amo la coerenza





Comunicato

APPELLO

Il Movimento
Sociale Fiamma Tricolore
(MS-FT), in privilegiata alleanza storica e
strategica con il Front National di Jean-Marie Le Pen ed in stretta sintonia,
intesa e cooperazione politica con la quasi totalit‡ dei movimenti, partiti e
gruppi Nazional-Popolari italiani ed europei,

constatato

che líItalia, líEuropa ed i paesi del bacino
mediterraneo, continuano – da pi? di 58 anni – ad essere direttamente o
indirettamente occupati, ricattati e soggiogati dalla presenza di centinaia di
basi militari e logistiche statunitensi, e che líinsieme dei cittadini che vi
vivono, operano ed agiscono, continuano indistintamente ad essere tenuti in
ostaggio morale, in stato di sudditanza politica e di colonizzazione economica
e culturale, senza per altro disporre di nessuna reale possibilit‡ di potere
liberamente esprimere ed applicare le loro effettive scelte politiche,
economiche, sociali e culturali, nÈ tanto meno tutelare i propri interessi, la
loro libert‡, indipendenza, autodeterminazione e sovranit‡.

Lancia
un appello sincero e determinato

allíinsieme delle forze politiche, economiche,
sociali e culturali indipendentiste della nostra Nazione, affinchÈ vogliano
dedicarsi al servizio dellíEuropa ed allíopera di recupero della sovranit‡ e di
risanamento delle strutture politiche e sociali.

Invita

tutte le forze Nazional-Popolari a raggrupparsi
senza indugi – e senza per altro rinunciare alle proprie peculiarit‡ e
sensibilit‡, nÈ sottomettersi o sottostare a nessun tipo di omologazione e/o di
massificazione ideologica, politica e pratica – aderendo al progetto di ´Cartello elettoraleª, di cui il MS-FT
ed i suoi alleati italiani ed europei si fanno promotori, in vista delle elezioni europee del 2004.

Il
´Cartelloª, politicamente,

Intende contrapporsi ai due blocchi politici di
destra e di sinistra che accettano di governare il nostro paese per ´conto
terziª, al servizio dei ´poteri fortiª che gestiscono la globalizzazione
mondialista, senza alcun rispetto per i Popoli, nÈ per le leggi che dovrebbero regolare
la convivenza internazionale.

Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore – conscio dellíimportanza delle
scelte che líEuropa dovr‡ affrontare per tutelare la sua cultura, il suo
autonomo futuro nel mondo ed i suoi interessi – ha chiesto a chi si Ë gi‡
schierato al suo fianco ed alle entit‡ politiche che aderiranno nei prossimi
mesi al sopraindicato ´Cartelloª, unicamente di battersi per líimmediato ed assoluto recupero
dellíindipendenza, dellíautodeterminazione e della sovranit‡ politica,
economica, culturale e militare, per líEuropa e per líItalia.
La politica
estera europea, in particolare nello scacchiere mediterraneo, dovr‡ muoversi
per garantire la libert‡ ai popoli oggi oppressi dallíimperialismo
statunitense.

La storia ci giudica. Le giovani generazioni dei
nostri paesi ci osservano e síinterrogano.

A noi, dunque, di non tradirleo deluderle.

Roma, lÏ 22 Luglio 2003

†††††† Il Segretario Nazionale del MS-FT

†††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††
Luca Romagnoli††

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50 commenti

  1. Io ho detto semplicemente che quello postato in Indy non è stato smentito da nessuno.

    Il mio ragionamento si ferma qua.

    Che per me Casarini sia 2 spalle rubate all’agricoltura (con tutto il massimo rispetto possibile per chi lavora la terra) in quanto è un essere vuoto pieno di niente non è ragionamento di oggi.

    Che per me Casarini e soci siano solo li per farsi gli affari propri non è da oggi che lo vado dicendo.

    Per il resto ogni girotondo mentale lo stai facendo tu.

    Pace e Amore

  2. Io mi domando che centra, in questo dibattito, Indymdia, la FAO, AN, l’Arcigay, Casarini, ecc. con il dibattito che si era aperto a proposito delle basi americane che esistono in Italia ed in Europa?

    Vogliamo ritornare al tema proposto da Antonella, con la pubblicazione dell’Appello dei missini?

    Che facciamo: le basi USA ce le teniamo ancora o cerchiamo tutti insieme di farle smantellare?

    Partecipiamo al «Cartello elettorale” missino (che propone lo smantellamento di quelle basi) oppure no?

    E perché non crearne uno noi di «Cartello» per lo stesso scopo?

    Ecco qualche domandina facile, facile… alla quale dovremmo tutti rispondere. Oppure preferiamo cambiare continuamente discorso, poiché non abbiamo il coraggio di affrontare di petto il problema principale del nostro tempo?

    Se non abbiamo gli argomenti per discuterne, o sufficiente volontà e “palle” per poterlo veramente fare, chiudiamo questo forum e chiediamo ad Antonella di aprirne un altro sulle “stronzate quotidiane” che ci frullano per la testa. Almeno sapremo a cosa attenerci.

    Grazie per l’attenzione, e buon proseguimento.

    Arminio

  3. La vergogna per il tuo comportamento ti fa arrossire,si vede da qua.

    Un dottore in scienze politiche non dovrebbe girare intorno ad un argomento attaccando in ordine prima indymedia,poi Casarini senza tenere conto della vastità e della complessità di un movimento che si stà spontaneamente formando in tutto il mondo.Sei strumentale a chi ne vorrebbe fare un manipolo di teppistelli,ma dentro di te sai che il popolo di Seattle rappresenta molte più persone di quelle che vorrebbero farci credere, un popolo che non scende neanche in piazza, ma che ha acquistato una consapevolezza nuova e dettata da infiniti motivi:

    Le guerre preventive

    La fame nel mondo mantenuta a scopo di lucro

    Lo sfruttamento minorile

    L’informazione di regime

    L’ambiente

    Il lavoro

    Gli uomini acquistano delle consapevolezze globali che i poteri forti cercano con i mezzi di informazione prima e poi con la repressione di riportare all’ordine, mentre intanto la sensazione di ingiustizia si allarga nei popoli stessi a macchia d’olio riunendo sempre più persone in tale disagio.

    Tu credi che attaccando un sito ed un uomo potrai dare fine ad un onda che si dimostra ogni giorno sempre più inarrestabile?

    Film già visto. Pensa che in questo momento in moltissimi luoghi del pianeta gente come te si accanisce vigliaccamente e violentemente contro il movimento.

    Come definirvi: servi dei servi,dei servi,dei servi…

    Dì la verità,tu che ti senti un uomo libero, nelle giornate del G8 di Genova godevi nel vedere ragazzi con le teste spaccate dai manganelli, i feriti,il morto ; provavi un senso di soddisfazione e giustizia in te, dopotutto quei bastardi stavano mettendo a ferro e fuoco una città ed è quello che si meritavano.

    La tua coscienza,il tuo senso critico, non ti si è neanche preoccupato di indagare,di andare a capire il perchè fosse successo tutto questo in casa tua ,pensavi solo giustizia è stata fatta. A Firenze le avresti volute di nuovo vedere quelle teste spaccate ma ti è andata male,provocando in te un forte disagio,perche ci avresti voluto vedere come sporchi provocatori drogati e spaccavetrine, in poche parole: i cattivi.

    Non siamo i cattivi come vorresti, siamo solo diversi da te ed aggiungo per fortuna c’è speranza…

  4. Arminio il comitato di quartiere della mia città ha proposto la costruzione di un parco giochi in Via Reiss Romoli…che ne faccizmo?

  5. Ecco la sintesi del programma e dei temi che dovranno essere affronatti nei giorni del Forum sociale europeo a Firenze, emersi dalla riunione internazionale a Salonicco (12-14 luglio 2002).

    Schema Conferenze plenarie: titoli e temi

    Globalizzazione e liberismo

    1.Dall’Unione Europea della globalizzazione liberista all’Europa delle alternative.

    a.Europa ed istituzioni globali.

    b.Controllo dei mercati finanziari dell’economia e libertà degli investimenti.

    c.Economia e solidarietà.

    2.Acqua, aria, terra: l’Europa contro lo sviluppo insostenibile

    a.Qualità della vita e modelli dei consumi.

    b.Privatizzazione dei beni pubblici globali e debito ecologico.

    c.Diritto alla qualità della vita, alla salute, alla felicità.

    3.Europa centrale ed orientale nella globalizzazione: alternative al neoliberismo.

    a.Privatizzazione e flussi finanziari.

    b.Il processo di allargamento ad est.

    c.Alternative comuni.

    4.L’Europa non è merce: nuovi diritti per un nuovo modello sociale

    a.Crisi e rinnovamento dello stato sociale europeo.

    b.Contro la privatizzazione e la liberalizzazione dei servizi pubblici.

    c.Politiche familiste e diritti per tutti e tutte.

    5.Europa del lavoro tra produzione globale e frammentazione sociale.

    a.L’Europa tra produzione globale e frammentazione sociale.

    b.Finanziarizzazione e precarizzazione.

    c.Lavoro, lavori e lotte per i diritti.

    d.Nuove culture, nuove soggetti.

    6. L’Europa nella Sovranità Alimentare

    a.Per una Politica Agricola Comune, sociale, agroecologica e del lavoro.

    b.Una scienza al servizio della società: brevetti, ogm, ricerca fuori dal controllo delle multinazionali

    c.Ciclo corto, consumi, commercio nord-sud: il modello dell’equità

    Guerra e pace.

    1.L’Europa nel nuovo (dis)ordine mondiale. a.ONU e diritto intenzionale.

    b.Europa, Nato e politiche di sicurezza comuni europee.

    c.Subalternità o antagonismo agli USA: esiste un’alternativa?

    2. L’Europa civile contro la guerra infinità L’11 settembre: la dottrina Bush e la lotta al terrorismo.

    Occidente ed Islam, dialogo o scontro? La costruzione del nemico: il ruolo dei media.

    3. Non c’è pace senza giustizia. Prevenire i conflitti.

    Disobbedire alla guerra. Costruire solidarietà e cooperazione internazionale.

    4. Conflitti locali: le responsabilità dell’Europa. Introduzione generale

    Palestina.

    Colombia.

    Kurdistan.

    Grandi Laghi.

    5. L’Europa messa in sicurezza? Controllo sociale, repressione e diritti negati.

    Restrizione delle libertà individuali. e dei diritti civili.

    Criminalizzazione del conflitto sociale.

    Militarizzazione delle frontiere e le politiche repressive sull’immigrazione.

    6. Il mercato della guerra.

    Produzione e riconversione.

    Spese militari, spese sociali e mercato globale.

    Economie di guerra, traffici e poteri delle mafie.

    Le armi in azione: la guerra vista da sotto le bombe.

    Diritti –cittadinanza -democrazia

    1. Dalla Carta di Nizza alla Convezione. Nella crisi della democrazia europea la ricerca della cittadinanza universale.

    Il processo di costituzione dell’Europa politica.

    Cittadinanza universale e democrazia europea.

    Una diversa integrazione europea.

    2. La democrazia partecipativa per un’Europa democratica.

    Diritti fondamentali per radicalizzare la democrazia.

    Autogoverno locale.

    Economia sociale.

    3. Allarme estrema destra: la frattura sociale in Europa.

    I-nsicurezza sociale, sciovinismo e discriminazione.

    I valori culturali ed ideologici della nuova destra.

    Contro la destra, lotta all’esclusione sociale.

    4. Informazione e cultura, beni dell’umanità: dai monopoli ai nuovi diritti individuali e collettivi.

    Concentrazione e monopolio dell’informazione.

    Esperienza dei media indipendenti ed informazione alternativa.

    Proprietà intellettuale e sapere.

    Tutela delle diversità culturali nel mercato globale.

    5. Donne-uomini: conflitto necessario per un futuro comune.

    Lavoro-lavori.

    Famiglia patriarcale, sessualità, violenza.

    Potere e rappresentanza politica.

    Lesbiche, gay e transessuali nel progetto di un Europa sociale.

    6. I migranti e la fortezza Europa: apartheid, conflitto sociale e cittadinanza universale

    Il percorso verso la cittadinanza universale.

    Razzismo e xenofobia in Europa.

    L’esemplarità del lavoro migrante.

