullero de la comisaría 3ª de Don Torcuato la tarde del 23 de abril cuando habían ido a comprar una lata a una ferretería de la ruta 202. Habían estado decenas de veces presos y habían denunciado a los hombres del grupo de calle de la Crítica –como se conoce a la 3ª– por torturas y apremios. Los encontraron al día siguiente a orillas del Puente Negro en José León Suárez. Tenían las manos y los pies atados. Al Monito, el de 14, le habían colocado una bolsa de nylon en la cabeza cuando ya estaba muerto: un inequívoco signo de la Bonaerense y su clásico método de tortura, el submarino seco. “El Monito y el Piti no son los primeros. Ya bajaron a varios y mandaron a decir que nos cuidemos porque somos los próximos”, le dijeron a este cronista los chicos que lloraban a sus amigos en el cementerio de Boulogne. Luego la búsqueda de este diario dio en los pasillos de las villas con los muertos que antecedían a “los pibes de labolsita”: Guillermo “Nuni” Ríos, Fabián Blanco, David Vera Pintos. Y luego con el posterior, Juan “El Duende” Salto, asesinado en agosto.

    En cada caso de la lista (ver nota aparte) los nombres de los policías se van alternando. Cáceres por ejemplo es el que participó de los supuestos enfrentamientos con Ríos y con Blanco. Los investigadores lograron determinar que en el caso de Ríos “no hubo enfrentamiento”. Aquel 11 de mayo Cáceres estaba acompañado de Marcelo Anselmo Puyo, sargento 1º del Comando Patrullas Tigre. En la muerte de Blanco otra vez el protagonista es Cáceres, acompañado en esa oportunidad por el agente Horacio Gallardo, del Comando Patrullas Tigre. Los pesquisas destacan en su reporte que el homicidio, ocurrido el 1º de noviembre del 2000, se empezó a investigar tres meses más tarde. Con Juan Salto, muerto en agosto del 2001, ya no aparece el propio Cáceres: los que lo matan son el sargento 1º Juan Esquivel y el cabo 1º Enrique Chacón, los dos del Comando Patrullas Tigre. Una de las primeras dudas que los investigadores confiaron a este cronista cuando iniciaron la revisión de las causas fue que no encajaba en la hipótesis de una eliminación sistemática el hecho de que en algunos homicidios los matadores resultaban ser no de la comisaría 3ª, sino del Comando, y que por lo tanto esa diferencia podía derrumbar la idea de la existencia de un escuadrón. “Lamentablemente ustedes tenían razón”, fue lo primero que una altísima fuente de la Procuración le dijo a Página/12 cuando le confió el informe.

    Perros de la calle

    Sucede que esa diferencia parece no ser tal en la zona del “triángulo de la muerte” monitoreado por Cáceres y Compañía. Y también “lamentablemente” la sospecha sobre la persistencia del sistema de eliminación la da un nuevo posible fusilamiento: el de Leandro García, el 30 de enero pasado, un chico que vivía a cuatro cuadras de las casas de Monito y Piti. Sus asesinos fueron el sargento Esquivel y el cabo Chacón. La casualidad no es sólo esa. Los pesquisas señalan en el documento con énfasis que como médico de policía la autopsia la realiza el doctor Eugenio Aranda, y el fiscal que llega al sitio es Rodríguez de la UFI 3 de Tigre: “todos los mismos del caso Salto”. Es más que llamativo el rol de los fiscales que llegan al lugar de los presuntos enfrentamientos. En ninguno de los homicidios se ordenó realizar el dermotest para determinar si en realidad los chicos dispararon contra los policías o no. “La relación entre los miembros de la agencia de seguridad de Cáceres –con testaferros–, el Comando Patrullas de Tigre y la comisaría 3ª de Don Torcuato queda clara a través de la relación de amistad y sociedad entre Cáceres y Anselmo Puyo”, sostiene la abogada Andrea Sajnovski, de Correpi, representante de los familiares de las víctimas. Sajnovski adelantó a Página/12 que dos testigos dispuestos a declarar “saben que el escuadrón, como una práctica metódica, cuando detenía, golpeaba o asesinaba chicos les tomaba fotos para llevar una especie de archivo propio”. Tres Ases: ese es el nombre de la agencia que funciona en el propio domicilio de Cáceres, un sitio lleno de aparatos de comunicación que monitorea, como si se tratara de una comisaría privada, el recorrido de alrededor de diez móviles de color blanco que usan, como si fueran patrulleros del Estado, una baliza azul en el techo. En el informe de la Procuración, se resalta el testimonio de un periodista de la zona, cuyo informante es un ex jefe de la Brigada de San Fernando, que cuenta “el manejo interno de Cáceres”. “El suboficial es querido por la propia fuerza y por los vecinos –’policía modelo que nos libera de los chorros’ (sic)-, actitud que justificaría casos de gatillo fácil”, se lee en el documento. Allí se explica que desde el año ‘93 Cáceres comenzó a trabajar en “el triángulo” y que “para empezar, en el sector más pobre, comenzaron con la matanza de perros envenenados y luego apareció la venta de servicios de seguridad”. En el esquema del negocio sería central la figura de “una vecina de nombre Irma, puntera política del partido de (Luis)Patti”, que es quien “sale a cobrar” la cuota de seguridad a los vecinos. Entre las anécdotas que abonan la fama de Cáceres se repite en el barrio la de un ladrón apresado hace cinco años a quien “estando en el piso le pasaban por encima el patrullero y la gente del lugar aplaudía”. La relación entre “Hugo Beto” y el negocio de la seguridad privada quedó expuesta también en una causa que el fiscal Héctor Scebba le inició a Cáceres el 28 de diciembre último, en una casualidad increíble. Cáceres no fue imputado por el crimen de Monito y Piti: casualmente dos días antes del crimen pidió licencia médica por depresión, según el ex comisario de la 3ª, Doldan, informó en su momento a este diario. Ocho meses después, el día de los inocentes, cuando Scebba constataba una declaración de la causa Galván-Burgos en un frigorífico de Campo de Mayo, el fiscal descubrió a un vigilador privado que ostentaba un arma ilegal. Cáceres se hizo presente en el lugar y se hizo cargo de la situación de quien sería en realidad su empleado. Scceba lo detuvo entonces por portación ilegal de arma durante dos días. Desde el 28 que el sargento dejó de revistar como agente de la Bonaerense porque a raíz de ese delito menor pasó a disponibilidad preventiva y es sujeto de un sumario, según ratificó a Página/12 una fuente de Asuntos Internos de la Bonaerense. Aún así, una fuente de las fiscalías de San Martín consideró que el poder del Hugo Beto no se esfuma por más denuncias que pesen sobre su figura. “El parece ser el capo pero por sobre su figura hay alguien más poderoso”, dijo. Es en ese sentido que los investigadores de la Procuración destacan, aunque aclaran que aún no hay pruebas directas de ello, que entre los las personas que apoyan al “Hugo Beto” “hay varios ex militares”, uno de ellos un ex cabo 1º de la Armada, integrante de uno de los grupos de tareas de la ESMA, dueño de una remisería de la zona, cuyo “padrino sería (Jorge) “El Tigre” Acosta, capo del grupo operativo del campo de concentración por el que pasaron miles de personas durante la dictadura.