    Pre-serale 18 – 20

    Dialoghi: movimenti e partiti, movimenti e sindacati, movimenti ed istituzioni alternative: nonviolenza, disobbedienza e conflitti sociali; economia sociale e pubblica: quale Carta dei diritti fondamentali?; finestre sul mondo: Palestina, Mediterraneo ed Africa, America Latina

    Nota: Fonte: Carta

  6. Purtroppo tutto vero.Forse non tutti sanno che nel duemila scadeva l’armistizio con il quale si era conclusa la seconda guerra mondiale, e per cui cadevano tutti i vincoli che tale armistizio poneva.Avete forse sentito qualcuno parlare di tale inportante evento? .I nostro politici da destra a sinsitra non fanno altro che baciare il culo al presidente a stelle strisce di turno.In italia le universita’ ” fulcro della tecnologia e liberta” sono in mano ai “baroni” che mantengono tale situazione……..

  7. Dio santissimo che sequela di frasi fatte, giudizi sommai e amenità varie.

    Nemmeno la pena di replicare; sei tu che sei servo/a della tua stessa mancanza di ragionamento.

    Io espongo un fatto e un girotondo di ragionamenti allucinati li fai tu, ma da me che vuoi?

    Cambia fornitore, questo ti da la roba tagliata e poi te la prendi con me…

    X me non siete cattivi, solo cervelli all’ammasso

    (e se non hai capito che a Firenze non è successo nulla solo perchè c’era Kofferati ed il Sindacato non poteva permettersi che qualcuno dei vostri amici facesse casino allora proprio mi deludi perchè non hai alcun senso di analisi che non sia quella che ti dice qualcuno che pensa per te)

  8. Il Petrolio lo si acquista in Dollari

    Il Dollaro, nei confronti dell’Euro, negli ultimi 6 mesi ha perso quasi il 30% del suo potere di acquisto e nel contempo il prezzo del barile è aumentato di molto poco.

    Ci sarebbe stato da aspettarsi una diminuzione del costo del carburante in quanto i petrolieri pagavano la materia prima quasi 1/3 in meno rispetto a 6 mesi prima ed invece….. Alle pompe la benzina, di poco, è aumentata….

    Nessuno (Maggioranza, Opposizione, Giornalisti, Magistratura, Antitrust e chi ne ha più ne metta) ha avuto nulla da dire: chissà mai perché?!?!

  9. Secondo te davvero la gente è stata brava a Firenze per compiacere il sindaco e Cofferati?

    Se il mio è cervello all’ammasso il tuo tutto può definirsi tranne che cervello.

    Altro che senso di analisi….ma tu sei uno di quelli che crede che Bush combatte il male del mondo?

    …Sai tanto per farsi un’idea del livello…

  10. proposito di Indymedia.

    In questi giorni si fa un gran parlare di “attacchi ad Indymedia” più o meno censori, sempre repressivi.

    Portati di volta in volta da un sindacato di polizia (Sap), da un senatore di Forza Italia, dal ministro Mauruzio Gasparri (via Ansa), dalla procura della repubblica di Catanzaro (per l’incidente stradale occorso a Mario Placanica).

    E buon ultimo Enrico Deaglio dalla trasmissione di RaiTre “Sorgente di Vita”, la cui replica della replica è andata in onda ieri notte a tarda ora.

    Indymedia fa saltare i nervi a molti, indispettisce ed irrita perché è il più importante “democracy press” del mondo. Ed intendo Indymedia nella sua globalità e pluralità di siti, lingue, storie e contenuti.

    Insomma, Indy è “incontrollabile”, e questo è inaccettabile soprattutto da quanti nei santuari dei grandi network televisivi, o al riparo delle storiche testate nazionali si sono guadagnati posizioni di potere e privilegi di settore.

    Su tutti i giornalisti, dipendenti dei grandi editori (che poi editori non sono, ma soltanto gruppi finanziari ed industriali, con una forte influenza economica e politica gestita il più delle volte sotto forma di ricatto incrociato gli uni contro gli altri).

    Indymedia ha avuto la capacità di svelare a tutti, ed a costoro in particolare, che la “segretezza” delle fonti d’informazione non esiste più. Certo la rete ha dato un contributo determinante in questo senso (del resto se non vi fosse internet come “rete globale” non vi sarebbe neppure Indy): qualsiasi cosa accada, in qualunque luogo del mondo è ormai patrimonio di tutti.

    Non è più necessario essere “giornalisti” per accedere alle fonti, per arrivare lì dove le notizie ed i fatti nascono e prendono corpo.

    La diffusione poi dei portali di Indy sta in qualche modo disarticolando il concetto stesso di “giornale”, “redazione”, “inviato”. In pratica non è più possibile (o lo è comunque sempre meno) inquinare la notizia alla fonte e farle prendere un’altra direzione se non quella della sua diffusione “sic et simpliciter”.

    Certo a volte Indymedia può apparire perfino “rozza” nella diffusione dell’informazione, altre volte colpevolmente “confusionaria” nell’accavallarsi di notizie incontrollabili e prive di fonte, ma la sua forza è nell’essere esattamente così com’è, così come vi partecipiamo.

    Per parlare del solo portale “italiano” di Indy, questo viene letto e consultato in tutte le redazioni di tutti media italiani, cannabilazzate le notizie (senza mai riportare la fonte, ledendo quel principio deontologico che viene sempre rinfacciato ai reporter indipendenti). Molti dei giornalisti “ufficiali” dei media “istituzionali” partecipano persino ad Indy, sfruttando l’”open publishing”. Pochi per fornire informazioni, molti per un senso di frustrazione che li porta a scrivere autentici deliri sintomo di un disagio personale e professionale ormai irreversibile.

    Tutti gli attacchi contro Indymedia si concentrano esclusivamente in direzione dell’”open publishing”, mai (ripeto: mai!) ci è stato dato di leggere una critica strutturale contro Indymedia, sul suo essere il più formidabile “democracy press” del mondo, sull’aver messo a soqquadro il concetto stesso di fonte d’informazione, sul ruolo del “giornalista” (soffocato dal suo stesso corporativismo).

    Indymedia ha creato una frattura profonda come un crepaccio

    nel modo stesso di produrre, raccogliere e diffondere informazione.

    Questo non va giù a nessuno. Non gli può andar giù.

    E ciclicamente partono gli attacchi contro Indy: “censurateli”, “antisemiti”, “amici delle Br”, “delinquenti”. Poi come accaduto ieri sera su RaiTre anche Deaglio si è lanciato nell’accusa più disperata, da ultima spiaggia, e che deve apparire loro come la più “infamante”: le notizie pubblicate su Indymedia sono false.

    E giù esempi su esempi con espressione e sopracciglie corrucciate.

    A dimostrazione che Deaglio (ma non certo solo lui) non hanno capito nulla di cos’è Indymedia, neppure nelle sue procedure di pubblicazione (“open publishing”, appunto).

    Ma siccome considero comunque Enrico Deaglio una persona intelligente, proprio per questo non posso non pensare ad una evidente malafede.

    L’”open publishing” sarà sempre un “problema” per tutti i portali di Indy del mondo (pensiamo ai “casini” accaduti su quello parigino), tuttavia l’”open publishing” è Indymedia, più di qualsiasi altra sezione del portale stesso.

    E qui il “problema” si mostra con mille soluzioni, ma ben poche “accettabili”:

    Chiudere l’ “Op”? Impossibile.

    Pensare ad una registrazione prima dell’accesso? Impensabile.

    Firmare con nome e cognome ogni post? Ridicolo.

    Del resto le procedure che gli admin si sono dati e ci consentono di pubblicare vanno bene così come sono. E svolgono la loro funzione di sovraintendere ad un minimo di correttezza formale sui contenuti della quale è davvero impossibile non dotarsi.

    Il resto lo dobbiamo fare noi “reporters/non reporters” di Indy, “giornalisti/non giornalisti” dell’informazione indipendente.

    I provocatori, i fascisti, i razzisti, possono essere battuti solo attraverso la pubblicazione nell’”Op” di notizie e fonti via via sempre più ampie, di numero sempre maggiore, incrociando le notizie che appaiono sugli altri portali di Indy nel mondo e segnalando le più interessanti.

    E soprattutto senza farsi prendere la mano nel rispondere insulto contro insulto ai provocatori che postano nell’”Op”. Molti sono ormai conosciuti, indipendentemente dai loro nick.

    Ignoriamoli. Non commentiamo i loro post.

    Lasciamoli nella loro abissale solitudine.

    Si stancheranno.

    E noi occupiamoci solo di raccogliere, produrre e diffondere informazione grazie all’accessibilità delle fonti che proprio Indymedia consente e facciamole rimbalzare da un punto all’altro del mondo. Contribuiamo a far conoscere e dar voce a popoli e storie che rischiano di scomparire dal panorama geo-politico dell’informazione “ufficiale”: chi parla più dell’India, della globalità dell’Africa, di gran parte dell’Asia?. O dell’America Latina (continente nel continente) e delle popolazioni del Pacifico?.

    Lasciamo i media tradizionali rattrappiti tra Washington e Roma, tra Londra e Madrid. Lasciamo loro i “privilegi” dei quali sono ghiotti. Lasciamoli lividi di rabbia, e che ci riempiano pure di insulti, lasciamo che i sindacati di polizia annuncino denunce assieme a senatori di Forza Italia e ministri di An.

    Prepariamo una risposta comune, una sola e per sempre, attingendo alle “Faq” ed al “Chi siamo” dell’home-page. E ad ogni attacco inviamogliela via mail e per fax. Così avremo la certezza che quando parleranno di Indymedia non potranno non sapere.

    Noi abbiamo altro da fare.

    r.

  11. http://italy.indymedia.org/news/2003/08/351327.php

    Come vedi il tuo post NON E’ STATO CENSURATO le tue illazioni meriterebbero delle scuse, ma sappiamo tutti che così non sarà e andrai avanti inventandoti altre teorie diffamatorie.

    Hai ricevuto commenti a sfavore,ma anche favorevoli alle tue idee ed hai anche ricevuto delle risposte stupide….riassumendo hai avuto uno scambio di opinioni DEMOCRATICO che dovresti tenere da esempio soprattutto tu che credi di essere un uomo libero e privo di compromessi o influenze varie.

    P.S. Ho letto anch’io la tua critica e sinceramente sono rimasto deluso dal tuo ragionamento pieno zeppo di luoghi comuni credevo di confrontarmi ad un livello più alto di contenuti…ma c’era da aspettarselo da chi si inventa accuse varie partendo dalla censura fino ad arrivare al fascismo…Stai puntando il dito nella direzione sbagliata, a volte mi chiedo cosa debba succedere ancora nel mondo prima che ve ne accorgiate.

  12. Reporter uccisi: il Pentagono scagiona i marines

    Conclusa l’inchiesta militare Usa sui soldati che spararano a due giornalisti all’hotel Palestine. Il rapporto: i militari temevano che ci fosse un cecchino.

    NEW YORK – Hanno sparato contro l’hotel Palestine di Baghdad, dove alloggiavano i giornalisti inviati in Iraq. Un attacco in cui rimasero uccisi un cameraman spagnolo e un giornalista ucraino e che scatenò l’indignazione internazionale contro l’esercito americano. Ma quei militari statunitensi, secondo quanto stabilito dall’inchiesta conclusa dal Pentagono, avevano ragione di credere che nell’albergo ci fossero alcuni cecchini. E i loro spari, quindi, sono giustificabili.

    L’inchiesta militare americana salva quindi i marines che, secondo le deposizioni, non sapevano che nell’albergo alloggiassero i corrispondenti delle principali testate giornalistiche internazionale. Secondo gli inquirenti, quindi, i soldati avevano ragione di temere che il palazzo fosse utilizzato dalle forze nemiche per sparare contro di loro.

    I membri della Terza divisione della Fanteria, riferisce una fonte del Pentagono che chiede di rimanere anonima, hanno quindi sparato contro la terrazza del Palestine credendo che là sostasse un cecchino. La versione del rapporto non contraddice quella rilasciata a caldo l’8 aprile scorso dai comandi delle truppe Usa.

    (12 AGOSTO 2003, ORE 19:58)

  13. Brutto merdaccia fracico e infame lascia stare la mia gente.

    Di solito non trascendo in questi termini ma la terra non si tocca.

    Se vuoi saperlo,mia nonna lavorava nei campi quattordici ore al giorno e mio prozio faceva il guardiano ai porci per notti intere.Eppure morivamo di fame perché l’impostazione feudale dell’economia sarda-campidanese almeno-non cambiava.

  14. Domani è FERRAGOSTO e… gli Ameri(cani) continuano INDISTURBATI ed IMPUNITI ad occupare i nostri territori, come negli ultimi 58 anni.

    SVEGLIATI ITALIA, SVEGLIATI EUROPA!

    DOWN, DOWN WITH USA!

  15. Peccato che in quello che hai scritto ci sono diveri errorucci, sicuramente fatti tutti in buonafede.

    Inanzitutto il mio post era stato inviato come LONE WOLF e non come Gianfranco.

    Secondariamente per diversi giorni era proprio “missing”, almeno fino a quando non sono intervenuto su questo sito

    Terzo non so dove sia stato preso il “By Dottorino” visto che su quello che avevo scritto non compariva nulla.

    Quarto come Lone Wolf mi è tutt’ora impedito il Login per essere stato escluso dal forum, come dal forum era stato escluso l’articolo

    Quindi in definitiva hai fatto (o hanno fatto) in modo di mettere una “pezza” successiva ad una censura bella e buona.

    Se poi vuoi continuare a farneticare sulle imprecisioni/bugie che hai scritto scusami, ma non scendo al tuo livello: fa caldo e per arrivare dove sei tu avrei bisogno della pala per scavare, scavare, scavare…

  16. C’e’ una questione tecnica che ovviamente tutti tralasciano di menzionare, o per manifesta incompetenza o per manifesta faziosità.

    Fatto tecnico uno: le telecamere rilevano la distanza per l’autofocus con… il laser. Altrimenti non riuscirebbero a mettere a fuoco a grandi distanze.

    Fatto tecnico due: i computer di bordo dei carri armati rilevano la distanza per il calcolo del tiro con… il laser.

    Da due segue due bis: ogni carro armato ha un sistema di rilevazione che informa l’equipaggio quando il carro viene colpito da un raggio laser (=viene messo sotto tiro)

    Applicando due bis segue che quando la telecamera ha puntato il carro, negli auricolari dell’equipaggio e’ suonata una musichina non proprio allegra (visto che suona quando ti stanno per sparare addosso).

    Terzo e ultimo passo: vedo qualcuno alla finestra con qualcosa che, alla lontana, somiglia ad un’arma RPG (=anticarro). Secondo voi cosa fa il carrista? Spara.

    E’ una disgrazia, ma oggettivamente mi sento di dare poca colpa ai militari americani, limitatamente a questo circoscritto episodio.

  17. Estratto dal sito:

    http://www.asslimes.com/documenti/male_americano.htm

    Dio maledica l’America

    di: Carlo Terracciano

    Dio maledica l’America, bestemmia vivente al nome d’ogni Dio

    Jahvè maledica l’America, che usa il suo nome per sottomettere il mondo

    Allah maledica l’America, che rende schiavi ed uccide i suoi figli

    Brahman maledica l’America e il decimo Avatara di Vihsnu riporti l’Ordine sulla Terra

    Amaterasu-o-Kami maledica l’America, che disintegrò i suoi figli in un fungo di fuoco

    Manitù maledica l’America, che attuò il genocidio del suo popolo libero

    Viracocha maledica l’America, che tiene schiavo il suo popolo

    Horus maledica l’America, che ha fatto a pezzi il corpo dell’Egitto

    Ahura-Mazda maledica l’America, che versò il sangue dei suoi figli sul Fuoco Sacro

    Odino maledica l’America, che ha disonorato l’onore d’ogni guerriero

    Zeus maledica l’America, nemica d’Europa nel Bello e nel Buono

    Il Grande Cielo maledica l’America, che ha sporcato il mondo sopra e sotto di Lui

    Ogni Bodhisattva maledica l’America, regno d’ogni menzogna, nemica d’ogni Verità

    Gea maledica l’America, che sfigura e distrugge la Madre Terra

    Ogni Dio, conosciuto e sconosciuto maledica l’America, regno del materialismo

    Ogni essere vivente maledica l’America, che prepara l’annientamento del mondo

    Satana maledica l’America, che ha usurpato persino il suo nome

    Uomo maledici l’America, la Bestia Immonda nemica dell’Uomo.

  18. Eloquentissimo! Che altro aggiungere? E’ necessario andare oltre; scoprire nuove formule! Anch’io ho fatto la tua stessa scelta. Gia’ ma a quelli ci hanno portato gli americani casa questo non va giu’.

  19. ne hanno fatto di casino questi americani…caro mio se Dio maledicesse tutti quelli che hanno fatto del casino o commesso sbagli nel mondo nè io nè te saremmo qui!!!

    In generale a questo sito… leggendo tutti i commenti (ore 7.20 leggo più o meno dalle 4.00) vi farebbe bene:

    a_ Un po’ di sana cultura (molta cultura) perchè davvero ne difettate

    b_ Un po’ di capacità di ragionamento…consiglio… fate un bel reset in testa e provate a ripartire

    Cazzo io mi chiedo come può pensare un paese come l’ Italia che in termini economici ha molto da recuperare (l’ economia fa girare tutto) a pensare di costruire qualcosa nell’ imminente futuro con un branco di incapaci come voi….!!!!

  20. Fortuna che ci sei tu come «capace»… Come faremmo altrimenti?

    In ogni caso, con le tue evidenti ed indiscutibili «capacità» (soprattutto quelle letterarie!) e l’aiuto «disinteressato» dei tuoi amici ameri(cani), è sicuro che l’Italia continuerà ad essere una colonia USA, ancora per qualche tempo. Purtroppo.

    Purtroppo per noi, naturalmente!

  21. Espellere gli USA dalle nostre terre, è il primo passo della Rivoluzione Nazionale e Sociale di domani.

    Chi ben comincia, è già alla metà dell’opera!

  22. Sostituite, nel discorso che segue di Bush, le parole “terrorismo” e “terroristi” con “fascismo” e “fascisti” e, piu’ generalmente, riportatevi mentalmente al passato e vedrete come i discorsi, le tattiche e la malafede di questa gente sono rimasti gli stessi:

    Per quanto ci riguarda odiamo Bush oggi con la stessa intensita’ con cui odiavamo Roosvelt ieri (definito da Mussolini come il il despota democratico) .

    da Repubblica di oggi

    Dopo le critiche sull’Iraq, la controffensiva del presidente Usa

    “L’America non aspetterà di essere colpita di nuovo”

    Lotta al terrorismo, Bush rilancia

    “Nessuno può dirsi neutrale”

    A Bagdad altri soldati americani morti

    Sale a 139 il bilancio delle vittime dal 1 maggio

    George W. Bush

    WASHINGTON – Nessuno può dire “né con Bush né con il terrorismo”. Con toni simili a quelli usati dopo l’11 settembre, il presidente americano George W. Bush torna a dire che “nella guerra contro il terrorismo, che si combatte anche in Iraq, nessun Paese può restare neutrale”. E ancora, davanti a una platea di reduci di guerra in un discorso trasmesso dalle tv Usa, Bush ha ripetuto che gli Stati Uniti “sono all’offensiva e resteranno all’offensiva”, e che l’America “non aspetterà che i nemici colpiscano ancora, ma li colpiremo dovunque si nascondono e faremo di tutto per negare loro armi di distruzione di massa”.

    Saro’ cinico ma oggi come ieri “me ne frego!”. Oggi altri tre soldati sono morti in Iraq. Ole’

  23. L’iraq – come il Viet-Nam – sarà la tomba dell’arroganza statunitense.

    Uno, dieci, cento, mille Iraq, fino al recupero dell’indipendenza e della sovranità di ogni nazione del mondo, e fino alla vittoria finale!

    Vince sempre chi più crede, chi più a lungo sa patir…

  24. Diciamo un po’ la verita’: ne vieni fuori un po’ male da questo dibattito. Ci fai proprio la figura dell’ignorantello. Questo al di la’ di qualsiasi posizione ideologica. Anzi quello che mi fa rabbia e’ che sei di sinistra e dovresti avere argomenti piu’ intelligenti. Sei il tipico parente di cui vergognarsi.Ciao

  25. I0 ai fascisti topi di fogna li metterei sotto una grossa pressa a uno ad uno ne farei hamburgher.Ma state attenti voi che parlate di indipendentisti.Voi siete i figli frustrati di una borghesia venduta,becera e falsa.Ma per chi rivendicate l’indipendenza voi? non certo per il popolo: voi vigliacchi che non avete altro da fare che inseguire il potere per raccogliere le briciole che cadono dalla tavola dei grassi borghesi di tutti tempi.siete falsi perche cercate il potere su un bel piatto servito da un popolo imbecille

    che quando non e la fame e’ la propaganda a renderlo ottuso.Volete il potere che avete perso. bene Il potere ve lo dovete guadagnare senza l’ausilio degli imbecilli di cui le masse sono genitrici.Volete l’indipendenza dagli Usa.Allora rischiate in prima persona come ha fatto Bin laden e rischiate i suoi soldie la sua pelle.Voi siete solo delle merde che,senza offendere la merda,siete alleati tutti del dio denaro e se lo volete dovete fare come fanno gli USA che rubano tutto dappertutto,il quarto rreich lo sono loro adesso e l’Onu che gli fa da zerbino,gli eserciti son fatti di mercenari teste di cazzo con la testa vuota incapaci di nulla se non sentirsi glorificati per essere nel piu grande esercito del mondo. mentre la propaganda sostituisce la cultura la quale solo a nominarla provoca vomito

  26. Sono D’accordo in alcuni punti ma non dimentichiamo che se ci troviamo in questa situazione lo dobbiamo anche a causa dei partiti di destra europei il fatto che alcuni movimenti cosidetti nazionalpopolari abbiano assunto posizioni antiglobaliste e compiono azioni come boicottare i mc donald’s o inviare i propri attivisti nelle città sedi del G8 non li rende certo accettabili tenendo conto che partiti come fiamma tricolore hanno aiutato il polo nelle ultime elezioni.

    Considero il loro manifesto pura demagogia finchè non mostreranno il loro voltafaccia.

  27. L’unica colonia ex italiana a non essere ridotta in miseria pare che sia la Libia .

    L’Etiopia l’Eritrea e la Somalia sono in rovina adirittura in Somalia la regione a non essere stata devastata è ex somalia inglese .

    Non credo che gli italiani abbiano praticato una forma bonaria di colonialismo nel corno D’Africa l’esercito italiano non si faceva scrupoli nelle fucilazioni di massa e nell’impiego di armi chimiche e dei campi di concentramento.

    E poi se tali nazioni fossero rimaste ,nel dopoguerra ,colonie italiane come credi che si sareberrebero comportati gli italiani di fronte a una loro richiesta d’indipendenza ?

  28. Bravo riccardo ,anche se il tuo giudizio èun pò pesante,sono d’accordo con tè .

  29. Son 10 giorni che scavo, ho anche chiesto all’ANAS le macchine movimento terra, ma continuo a non trovarti

    Ma quanto sei sceso in basso?

    Non è che devo scavare fino in Cina per trovarti, magari poi ti becco con il libretto rosso dei pensierini di Mao??

  30. «Vi sono epoche nella storia, spesso concluse nel breve giro di mesi o di anni, che ardono da lontano di inestinguibile chiarore, come isolate da un cerchio di luce sull’opaca scena della storia del mondo. Recinti da questa magica cintura di fuoco uomini ed avvenimenti riappaiono con irreale lentezza e ricchezza di particolari come l’estremo profilarsi di costruzioni inghiottite da un incendio che divampa all’orizzonte in una notte serena. Sono le epoche cruciali, quelle in cui l’angelo della storia batte con le sue grandi ali a sollievo o a terrore dei popoli e in cui, nel volgere di pochi, turbinosi eventi, si decidono i destini delle civiltà».

    A. Romualdi, «Finis Europae«, in Le ultime ore dell’Europa, Ciarrapico, Roma, 1976.

  31. Perché amo l’Italia? Io amo l’Italia perché mia madre è italiana, perché il sangue che mi scorre nelle vene è italiano perché è italiana la terra dove son sepolti i morti che mia madre piange e che mio padre venera, perché la città dove son nato, la lingua che parlo, i libri che m’educano, perché mio fratello, mia sorella, i miei compagni, e il grande popolo in mezzo a cui vivo, e la bella natura che mi circonda, e tutto ciò che vedo, che amo, che studio, che ammiro, è italiano. Oh tu non puoi ancora sentirlo intero quest’affetto. Lo sentirai quando sarai un uomo, quando ritornando da un viaggio lungo, dopo una lunga assenza, e affacciandoti una mattina al parapetto del bastimento, vedrai all’orizzonte le grandi montagne azzurre del tuo paese; lo sentirai allora nell’onda impetuosa di tenerezza che t’empirà gli occhi di lagrime e ti strapperà un grido dal cuore. Lo sentirai in qualche grande città lontana, nell’impulso dell’anima che ti spingerà fra la folla sconosciuta verso un operaio sconosciuto dal quale avrai inteso passandogli accanto, una parola della tua lingua. Lo sentirai nello sdegno doloroso e superbo che ti getterà il sangue alla fronte, quando udrai ingiuriare il tuo paese dalla bocca d’uno straniero. Lo sentirai più violento e più altero il giorno in cui la minaccia d’un popolo nemico solleverà una tempesta di fuoco sulla tua patria, e vedrai fremere armi d’ogni parte, i giovani accorrere a legioni, i padri baciare i figli, dicendo: – Coraggio! – e le madri dire addio ai giovinetti, gridando: – Vincete!