  27. che miseria umana di pensiero che produce la tua vita.

    sei un bravo criceto,corri nella tua ruota e non fermarti!!

  28. Non ci sto. Amina e tante altre, nate nel posto sbagliato al momento sbagliato. E’ disumano. NOn mi importa di quale religione si tratti, non mi importa se sono regole coraniche, buddiste o della legge di Murphy. Pretendo da donna, da cittadina, da potenziale vittima di tutte le violenze possibili e praticabili – e non riesco nemmeno a immaginarle, tante sono – il diritto di vivere, sempre e comunque. Alzi la testa il mondo dei potenti, di cui noi internauti facciamo comunque parte. Un refolo di dignità. E di rispetto. Non voglio che Amina muoia. La Nigeria e i suoi figli cadono come mosche per ogni carestia, malattia, per povertà e miserie. Usiamolo, ogni tanto questo potere.

    Mi fa rabbia, tutto questo. I nostri governi non potrebbero forse influenzare la sentenza di morte e capovolgerla? NOn credo a chi mi dice il contrario. Quello di Amina è omicidio.

  29. Non per essere il solito bastian contrario, ma vorrei sapere come mai il signor Carlotto tanto si appassiona alla questione dell’amianto . Non mi risulta che i proventi che ricava dai suoi libri e spettacoli sull’amianto vengano devoluti in beneficenza alle vedove…Credo che noi vittime dell’amianto abbiamo già sofferto e sopportato abbastanza.
    Ma lui, infondo dell’amianto cosa ne sa? Solo le sue belle parole nei suoi scritti che riempiono le librerie. Io porto ogni giorno la malattia dentro di me, per ogni giorno della vita che mi resta. Personalmente non disprezzo il suo comportamento meno di quanto disprezzo chi ha ammalato i miei polmoni e la mia anima , è solo un’altro che guadagna sulla mia vita e sulla mia morte.
    Chiedo solo un pò di rispetto

    Un esposto che ha ancora coraggio di guardare in faccia la realtà

  30. il sig. Carlotto ha denunciato una realta’ che tu ti limiti a sapere, e tenere sotto anonimato, colpendo proprio l’ultima persona che merita di essere colpita. Se sei vittima dell’amianto e stai zitto, allora non meriti l’aiuto che un massimo carlotto qualunque potrebbe offrirti. Mi dispiace per la durezza, ma non riesco a fare buonismo fine a se stesso.
    I diritti vanno meritati. Li merita chi lotta e chi denuncia le situazioni sporche. Tu non sei tra quelli. Hai il coraggio di guardare la realta’ e criticare l’unica persona che la denuncia nella sua sfaccettatura più bieca. Un po’ come quei cinesi che stavano a guardare l’omino di Tien An Men davanti al carro armato. Solo, con davanti carri armati e tutti intorno migliaia di occhi che non sono scesi ad appoggiarlo. Credo che tu sia il pubblico di quella piazza. Almeno finche’ attacchi carlotto, sei vittima dell’amianto e stai zitto davanti ai veri colpevoli. Vergognoso!
    Antonella Serafini
    (e’ cosi’ che ci si firma, l’email la trovo sul sito)

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