    Edmondo De Amicis, «Cuore», L’amor di patria, Gennaio, 24, martedì.

    Sito: http://www.liberliber.it/biblioteca/d/de_amicis/cuore/html/

  32. Ahò, ma non ci andate in vacanza?

    L’anno prossimo vi faccio invitare dal silvio in costa smeralda…

    BARBONI!!! BENTROVATI!!!

    KDK

  33. “Vince sempre chi più crede, chi più a lungo sa patir…”

    Si, infatti, come il muro di berlino…

    Il mondo ha patito a lungo, ma alla fine il cancro del comunismo é stato eliminato dalla faccia dela terra, eslcuse poche eccezioni costituite da dittatori da operetta (ma che fucilano davvero) e nostalgici crapapelata che pur di non alzare la testa dal mare di merda ideologica in cui affogano da anni, mandano congratulazioni dopo le fucilazioni.

    Che dici, se crediamo e patiamo qualche altro anno, vinceremo anche contro questi?

    KDK

  34. Mi sembri un cosi’ bevuto di anticomunismo da non vedere bene qual’e’ il vero nemico odierno nell’ambito di quanto discusso in questo forum: ovvero, la dignita’ di un Italia degli italiani ed un Europa degli europei, libera dagli inghippi dell’imperialismo americano. Fai lo stesso sbaglio che fanno loro. Questo detto da un fascista. E dimmi un po’, l’alternativa da te sognata ai dittatori comunisti menzionati sono forse i campioni di democrazia come B.B.B. (Bush, Blair, Berlusconi)?

  35. Mi trovo d’accordo in molto in alcuni punti per altri invece ritengo sano masochismo pensare d’essere cosi colonizzati..una specie di ” andare a prendere il problema quando poi di fatto non c’e’…”

    Fossero tutti coerenti cosi’…

    vero ??

    Sk

  36. Io le mie alternative ce l’ho, e sono molto più vicine al berlusca di quanto non lo siano le promesse non mantenute in sei anni di governo dalla sinistra, e le fantasiose accuse di antidemocraticità a BBB da parte dell’antidemocratica, pseudosociale e neosocialista estrema destra.

    Riforme elettorali, rappresentatività diretta, premierato.

    Separazione delle carriere dei magistrati.

    Divieto di associazione politica per i magistrati, così come già avviene per i militari.

    Pubblici ministeri eletti dal popolo.

    Smilitarizzazione di carabinieri e guardia di finanza, ed unificazione delle tre forze di polizia.

    Educazione civica e storia seriamente insegnate nelle scuole.

    Vogliamo continuare?

    Il mio anticomunismo é molto più forte del mio antifascismo, solo perché almeno a voi ve l’hanno imposta la comprensione dei tragici errori dei vostri “antenati”, anche se come prezzo abbiamo dovuto pagare la santificazione della resistenza, la sua appropriazione da parte degli sciacalli comunisti, e la falsificazione dei libri di storia.

    Ai kompagni invece nessuno riesce a mettere in testa l’universale fallimento del komunismo e l’orrore di chi oggi ancora si lascia disconnettere il cervello dagli slogan e, pur di non dismettere l’ideologia marcia, é disposto a mandare bigliettini di congratulazione all’assassino di cuba.

    Voi avete perso, e ve lo hanno fatto capire.

    Loro hanno perso, e non lo capiranno mai. Con l’aggravante che hanno avuto la possibilità di sei anni di governo nazionale (e cinquanta di governi locali) per attuare tutte le loro barzellette sulla solidarietà, la giustizia, ed il benessere, ed invece si sono dimostrati PEGGIO DEI PEGGIORI democristi, socialisti, e pentapartitisti vari.

    E le tue alternative ai soliti BBB quali sono? Le teste rasate? I raduni a predappio?

    KDK

  37. …non avrà dimenticato qualcosa questo signore…?

    Ad occhio e croce non vedo alcuna maledizione, neanche un piccolo accidente, nemmeno un innocuo “mortacci tua”, ai responsabili di trecento milioni di morti a causa di 90 anni di falci e martelli…

  38. Troppo tardi, mio caro anonimo coprologo: quando leggo di te non riesco a trattenermi.

    Con buona pace di programmi politici e democrazia.

    KDK

  39. Chi fa la “cacca” nel mese di Gennaio, di Maggio si scopre!

    Un articolo del prof. Claudio Mutti, dedicato a certi “Antifascisti” che pretendono “fare la morale” ai “Fascisti, a proposito, sia dell’ “Anti-Americanismo” che della sacrosanta battaglia per la Libertà, l’Indipendenza, l’Autodeterminazione e la Sovranità politica, economica, culturale e militare per l’Italia, l’Europa ed il resto delle Nazioni del mondo.

    Bravo Mutti. A Roma direbbero: “Quanno ce vo’, ce vo’!”.

    Buona lettura…

    _________

    L’AMBLIMORO ANTIFASCISTA

    Claudio Mutti

    L’ossimoro, figura retorica che consiste nell’accostare in un’unica locuzione due parole esprimenti concetti contrari, è, come rivela l’etimo greco, una “acuta insensatezza” ( oxy moron ). Come esempi di ossimoro il Dizionario della lingua italiana di Devoto-Oli del 2000-2001 cita espressioni quali “ghiaccio bollente” o “convergenze parallele” (anche se quest’ultima potrebbe essere definita, più particolarmente, un… ossimoroteo) .

    Poi, però, vi sono anche dei casi in cui l’accostamento di due termini dal significato contrastante configura una insensatezza che non è affatto acuta, ma è, invece, decisamente ottusa, sicché un sintagma di tal genere lo potremmo battezzare, se ci fosse consentito l’ardire, con un neologismo di nostro conio: amblimoro ( ambly moron ), “ottusa insensatezza”.

    Così alla categoria degli amblimori si potrebbero assegnare sintagmi quali “antifascismo antimperialista”, “antifascismo e antimperialismo”, “antifascista e antimperialista”, “critica all’americanismo sulla base della tradizione antifascista” et similia .

    A parte gli scherzi, espressioni insensate come queste sono circolate recentemente, dopo che qualcuno ha lanciato l’idea di organizzare, a sostegno dell’Iraq, una manifestazione senza pregiudiziali ideologiche, dalla quale nessuno dovrebbe essere escluso sulla base del suo particolare orientamento politico.

    A taluni è parso scandaloso che non sia stata fissata, per la suddetta iniziativa, la condizione necessaria della professione di fede antifascista da parte degli aderenti, sicché si è cominciato a dire che una manifestazione politicamente ortodossa a sostegno dell’Iraq dovrebbe essere, al contempo, “antimperialista e antifascista”.

    Che l’accostamento dei due concetti configuri una contradictio in adiectis , per noi è lampante. Ma, a quanto pare, per molti non lo è affatto e quindi è necessario dimostrarlo, dati alla mano.

    Romolo Gobbi, che in un paio di pagine ha accennato alla storia delle posizioni americaniste del marxismo, da Marx fino all’alleanza sovietico-americana nella seconda guerra mondiale, fa notare che “all’inizio (…) la sinistra non poteva che essere americanista e fordista, in quanto fin dall’origine era stata industrialista; infatti fin dall’ Ideologia tedesca Marx e Engels avevano esaltato lo sviluppo dell’industria (…) E il marxista che volle realizzare il socialismo prima dello sviluppo generalizzato del capitalismo, Lenin, fu tanto più americanista e fordista (…)” (1).

    Effettivamente, uno dei massimi esponenti del pensiero marxista in Italia, il protoantifascista Antonio Gramsci, rivendicò al gruppo comunista dell’”Ordine Nuovo” (da lui fondato nel 1919 con Palmiro Togliatti e altri) il merito di aver sostenuto una “forma di ‘americanismo’ accetta alle masse operaie”. Per Gramsci esiste infatti un “nemico principale”, ed è, citiamo testualmente, “la tradizione”, la “civiltà europea (…), la vecchia ed anacronistica struttura sociale demografica europea” (2). Bisogna dunque ringraziare, dice, il “vecchio ceto plutocratico”, perché ha cercato di introdurre “una forma modernissima di produzione e di modo di lavorare quale è offerta dal tipo americano più perfezionato, l’industria di Enrico Ford” (3).

    E il ceto plutocratico, nella persona del senatore Agnelli, individuò prontamente i propri compagni di strada. Un autorevole chiosatore dei classici del marxismo, Felice Platone, ricorda infatti come il senatore Agnelli avesse fatto delle “ avances ” nei confronti del gruppo di Gramsci e di Togliatti, in nome di una pretesa “concordanza di interessi tra gli operai della grande industria e i capitalisti dell’industria stessa”. È lo stesso Gramsci, d’altronde, a parlare in maniera sintetica di un “finanziamento di Agnelli” e di “tentativi di Agnelli di assorbire il gruppo dell’’Ordine Nuovo’” (4).

    Non è stato comunque Gramsci né il primo né l’unico, tra i marxisti, a vedere nell’America il paesaggio ideale per l’edificazione di una società alternativa a quella europea, che purtroppo è “gravata da questa cappa di piombo” delle “tradizioni storiche e culturali” (5). È Gramsci stesso, infatti, a menzionare esplicitamente l’interesse di “Leone Davidovic” (cioè Lev Davidovic Braunstein, alias Trotzkij) per l’americanismo (6), le sue inchieste sull’ American way of life e sulla letteratura nordamericana.

    Questo interesse del pensiero marxista per l’americanismo è dovuto, spiega Gramsci, all’importanza e al significato del fenomeno americano, che è, tra l’altro, “il maggior sforzo collettivo verificatosi finora per creare con rapidità inaudita e con una coscienza del fine mai vista nella storia, un tipo nuovo di lavoratore e di uomo” (7). Le realizzazioni dell’americanismo hanno fatto nascere una sorta di complesso d’inferiorità nei marxisti, i quali proclamano per bocca di Gramsci che “l’antiamericanismo è comico, prima di essere stupido” (8).

    Abbiamo parlato, più sopra, di letteratura americana. Ebbene, una delle più significative manifestazioni di cultura antifascista avvenute durante il Ventennio fu quella che ebbe luogo nel 1942, con la pubblicazione dell’antologia Americana curata da Elio Vittorini per l’editore Bompiani. È stato detto a buon diritto che per Vittorini e per i compagni che lo affiancarono nell’iniziativa in qualità di traduttori (tutti più o meno gravitanti nell’orbita del Partito Comunista clandestino), “la letteratura americana contemporanea (…) diventò una sorta di bandiera; e fu anche o forse soprattutto come un implicito manifesto di fede antifascista che Vittorini concepì e realizzò la sua antologia. L’America doveva risultare anche per i lettori, come era per lui, una grande metafora di libertà e di futuro” (9).

    Ancora più esplicito, in quegli stessi anni, era l’americanismo di un antifascista d’altissimo rango: Palmiro Togliatti. Nei discorsi che il Migliore indirizzava da Radio Mosca agli ascoltatori italiani, è frequente una esaltazione degli Stati Uniti che a volte assume veri e propri accenti di misticismo. Ecco un breve ma significativo florilegio.

    8 agosto 1941. “E in realtà noi dobbiamo essere grati all’America non soltanto di aver dato lavoro per tanti decenni a tanti nostri fratelli, ma per il fatto che a questi uomini, che uscivano dalle tenebre di rapporti sociali quasi medioevali, ha fatto vedere e comprendere che cosa è un regime democratico moderno, che cosa è la libertà. (…) Mussolini e il fascismo (…) vorrebbero far credere al popolo italiano ch’esso ha nel popolo americano un nemico (…). Gli italiani che conoscono l’America dicano ai loro concittadini la verità. Dicano loro che il popolo degli Stati Uniti è amico dell’Italia, ma è nemico acerrimo di ogni tirannide (…) E gli italiani che amano il loro paese, che non sono e non vogliono essere servi di nessun dispotismo, hanno un nuovo motivo di riconoscenza verso il popolo degli Stati Uniti, dal quale viene oggi al popolo italiano non solo un nuovo incitamento a rompere le proprie catene, ma un così potente aiuto concreto” (10).

    2 gennaio 1942. “Ma da quella parte ci giunge per l’etere un’altra voce. È la voce del grande popolo americano. Nel suo accento maschio par di sentire il rombo di mille fabbriche che giorno e notte lavorano, senza posa, a forgiare cannoni, tank, aeroplani, munizioni. Un mese fa l’America fabbricava in un mese tanti aeroplani quanti la Germania e i suoi vassalli messi assieme. Tra poco ne fabbricherà due volte tanto. Trenta milioni di operai americani hanno giurato di non allentare il loro sforzo produttivo sino a che non saranno schiacciati i regimi fascisti di terrore, di violenza, di guerra. Buone prospettive, dunque, per l’anno nuovo” (11).

    Che la “Resistenza” antifascista sia stata un fenomeno di collaborazionismo al servizio dell’imperialismo angloamericano, è un dato di fatto, riconosciuto oggi anche dalla storiografia comunista “eretica”, cioè non allineata con la mitologia resistenziale. “L’accusa al movimento partigiano di essere inserito a pieno titolo nel fronte militare di guerra alleato ha avuto un evidente riscontro storico” (12), scrive ad esempio uno storico che ha redatto varie voci per l’ Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza . Già nel 1944, d’altronde, l’organo di un gruppo comunista scriveva: “Nate dallo sfacelo dell’esercito, le bande armate sono, obiettivamente e nelle intenzioni dei loro animatori, degli strumenti del meccanismo della guerra inglese” (13).

    Gli antifascisti badogliani, cattolici, liberali e socialdemocratici non hanno avuto, successivamente, troppe difficoltà ad ammettere il carattere collaborazionista della “Resistenza”, anche perché negli anni del dopoguerra i loro partiti continuarono ad essere subalterni alla politica statunitense e britannica e molti ex partigiani “bianchi” proseguirono la loro attività filoccidentale, magari nelle file del controspionaggio o della “Gladio”; comunisti e socialisti, invece, essendosi schierati con l’URSS nella situazione venutasi creare con la “guerra fredda”, cercarono di creare un’immagine patriottica della “Resistenza” e di attribuire all’azione partigiana il merito esclusivo della sconfitta nazifascista. Come se gli Angloamericani non fossero esistiti.

    Come se l’azione partigiana degli antifascisti non fosse stata appoggiata e finanziata dagli imperialisti occidentali.

    Nel Sud occupato, alcune formazioni dell’estrema sinistra si erano messe immediatamente a disposizione degl’invasori angloamericani. In Campania, ad esempio, era nato il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, che tra i suoi obiettivi immediati poneva quello di “aiutare gli angloamericani nella liberazione del rimanente territorio della penisola” (14). “Dopo aver accolto gli Alleati come liberatori, i socialisti rivoluzionari si erano incontrati a Salerno con il generale Clark chiedendo di poter assistere le truppe nel loro ingresso a Napoli ed avevano, inoltre, partecipato alle trattative per la costituzione dei Gruppi Combattenti Italia” (15).

    Al Nord, fin dal febbraio 1943 il Partito comunista, il Partito d’Azione, il Partito proletario per una repubblica socialista e il Partito socialista cristiano avevano preso contatto con l’OSS, il servizio segreto americano, tramite un agente di collegamento di prim’ordine: l’ingegner Adriano Olivetti, amico di Carlo Rosselli (16).

    La dipendenza, anche economica, dei partiti antifascisti del CLNAI dagli alti comandi angloamericani venne formalizzata con un documento di cinque pagine redatto in inglese, i cosiddetti Protocolli di Roma , che vennero firmati il 7 dicembre 1944 dal generale britannico Henry Maitland Wilson, comandante generale alleato nel Mediterraneo, e dai capi antifascisti: Alfredo Pizzoni (“Pietro Longhi”), Ferruccio Parri (“Maurizio”), Giancarlo Pajetta (“Mare”), Edgardo Sogno (“Mauri”).

    I partigiani si impegnano ad eseguire, nel corso del conflitto, tutti gli ordini degli Alleati; si impegnano a nominare come capo militare del Corpo Volontari della Libertà un ufficiale gradito agli Angloamericani; si impegnano ad eseguire qualunque ordine dopo la “liberazione” del territorio italiano. E il CLNAI, da parte sua, viene riconosciuto dagli Angloamericani come il solo governo, di fatto e di diritto, dell’Italia settentrionale.

    Al punto 5 del documento viene stabilito il finanziamento da destinare alle attività antifasciste, in questi termini testuali: “ During the period of enemy occupation in Northern Italy the utmost assistance will be given to the CLNAI in common with all other anti-fascist organisations, to meets the needs of their members who are engaged in opposing the enemy in occupied territory: a monthly contribution not exceeding 160 million lire will be made on the authority of the Supreme Allied Commander to meet the expenses of the CLNAI and all other anti-fascist organisations ”.

    Tradotto in italiano: gli imperialisti atlantici stanziano un finanziamento mensile di 160 milioni di lire (valore di allora) a favore dei collaborazionisti antifascisti, da ripartire in cinque regioni italiane nelle proporzioni seguenti: Liguria 20, Piemonte 60, Lombardia 25, Emilia 20, Veneto 35.

    Stipulando i Protocolli di Roma , dunque, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia subordina anche formalmente il movimento partigiano alla strategia militare angloamericana e lo mette, come scrive un autore comunista, “alle dirette dipendenze degli alleati” (17), mentre il Comando Volontari della Libertà viene riconosciuto come l’esecutore degli ordini del comandante in capo alleato.

    Ma lasciamo la parola a Renzo De Felice. “Gli accordi di Roma portarono alla Resistenza 160 milioni. Fu la salvezza. E Harold MacMillan, responsabile in loco della politica inglese nel Mediterraneo, poté scrivere nelle sue memorie il feroce e soddisfatto commento: ‘Chi paga il suonatore decide la musica’ “ (18).

    “Rompere con gli Alleati, per la Resistenza, era impossibile: sarebbe stata la catastrofe economica (lo stesso Parri in un suo Memoriale sull’unità della Resistenza , scritto nel 1972, ricorda che la prospettiva era quella di ‘chiudere bottega’)” (19)

    “Gli Alleati sapevano di avere in mano le carte migliori: la forza militare e gli aiuti economici. Se per mantenere un partigiano, alla fine del 1943, servivano mille lire, agli inizi del 1945 ne costava 3 mila e anche 8 mila, nelle zone più dispendiose. Insomma, la questione economica si era fatta politica. Un esercito così grande non poteva autofinanziarsi: le requisizioni, tassazioni forzate, colpi di rifornimento e cioè rapine, grassazioni, furti stavano compromettendo, in quel lungo inverno del ’44, l’immagine stessa del movimento sul territorio. Gli esiti sarebbero stati catastrofici. Bisognava razionalizzare il sistema di finanziamento al di là delle sovvenzioni degli industriali, che però man mano che il tempo passava avevano sempre più paura dei tedeschi, e degli aiuti dei servizi segreti inglesi e americani. Fu questo il capolavoro di Pizzoni. I soldi degli Alleati arrivavano a Milano dal Sud passando per la Svizzera” (20).

    Nel 1944, davanti allo spettacolo di un’estrema sinistra stipendiata dagli angloamericani, il fascista repubblicano Stanis Ruinas si rivolgeva così ad un suo vecchio amico, che dal fascismo antiborghese era approdato al comunismo: “A costo di passare per un ingenuo, confesso di non comprendere come degli uomini che si proclamano rivoluzionari – socialisti comunisti anarchici – e che per i loro ideali han sofferto la galera e l’esilio, possano plaudire all’Inghilterra plutocratica e all’America trustistica che in nome della democrazia e della libertà democratica devastano l’Europa. Intuisco in anticipo la tua risposta. Da rivoluzionario non ami Hitler e non hai fiducia in Mussolini. E va bene. Ma come fai ad avere fiducia nell’Inghilterra imperialista che ha tradito la Persia, schiacciato le repubbliche boere, oppresso per tanto tempo l’India e l’Egitto, e si arroga il diritto di proteggere e dirigere tanti popoli degni di libertà? (…) Come fai a conciliare i tuoi ideali rivoluzionari con quelli di Churchill e di Roosevelt?” (21).

    Grazie a Dio, ben presto il Maresciallo Stalin li avrebbe costretti, questi “uomini che si proclamano rivoluzionari”, a rinnegare la loro fiducia nell’”Inghilterra plutocratica” e nell’”America trustistica”. Ma quelli, tra i loro figli e nipoti, che oggi salgono in cattedra a impartire lezioni di antimperialismo, ad esigere credenziali e ad imporre pregiudiziali, farebbero bene a studiare la storia della loro famiglia e a rifletterci sopra. E se proprio non vogliono decretare la damnatio memoriae per quei loro antenati che in un certo periodo hanno eseguito la musica scelta da chi li pagava in dollari e in sterline, almeno ci risparmino l’ottusa insensatezza dell’”imperialismo antifascista”.

    (1) Romolo Gobbi, America contro Europa. L’antieuropeismo degli americani dalle origini ai giorni nostri , MB Publishing, Milano 2002, p. 10.

    (2) Antonio Gramsci, Americanismo e fordismo , Universale Economica, Milano 1950, pp. 20-21. Le pagine di Gramsci raccolte in questa edizione corrispondono al Quaderno 22 (V) 1934 dei Quaderni del carcere .

    (3) Op. cit., p. 20.

    (4) Op. cit., p. 18. La nota del Curatore, Felice Platone, è a pié di pagina.

    (5) Op. cit., p. 25.

    (6) Op. cit., p. 42. Sui rapporti di Trotzkij con l’usurocrazia statunitense cfr. Pierre Saint-Charles, Banchieri e bolscevichi , in: Henri Coston (a cura di), L’alta finanza e le rivoluzioni , Edizioni di Ar, Padova 1971, pp. 41-50.

    (7) Op. cit., ibidem.

    (8) Op. cit., p. 62.

    (9) Giovanni Raboni, E un giorno la sinistra si risvegliò americana. Sessant’anni fa la mitica antologia di Vittorini smontò l’idea fascista sugli Usa “Impero del Male” , “Corriere della Sera”, 24 settembre 2002, p. 35.

    (10) Mario Correnti (Palmiro Togliatti), Discorsi agli italiani , Società Editrice L’Unità, Roma 1943, pp. 40-42.

    (11) Op. cit., p. 93.

    (12) Arturo Peregalli, L’altra Resistenza. Il PCI e le opposizioni di sinistra. 1943-1945 , Graphos, Genova 1991, p. 356.

    (13) Sulla via giusta , “Prometeo”, 4, 1 febbraio 1944.

    (14) Arturo Peregalli, op. cit., p. 130.

    (15) Ibidem.

    (16) “Somiglia a Rosselli anche fisicamente, forse perché è mezzo ebreo, da parte di padre” – scrisse nel suo rapporto l’informatore dell’OSS che incontrò Olivetti nei pressi di Berna. Cfr. Ennio Caretto e Bruno Marolo, Made in USA. Le origini americane della Repubblica Italiana , Rizzoli, Milano 1996, p. 58 ss.

    (17) Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione , vol. IV, Savelli, Roma 1976, p. 166.

    (18) Renzo De Felice, Rosso e N ero, Baldini & Castoldi, Milano 1995, p. 88.

    (19) Renzo De Felice, op. cit., pp. 84-85.

    (20) Renzo De Felice, op. cit., pp. 95-96.

    (21) Stanis Ruinas, Lettere a un rivoluzionario , cit. in: Paolo Buchignani, Fascisti rossi. Da Salò al PCI, la storia sconosciuta di una migrazione politica 1943-1953 , Mondadori, Milano 1998, pp. 21-22.

  40. Chi fa la “cacca” nella neve di Gennaio, di Maggio si scopre!

    Un articolo del prof. Claudio Mutti: da leggere e meditare.

    Dedicato, soprattutto, a quegli “Antifascisti” che, ancora oggi, tentano di “fare la morale” ai Fascisti, a proposito, sia dell’ “Anti-Americanismo” che della sacrosanta battaglia per la Libertà, l’Indipendenza, l’Autodeterminazione e la Sovranità politica, economica, culturale e militare per l’Italia, l’Europa ed il resto delle Nazioni del mondo.

    Bravo Mutti. A Roma direbbero: “Quanno ce vo’, ce vo’!”.

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    L’AMBLIMORO ANTIFASCISTA

    Claudio Mutti

    L’ossimoro, figura retorica che consiste nell’accostare in un’unica locuzione due parole esprimenti concetti contrari, è, come rivela l’etimo greco, una “acuta insensatezza” ( oxy moron ). Come esempi di ossimoro il Dizionario della lingua italiana di Devoto-Oli del 2000-2001 cita espressioni quali “ghiaccio bollente” o “convergenze parallele” (anche se quest’ultima potrebbe essere definita, più particolarmente, un… ossimoroteo) .

    Poi, però, vi sono anche dei casi in cui l’accostamento di due termini dal significato contrastante configura una insensatezza che non è affatto acuta, ma è, invece, decisamente ottusa, sicché un sintagma di tal genere lo potremmo battezzare, se ci fosse consentito l’ardire, con un neologismo di nostro conio: amblimoro ( ambly moron ), “ottusa insensatezza”.

    Così alla categoria degli amblimori si potrebbero assegnare sintagmi quali “antifascismo antimperialista”, “antifascismo e antimperialismo”, “antifascista e antimperialista”, “critica all’americanismo sulla base della tradizione antifascista” et similia .

    A parte gli scherzi, espressioni insensate come queste sono circolate recentemente, dopo che qualcuno ha lanciato l’idea di organizzare, a sostegno dell’Iraq, una manifestazione senza pregiudiziali ideologiche, dalla quale nessuno dovrebbe essere escluso sulla base del suo particolare orientamento politico.

    A taluni è parso scandaloso che non sia stata fissata, per la suddetta iniziativa, la condizione necessaria della professione di fede antifascista da parte degli aderenti, sicché si è cominciato a dire che una manifestazione politicamente ortodossa a sostegno dell’Iraq dovrebbe essere, al contempo, “antimperialista e antifascista”.

    Che l’accostamento dei due concetti configuri una contradictio in adiectis , per noi è lampante. Ma, a quanto pare, per molti non lo è affatto e quindi è necessario dimostrarlo, dati alla mano.

    Romolo Gobbi, che in un paio di pagine ha accennato alla storia delle posizioni americaniste del marxismo, da Marx fino all’alleanza sovietico-americana nella seconda guerra mondiale, fa notare che “all’inizio (…) la sinistra non poteva che essere americanista e fordista, in quanto fin dall’origine era stata industrialista; infatti fin dall’ Ideologia tedesca Marx e Engels avevano esaltato lo sviluppo dell’industria (…) E il marxista che volle realizzare il socialismo prima dello sviluppo generalizzato del capitalismo, Lenin, fu tanto più americanista e fordista (…)” (1).

    Effettivamente, uno dei massimi esponenti del pensiero marxista in Italia, il protoantifascista Antonio Gramsci, rivendicò al gruppo comunista dell’”Ordine Nuovo” (da lui fondato nel 1919 con Palmiro Togliatti e altri) il merito di aver sostenuto una “forma di ‘americanismo’ accetta alle masse operaie”. Per Gramsci esiste infatti un “nemico principale”, ed è, citiamo testualmente, “la tradizione”, la “civiltà europea (…), la vecchia ed anacronistica struttura sociale demografica europea” (2). Bisogna dunque ringraziare, dice, il “vecchio ceto plutocratico”, perché ha cercato di introdurre “una forma modernissima di produzione e di modo di lavorare quale è offerta dal tipo americano più perfezionato, l’industria di Enrico Ford” (3).

    E il ceto plutocratico, nella persona del senatore Agnelli, individuò prontamente i propri compagni di strada. Un autorevole chiosatore dei classici del marxismo, Felice Platone, ricorda infatti come il senatore Agnelli avesse fatto delle “ avances ” nei confronti del gruppo di Gramsci e di Togliatti, in nome di una pretesa “concordanza di interessi tra gli operai della grande industria e i capitalisti dell’industria stessa”. È lo stesso Gramsci, d’altronde, a parlare in maniera sintetica di un “finanziamento di Agnelli” e di “tentativi di Agnelli di assorbire il gruppo dell’’Ordine Nuovo’” (4).

    Non è stato comunque Gramsci né il primo né l’unico, tra i marxisti, a vedere nell’America il paesaggio ideale per l’edificazione di una società alternativa a quella europea, che purtroppo è “gravata da questa cappa di piombo” delle “tradizioni storiche e culturali” (5). È Gramsci stesso, infatti, a menzionare esplicitamente l’interesse di “Leone Davidovic” (cioè Lev Davidovic Braunstein, alias Trotzkij) per l’americanismo (6), le sue inchieste sull’ American way of life e sulla letteratura nordamericana.

    Questo interesse del pensiero marxista per l’americanismo è dovuto, spiega Gramsci, all’importanza e al significato del fenomeno americano, che è, tra l’altro, “il maggior sforzo collettivo verificatosi finora per creare con rapidità inaudita e con una coscienza del fine mai vista nella storia, un tipo nuovo di lavoratore e di uomo” (7). Le realizzazioni dell’americanismo hanno fatto nascere una sorta di complesso d’inferiorità nei marxisti, i quali proclamano per bocca di Gramsci che “l’antiamericanismo è comico, prima di essere stupido” (8).

    Abbiamo parlato, più sopra, di letteratura americana. Ebbene, una delle più significative manifestazioni di cultura antifascista avvenute durante il Ventennio fu quella che ebbe luogo nel 1942, con la pubblicazione dell’antologia Americana curata da Elio Vittorini per l’editore Bompiani. È stato detto a buon diritto che per Vittorini e per i compagni che lo affiancarono nell’iniziativa in qualità di traduttori (tutti più o meno gravitanti nell’orbita del Partito Comunista clandestino), “la letteratura americana contemporanea (…) diventò una sorta di bandiera; e fu anche o forse soprattutto come un implicito manifesto di fede antifascista che Vittorini concepì e realizzò la sua antologia. L’America doveva risultare anche per i lettori, come era per lui, una grande metafora di libertà e di futuro” (9).

    Ancora più esplicito, in quegli stessi anni, era l’americanismo di un antifascista d’altissimo rango: Palmiro Togliatti. Nei discorsi che il Migliore indirizzava da Radio Mosca agli ascoltatori italiani, è frequente una esaltazione degli Stati Uniti che a volte assume veri e propri accenti di misticismo. Ecco un breve ma significativo florilegio.

    8 agosto 1941. “E in realtà noi dobbiamo essere grati all’America non soltanto di aver dato lavoro per tanti decenni a tanti nostri fratelli, ma per il fatto che a questi uomini, che uscivano dalle tenebre di rapporti sociali quasi medioevali, ha fatto vedere e comprendere che cosa è un regime democratico moderno, che cosa è la libertà. (…) Mussolini e il fascismo (…) vorrebbero far credere al popolo italiano ch’esso ha nel popolo americano un nemico (…). Gli italiani che conoscono l’America dicano ai loro concittadini la verità. Dicano loro che il popolo degli Stati Uniti è amico dell’Italia, ma è nemico acerrimo di ogni tirannide (…) E gli italiani che amano il loro paese, che non sono e non vogliono essere servi di nessun dispotismo, hanno un nuovo motivo di riconoscenza verso il popolo degli Stati Uniti, dal quale viene oggi al popolo italiano non solo un nuovo incitamento a rompere le proprie catene, ma un così potente aiuto concreto” (10).

    2 gennaio 1942. “Ma da quella parte ci giunge per l’etere un’altra voce. È la voce del grande popolo americano. Nel suo accento maschio par di sentire il rombo di mille fabbriche che giorno e notte lavorano, senza posa, a forgiare cannoni, tank, aeroplani, munizioni. Un mese fa l’America fabbricava in un mese tanti aeroplani quanti la Germania e i suoi vassalli messi assieme. Tra poco ne fabbricherà due volte tanto. Trenta milioni di operai americani hanno giurato di non allentare il loro sforzo produttivo sino a che non saranno schiacciati i regimi fascisti di terrore, di violenza, di guerra. Buone prospettive, dunque, per l’anno nuovo” (11).

    Che la “Resistenza” antifascista sia stata un fenomeno di collaborazionismo al servizio dell’imperialismo angloamericano, è un dato di fatto, riconosciuto oggi anche dalla storiografia comunista “eretica”, cioè non allineata con la mitologia resistenziale. “L’accusa al movimento partigiano di essere inserito a pieno titolo nel fronte militare di guerra alleato ha avuto un evidente riscontro storico” (12), scrive ad esempio uno storico che ha redatto varie voci per l’ Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza . Già nel 1944, d’altronde, l’organo di un gruppo comunista scriveva: “Nate dallo sfacelo dell’esercito, le bande armate sono, obiettivamente e nelle intenzioni dei loro animatori, degli strumenti del meccanismo della guerra inglese” (13).

    Gli antifascisti badogliani, cattolici, liberali e socialdemocratici non hanno avuto, successivamente, troppe difficoltà ad ammettere il carattere collaborazionista della “Resistenza”, anche perché negli anni del dopoguerra i loro partiti continuarono ad essere subalterni alla politica statunitense e britannica e molti ex partigiani “bianchi” proseguirono la loro attività filoccidentale, magari nelle file del controspionaggio o della “Gladio”; comunisti e socialisti, invece, essendosi schierati con l’URSS nella situazione venutasi creare con la “guerra fredda”, cercarono di creare un’immagine patriottica della “Resistenza” e di attribuire all’azione partigiana il merito esclusivo della sconfitta nazifascista. Come se gli Angloamericani non fossero esistiti.

    Come se l’azione partigiana degli antifascisti non fosse stata appoggiata e finanziata dagli imperialisti occidentali.

    Nel Sud occupato, alcune formazioni dell’estrema sinistra si erano messe immediatamente a disposizione degl’invasori angloamericani. In Campania, ad esempio, era nato il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, che tra i suoi obiettivi immediati poneva quello di “aiutare gli angloamericani nella liberazione del rimanente territorio della penisola” (14). “Dopo aver accolto gli Alleati come liberatori, i socialisti rivoluzionari si erano incontrati a Salerno con il generale Clark chiedendo di poter assistere le truppe nel loro ingresso a Napoli ed avevano, inoltre, partecipato alle trattative per la costituzione dei Gruppi Combattenti Italia” (15).

    Al Nord, fin dal febbraio 1943 il Partito comunista, il Partito d’Azione, il Partito proletario per una repubblica socialista e il Partito socialista cristiano avevano preso contatto con l’OSS, il servizio segreto americano, tramite un agente di collegamento di prim’ordine: l’ingegner Adriano Olivetti, amico di Carlo Rosselli (16).

    La dipendenza, anche economica, dei partiti antifascisti del CLNAI dagli alti comandi angloamericani venne formalizzata con un documento di cinque pagine redatto in inglese, i cosiddetti Protocolli di Roma , che vennero firmati il 7 dicembre 1944 dal generale britannico Henry Maitland Wilson, comandante generale alleato nel Mediterraneo, e dai capi antifascisti: Alfredo Pizzoni (“Pietro Longhi”), Ferruccio Parri (“Maurizio”), Giancarlo Pajetta (“Mare”), Edgardo Sogno (“Mauri”).

    I partigiani si impegnano ad eseguire, nel corso del conflitto, tutti gli ordini degli Alleati; si impegnano a nominare come capo militare del Corpo Volontari della Libertà un ufficiale gradito agli Angloamericani; si impegnano ad eseguire qualunque ordine dopo la “liberazione” del territorio italiano. E il CLNAI, da parte sua, viene riconosciuto dagli Angloamericani come il solo governo, di fatto e di diritto, dell’Italia settentrionale.

    Al punto 5 del documento viene stabilito il finanziamento da destinare alle attività antifasciste, in questi termini testuali: “ During the period of enemy occupation in Northern Italy the utmost assistance will be given to the CLNAI in common with all other anti-fascist organisations, to meets the needs of their members who are engaged in opposing the enemy in occupied territory: a monthly contribution not exceeding 160 million lire will be made on the authority of the Supreme Allied Commander to meet the expenses of the CLNAI and all other anti-fascist organisations ”.

    Tradotto in italiano: gli imperialisti atlantici stanziano un finanziamento mensile di 160 milioni di lire (valore di allora) a favore dei collaborazionisti antifascisti, da ripartire in cinque regioni italiane nelle proporzioni seguenti: Liguria 20, Piemonte 60, Lombardia 25, Emilia 20, Veneto 35.

    Stipulando i Protocolli di Roma , dunque, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia subordina anche formalmente il movimento partigiano alla strategia militare angloamericana e lo mette, come scrive un autore comunista, “alle dirette dipendenze degli alleati” (17), mentre il Comando Volontari della Libertà viene riconosciuto come l’esecutore degli ordini del comandante in capo alleato.

    Ma lasciamo la parola a Renzo De Felice. “Gli accordi di Roma portarono alla Resistenza 160 milioni. Fu la salvezza. E Harold MacMillan, responsabile in loco della politica inglese nel Mediterraneo, poté scrivere nelle sue memorie il feroce e soddisfatto commento: ‘Chi paga il suonatore decide la musica’ “ (18).

    “Rompere con gli Alleati, per la Resistenza, era impossibile: sarebbe stata la catastrofe economica (lo stesso Parri in un suo Memoriale sull’unità della Resistenza , scritto nel 1972, ricorda che la prospettiva era quella di ‘chiudere bottega’)” (19)

    “Gli Alleati sapevano di avere in mano le carte migliori: la forza militare e gli aiuti economici. Se per mantenere un partigiano, alla fine del 1943, servivano mille lire, agli inizi del 1945 ne costava 3 mila e anche 8 mila, nelle zone più dispendiose. Insomma, la questione economica si era fatta politica. Un esercito così grande non poteva autofinanziarsi: le requisizioni, tassazioni forzate, colpi di rifornimento e cioè rapine, grassazioni, furti stavano compromettendo, in quel lungo inverno del ’44, l’immagine stessa del movimento sul territorio. Gli esiti sarebbero stati catastrofici. Bisognava razionalizzare il sistema di finanziamento al di là delle sovvenzioni degli industriali, che però man mano che il tempo passava avevano sempre più paura dei tedeschi, e degli aiuti dei servizi segreti inglesi e americani. Fu questo il capolavoro di Pizzoni. I soldi degli Alleati arrivavano a Milano dal Sud passando per la Svizzera” (20).

    Nel 1944, davanti allo spettacolo di un’estrema sinistra stipendiata dagli angloamericani, il fascista repubblicano Stanis Ruinas si rivolgeva così ad un suo vecchio amico, che dal fascismo antiborghese era approdato al comunismo: “A costo di passare per un ingenuo, confesso di non comprendere come degli uomini che si proclamano rivoluzionari – socialisti comunisti anarchici – e che per i loro ideali han sofferto la galera e l’esilio, possano plaudire all’Inghilterra plutocratica e all’America trustistica che in nome della democrazia e della libertà democratica devastano l’Europa. Intuisco in anticipo la tua risposta. Da rivoluzionario non ami Hitler e non hai fiducia in Mussolini. E va bene. Ma come fai ad avere fiducia nell’Inghilterra imperialista che ha tradito la Persia, schiacciato le repubbliche boere, oppresso per tanto tempo l’India e l’Egitto, e si arroga il diritto di proteggere e dirigere tanti popoli degni di libertà? (…) Come fai a conciliare i tuoi ideali rivoluzionari con quelli di Churchill e di Roosevelt?” (21).

    Grazie a Dio, ben presto il Maresciallo Stalin li avrebbe costretti, questi “uomini che si proclamano rivoluzionari”, a rinnegare la loro fiducia nell’”Inghilterra plutocratica” e nell’”America trustistica”. Ma quelli, tra i loro figli e nipoti, che oggi salgono in cattedra a impartire lezioni di antimperialismo, ad esigere credenziali e ad imporre pregiudiziali, farebbero bene a studiare la storia della loro famiglia e a rifletterci sopra. E se proprio non vogliono decretare la damnatio memoriae per quei loro antenati che in un certo periodo hanno eseguito la musica scelta da chi li pagava in dollari e in sterline, almeno ci risparmino l’ottusa insensatezza dell’”imperialismo antifascista”.

    (1) Romolo Gobbi, America contro Europa. L’antieuropeismo degli americani dalle origini ai giorni nostri , MB Publishing, Milano 2002, p. 10.

    (2) Antonio Gramsci, Americanismo e fordismo , Universale Economica, Milano 1950, pp. 20-21. Le pagine di Gramsci raccolte in questa edizione corrispondono al Quaderno 22 (V) 1934 dei Quaderni del carcere .

    (3) Op. cit., p. 20.

    (4) Op. cit., p. 18. La nota del Curatore, Felice Platone, è a pié di pagina.

    (5) Op. cit., p. 25.

    (6) Op. cit., p. 42. Sui rapporti di Trotzkij con l’usurocrazia statunitense cfr. Pierre Saint-Charles, Banchieri e bolscevichi , in: Henri Coston (a cura di), L’alta finanza e le rivoluzioni , Edizioni di Ar, Padova 1971, pp. 41-50.

    (7) Op. cit., ibidem.

    (8) Op. cit., p. 62.

    (9) Giovanni Raboni, E un giorno la sinistra si risvegliò americana. Sessant’anni fa la mitica antologia di Vittorini smontò l’idea fascista sugli Usa “Impero del Male” , “Corriere della Sera”, 24 settembre 2002, p. 35.

    (10) Mario Correnti (Palmiro Togliatti), Discorsi agli italiani , Società Editrice L’Unità, Roma 1943, pp. 40-42.

    (11) Op. cit., p. 93.

    (12) Arturo Peregalli, L’altra Resistenza. Il PCI e le opposizioni di sinistra. 1943-1945 , Graphos, Genova 1991, p. 356.

    (13) Sulla via giusta , “Prometeo”, 4, 1 febbraio 1944.

    (14) Arturo Peregalli, op. cit., p. 130.

    (15) Ibidem.

    (16) “Somiglia a Rosselli anche fisicamente, forse perché è mezzo ebreo, da parte di padre” – scrisse nel suo rapporto l’informatore dell’OSS che incontrò Olivetti nei pressi di Berna. Cfr. Ennio Caretto e Bruno Marolo, Made in USA. Le origini americane della Repubblica Italiana , Rizzoli, Milano 1996, p. 58 ss.

    (17) Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione , vol. IV, Savelli, Roma 1976, p. 166.

    (18) Renzo De Felice, Rosso e N ero, Baldini & Castoldi, Milano 1995, p. 88.

    (19) Renzo De Felice, op. cit., pp. 84-85.

    (20) Renzo De Felice, op. cit., pp. 95-96.

    (21) Stanis Ruinas, Lettere a un rivoluzionario , cit. in: Paolo Buchignani, Fascisti rossi. Da Salò al PCI, la storia sconosciuta di una migrazione politica 1943-1953 , Mondadori, Milano 1998, pp. 21-22.

  41. Chi fa la “cacca” nella neve di Gennaio, di Maggio si scopre!

    Un articolo del prof. Claudio Mutti: da leggere e meditare.

    Dedicato, sprattutto, a quegli “Antifascisti” che, ancora oggi, tentano di “fare la morale” ai Fascisti, a proposito, sia dell’ “Anti-Americanismo” che della sacrosanta battaglia per la Libertà, l’Indipendenza, l’Autodeterminazione e la Sovranità politica, economica, culturale e militare per l’Italia, l’Europa ed il resto delle Nazioni del mondo.

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    L’AMBLIMORO ANTIFASCISTA

    Claudio Mutti

    L’ossimoro, figura retorica che consiste nell’accostare in un’unica locuzione due parole esprimenti concetti contrari, è, come rivela l’etimo greco, una “acuta insensatezza” ( oxy moron ). Come esempi di ossimoro il Dizionario della lingua italiana di Devoto-Oli del 2000-2001 cita espressioni quali “ghiaccio bollente” o “convergenze parallele” (anche se quest’ultima potrebbe essere definita, più particolarmente, un… ossimoroteo) .

    Poi, però, vi sono anche dei casi in cui l’accostamento di due termini dal significato contrastante configura una insensatezza che non è affatto acuta, ma è, invece, decisamente ottusa, sicché un sintagma di tal genere lo potremmo battezzare, se ci fosse consentito l’ardire, con un neologismo di nostro conio: amblimoro ( ambly moron ), “ottusa insensatezza”.

    Così alla categoria degli amblimori si potrebbero assegnare sintagmi quali “antifascismo antimperialista”, “antifascismo e antimperialismo”, “antifascista e antimperialista”, “critica all’americanismo sulla base della tradizione antifascista” et similia .

    A parte gli scherzi, espressioni insensate come queste sono circolate recentemente, dopo che qualcuno ha lanciato l’idea di organizzare, a sostegno dell’Iraq, una manifestazione senza pregiudiziali ideologiche, dalla quale nessuno dovrebbe essere escluso sulla base del suo particolare orientamento politico.

    A taluni è parso scandaloso che non sia stata fissata, per la suddetta iniziativa, la condizione necessaria della professione di fede antifascista da parte degli aderenti, sicché si è cominciato a dire che una manifestazione politicamente ortodossa a sostegno dell’Iraq dovrebbe essere, al contempo, “antimperialista e antifascista”.

    Che l’accostamento dei due concetti configuri una contradictio in adiectis , per noi è lampante. Ma, a quanto pare, per molti non lo è affatto e quindi è necessario dimostrarlo, dati alla mano.

    Romolo Gobbi, che in un paio di pagine ha accennato alla storia delle posizioni americaniste del marxismo, da Marx fino all’alleanza sovietico-americana nella seconda guerra mondiale, fa notare che “all’inizio (…) la sinistra non poteva che essere americanista e fordista, in quanto fin dall’origine era stata industrialista; infatti fin dall’ Ideologia tedesca Marx e Engels avevano esaltato lo sviluppo dell’industria (…) E il marxista che volle realizzare il socialismo prima dello sviluppo generalizzato del capitalismo, Lenin, fu tanto più americanista e fordista (…)” (1).

    Effettivamente, uno dei massimi esponenti del pensiero marxista in Italia, il protoantifascista Antonio Gramsci, rivendicò al gruppo comunista dell’”Ordine Nuovo” (da lui fondato nel 1919 con Palmiro Togliatti e altri) il merito di aver sostenuto una “forma di ‘americanismo’ accetta alle masse operaie”. Per Gramsci esiste infatti un “nemico principale”, ed è, citiamo testualmente, “la tradizione”, la “civiltà europea (…), la vecchia ed anacronistica struttura sociale demografica europea” (2). Bisogna dunque ringraziare, dice, il “vecchio ceto plutocratico”, perché ha cercato di introdurre “una forma modernissima di produzione e di modo di lavorare quale è offerta dal tipo americano più perfezionato, l’industria di Enrico Ford” (3).

    E il ceto plutocratico, nella persona del senatore Agnelli, individuò prontamente i propri compagni di strada. Un autorevole chiosatore dei classici del marxismo, Felice Platone, ricorda infatti come il senatore Agnelli avesse fatto delle “ avances ” nei confronti del gruppo di Gramsci e di Togliatti, in nome di una pretesa “concordanza di interessi tra gli operai della grande industria e i capitalisti dell’industria stessa”. È lo stesso Gramsci, d’altronde, a parlare in maniera sintetica di un “finanziamento di Agnelli” e di “tentativi di Agnelli di assorbire il gruppo dell’’Ordine Nuovo’” (4).

    Non è stato comunque Gramsci né il primo né l’unico, tra i marxisti, a vedere nell’America il paesaggio ideale per l’edificazione di una società alternativa a quella europea, che purtroppo è “gravata da questa cappa di piombo” delle “tradizioni storiche e culturali” (5). È Gramsci stesso, infatti, a menzionare esplicitamente l’interesse di “Leone Davidovic” (cioè Lev Davidovic Braunstein, alias Trotzkij) per l’americanismo (6), le sue inchieste sull’ American way of life e sulla letteratura nordamericana.

    Questo interesse del pensiero marxista per l’americanismo è dovuto, spiega Gramsci, all’importanza e al significato del fenomeno americano, che è, tra l’altro, “il maggior sforzo collettivo verificatosi finora per creare con rapidità inaudita e con una coscienza del fine mai vista nella storia, un tipo nuovo di lavoratore e di uomo” (7). Le realizzazioni dell’americanismo hanno fatto nascere una sorta di complesso d’inferiorità nei marxisti, i quali proclamano per bocca di Gramsci che “l’antiamericanismo è comico, prima di essere stupido” (8).

    Abbiamo parlato, più sopra, di letteratura americana. Ebbene, una delle più significative manifestazioni di cultura antifascista avvenute durante il Ventennio fu quella che ebbe luogo nel 1942, con la pubblicazione dell’antologia Americana curata da Elio Vittorini per l’editore Bompiani. È stato detto a buon diritto che per Vittorini e per i compagni che lo affiancarono nell’iniziativa in qualità di traduttori (tutti più o meno gravitanti nell’orbita del Partito Comunista clandestino), “la letteratura americana contemporanea (…) diventò una sorta di bandiera; e fu anche o forse soprattutto come un implicito manifesto di fede antifascista che Vittorini concepì e realizzò la sua antologia. L’America doveva risultare anche per i lettori, come era per lui, una grande metafora di libertà e di futuro” (9).

    Ancora più esplicito, in quegli stessi anni, era l’americanismo di un antifascista d’altissimo rango: Palmiro Togliatti. Nei discorsi che il Migliore indirizzava da Radio Mosca agli ascoltatori italiani, è frequente una esaltazione degli Stati Uniti che a volte assume veri e propri accenti di misticismo. Ecco un breve ma significativo florilegio.

    8 agosto 1941. “E in realtà noi dobbiamo essere grati all’America non soltanto di aver dato lavoro per tanti decenni a tanti nostri fratelli, ma per il fatto che a questi uomini, che uscivano dalle tenebre di rapporti sociali quasi medioevali, ha fatto vedere e comprendere che cosa è un regime democratico moderno, che cosa è la libertà. (…) Mussolini e il fascismo (…) vorrebbero far credere al popolo italiano ch’esso ha nel popolo americano un nemico (…). Gli italiani che conoscono l’America dicano ai loro concittadini la verità. Dicano loro che il popolo degli Stati Uniti è amico dell’Italia, ma è nemico acerrimo di ogni tirannide (…) E gli italiani che amano il loro paese, che non sono e non vogliono essere servi di nessun dispotismo, hanno un nuovo motivo di riconoscenza verso il popolo degli Stati Uniti, dal quale viene oggi al popolo italiano non solo un nuovo incitamento a rompere le proprie catene, ma un così potente aiuto concreto” (10).

    2 gennaio 1942. “Ma da quella parte ci giunge per l’etere un’altra voce. È la voce del grande popolo americano. Nel suo accento maschio par di sentire il rombo di mille fabbriche che giorno e notte lavorano, senza posa, a forgiare cannoni, tank, aeroplani, munizioni. Un mese fa l’America fabbricava in un mese tanti aeroplani quanti la Germania e i suoi vassalli messi assieme. Tra poco ne fabbricherà due volte tanto. Trenta milioni di operai americani hanno giurato di non allentare il loro sforzo produttivo sino a che non saranno schiacciati i regimi fascisti di terrore, di violenza, di guerra. Buone prospettive, dunque, per l’anno nuovo” (11).

    Che la “Resistenza” antifascista sia stata un fenomeno di collaborazionismo al servizio dell’imperialismo angloamericano, è un dato di fatto, riconosciuto oggi anche dalla storiografia comunista “eretica”, cioè non allineata con la mitologia resistenziale. “L’accusa al movimento partigiano di essere inserito a pieno titolo nel fronte militare di guerra alleato ha avuto un evidente riscontro storico” (12), scrive ad esempio uno storico che ha redatto varie voci per l’ Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza . Già nel 1944, d’altronde, l’organo di un gruppo comunista scriveva: “Nate dallo sfacelo dell’esercito, le bande armate sono, obiettivamente e nelle intenzioni dei loro animatori, degli strumenti del meccanismo della guerra inglese” (13).

    Gli antifascisti badogliani, cattolici, liberali e socialdemocratici non hanno avuto, successivamente, troppe difficoltà ad ammettere il carattere collaborazionista della “Resistenza”, anche perché negli anni del dopoguerra i loro partiti continuarono ad essere subalterni alla politica statunitense e britannica e molti ex partigiani “bianchi” proseguirono la loro attività filoccidentale, magari nelle file del controspionaggio o della “Gladio”; comunisti e socialisti, invece, essendosi schierati con l’URSS nella situazione venutasi creare con la “guerra fredda”, cercarono di creare un’immagine patriottica della “Resistenza” e di attribuire all’azione partigiana il merito esclusivo della sconfitta nazifascista. Come se gli Angloamericani non fossero esistiti.

    Come se l’azione partigiana degli antifascisti non fosse stata appoggiata e finanziata dagli imperialisti occidentali.

    Nel Sud occupato, alcune formazioni dell’estrema sinistra si erano messe immediatamente a disposizione degl’invasori angloamericani. In Campania, ad esempio, era nato il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, che tra i suoi obiettivi immediati poneva quello di “aiutare gli angloamericani nella liberazione del rimanente territorio della penisola” (14). “Dopo aver accolto gli Alleati come liberatori, i socialisti rivoluzionari si erano incontrati a Salerno con il generale Clark chiedendo di poter assistere le truppe nel loro ingresso a Napoli ed avevano, inoltre, partecipato alle trattative per la costituzione dei Gruppi Combattenti Italia” (15).

    Al Nord, fin dal febbraio 1943 il Partito comunista, il Partito d’Azione, il Partito proletario per una repubblica socialista e il Partito socialista cristiano avevano preso contatto con l’OSS, il servizio segreto americano, tramite un agente di collegamento di prim’ordine: l’ingegner Adriano Olivetti, amico di Carlo Rosselli (16).

    La dipendenza, anche economica, dei partiti antifascisti del CLNAI dagli alti comandi angloamericani venne formalizzata con un documento di cinque pagine redatto in inglese, i cosiddetti Protocolli di Roma , che vennero firmati il 7 dicembre 1944 dal generale britannico Henry Maitland Wilson, comandante generale alleato nel Mediterraneo, e dai capi antifascisti: Alfredo Pizzoni (“Pietro Longhi”), Ferruccio Parri (“Maurizio”), Giancarlo Pajetta (“Mare”), Edgardo Sogno (“Mauri”).

    I partigiani si impegnano ad eseguire, nel corso del conflitto, tutti gli ordini degli Alleati; si impegnano a nominare come capo militare del Corpo Volontari della Libertà un ufficiale gradito agli Angloamericani; si impegnano ad eseguire qualunque ordine dopo la “liberazione” del territorio italiano. E il CLNAI, da parte sua, viene riconosciuto dagli Angloamericani come il solo governo, di fatto e di diritto, dell’Italia settentrionale.

    Al punto 5 del documento viene stabilito il finanziamento da destinare alle attività antifasciste, in questi termini testuali: “ During the period of enemy occupation in Northern Italy the utmost assistance will be given to the CLNAI in common with all other anti-fascist organisations, to meets the needs of their members who are engaged in opposing the enemy in occupied territory: a monthly contribution not exceeding 160 million lire will be made on the authority of the Supreme Allied Commander to meet the expenses of the CLNAI and all other anti-fascist organisations ”.

    Tradotto in italiano: gli imperialisti atlantici stanziano un finanziamento mensile di 160 milioni di lire (valore di allora) a favore dei collaborazionisti antifascisti, da ripartire in cinque regioni italiane nelle proporzioni seguenti: Liguria 20, Piemonte 60, Lombardia 25, Emilia 20, Veneto 35.

    Stipulando i Protocolli di Roma , dunque, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia subordina anche formalmente il movimento partigiano alla strategia militare angloamericana e lo mette, come scrive un autore comunista, “alle dirette dipendenze degli alleati” (17), mentre il Comando Volontari della Libertà viene riconosciuto come l’esecutore degli ordini del comandante in capo alleato.

    Ma lasciamo la parola a Renzo De Felice. “Gli accordi di Roma portarono alla Resistenza 160 milioni. Fu la salvezza. E Harold MacMillan, responsabile in loco della politica inglese nel Mediterraneo, poté scrivere nelle sue memorie il feroce e soddisfatto commento: ‘Chi paga il suonatore decide la musica’ “ (18).

    “Rompere con gli Alleati, per la Resistenza, era impossibile: sarebbe stata la catastrofe economica (lo stesso Parri in un suo Memoriale sull’unità della Resistenza , scritto nel 1972, ricorda che la prospettiva era quella di ‘chiudere bottega’)” (19)

    “Gli Alleati sapevano di avere in mano le carte migliori: la forza militare e gli aiuti economici. Se per mantenere un partigiano, alla fine del 1943, servivano mille lire, agli inizi del 1945 ne costava 3 mila e anche 8 mila, nelle zone più dispendiose. Insomma, la questione economica si era fatta politica. Un esercito così grande non poteva autofinanziarsi: le requisizioni, tassazioni forzate, colpi di rifornimento e cioè rapine, grassazioni, furti stavano compromettendo, in quel lungo inverno del ’44, l’immagine stessa del movimento sul territorio. Gli esiti sarebbero stati catastrofici. Bisognava razionalizzare il sistema di finanziamento al di là delle sovvenzioni degli industriali, che però man mano che il tempo passava avevano sempre più paura dei tedeschi, e degli aiuti dei servizi segreti inglesi e americani. Fu questo il capolavoro di Pizzoni. I soldi degli Alleati arrivavano a Milano dal Sud passando per la Svizzera” (20).

    Nel 1944, davanti allo spettacolo di un’estrema sinistra stipendiata dagli angloamericani, il fascista repubblicano Stanis Ruinas si rivolgeva così ad un suo vecchio amico, che dal fascismo antiborghese era approdato al comunismo: “A costo di passare per un ingenuo, confesso di non comprendere come degli uomini che si proclamano rivoluzionari – socialisti comunisti anarchici – e che per i loro ideali han sofferto la galera e l’esilio, possano plaudire all’Inghilterra plutocratica e all’America trustistica che in nome della democrazia e della libertà democratica devastano l’Europa. Intuisco in anticipo la tua risposta. Da rivoluzionario non ami Hitler e non hai fiducia in Mussolini. E va bene. Ma come fai ad avere fiducia nell’Inghilterra imperialista che ha tradito la Persia, schiacciato le repubbliche boere, oppresso per tanto tempo l’India e l’Egitto, e si arroga il diritto di proteggere e dirigere tanti popoli degni di libertà? (…) Come fai a conciliare i tuoi ideali rivoluzionari con quelli di Churchill e di Roosevelt?” (21).

    Grazie a Dio, ben presto il Maresciallo Stalin li avrebbe costretti, questi “uomini che si proclamano rivoluzionari”, a rinnegare la loro fiducia nell’”Inghilterra plutocratica” e nell’”America trustistica”. Ma quelli, tra i loro figli e nipoti, che oggi salgono in cattedra a impartire lezioni di antimperialismo, ad esigere credenziali e ad imporre pregiudiziali, farebbero bene a studiare la storia della loro famiglia e a rifletterci sopra. E se proprio non vogliono decretare la damnatio memoriae per quei loro antenati che in un certo periodo hanno eseguito la musica scelta da chi li pagava in dollari e in sterline, almeno ci risparmino l’ottusa insensatezza dell’”imperialismo antifascista”.

    (1) Romolo Gobbi, America contro Europa. L’antieuropeismo degli americani dalle origini ai giorni nostri , MB Publishing, Milano 2002, p. 10.

    (2) Antonio Gramsci, Americanismo e fordismo , Universale Economica, Milano 1950, pp. 20-21. Le pagine di Gramsci raccolte in questa edizione corrispondono al Quaderno 22 (V) 1934 dei Quaderni del carcere .

    (3) Op. cit., p. 20.

    (4) Op. cit., p. 18. La nota del Curatore, Felice Platone, è a pié di pagina.

    (5) Op. cit., p. 25.

    (6) Op. cit., p. 42. Sui rapporti di Trotzkij con l’usurocrazia statunitense cfr. Pierre Saint-Charles, Banchieri e bolscevichi , in: Henri Coston (a cura di), L’alta finanza e le rivoluzioni , Edizioni di Ar, Padova 1971, pp. 41-50.

    (7) Op. cit., ibidem.

    (8) Op. cit., p. 62.

    (9) Giovanni Raboni, E un giorno la sinistra si risvegliò americana. Sessant’anni fa la mitica antologia di Vittorini smontò l’idea fascista sugli Usa “Impero del Male” , “Corriere della Sera”, 24 settembre 2002, p. 35.

    (10) Mario Correnti (Palmiro Togliatti), Discorsi agli italiani , Società Editrice L’Unità, Roma 1943, pp. 40-42.

    (11) Op. cit., p. 93.

    (12) Arturo Peregalli, L’altra Resistenza. Il PCI e le opposizioni di sinistra. 1943-1945 , Graphos, Genova 1991, p. 356.

    (13) Sulla via giusta , “Prometeo”, 4, 1 febbraio 1944.

    (14) Arturo Peregalli, op. cit., p. 130.

    (15) Ibidem.

    (16) “Somiglia a Rosselli anche fisicamente, forse perché è mezzo ebreo, da parte di padre” – scrisse nel suo rapporto l’informatore dell’OSS che incontrò Olivetti nei pressi di Berna. Cfr. Ennio Caretto e Bruno Marolo, Made in USA. Le origini americane della Repubblica Italiana , Rizzoli, Milano 1996, p. 58 ss.

    (17) Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione , vol. IV, Savelli, Roma 1976, p. 166.

    (18) Renzo De Felice, Rosso e N ero, Baldini & Castoldi, Milano 1995, p. 88.

    (19) Renzo De Felice, op. cit., pp. 84-85.

    (20) Renzo De Felice, op. cit., pp. 95-96.

    (21) Stanis Ruinas, Lettere a un rivoluzionario , cit. in: Paolo Buchignani, Fascisti rossi. Da Salò al PCI, la storia sconosciuta di una migrazione politica 1943-1953 , Mondadori, Milano 1998, pp. 21-22.

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