Di Giuliana D’Olcese
Il concetto di Giustizia, di chi la gestisce e la applica, per i cittadini è dei più lineari, chiari ed elementari. La Giustizia è una macchina statale a cui ricorrere perchè provveda a dirimere contese, soprusi, ingiustizie, prevaricazioni, delitti amministrativi, umani, le organizzazioni terroristiche e delinquenziali, le truffe e i ladrocini privati e di Stato, ecc. ecc. ecc. I magistrati per noi contribuenti rappresentano una categoria professionale, qualificata se meritocratica, di impiegati dello Stato come altre categorie burocratiche al servizio della comunità. Quindi al servizio dello Stato.
Ci sono casi, pero’…. Scusate la lunghezza dell’articolo, ma questa volta non era tagliabile nulla.
Dalla macchina della Giustizia pretendiamo, legittimamente, che essa funzioni, risolva le contese in tempi e costi morali e finanziari umani ed accettabili – requisiti distanti anni luce dalla realtà della giustizia nostrana – e che questa macchina si serva di un apparato burocratico in cui ciascuno, dall’ufficiale giudiziario al messo, al giudice, siano preparati professionalmente, responsabili e che rispondano, quindi, del loro operato come è del resto per ogni professionista. E che, qualora la qualità del loro operato non risulti idoneo o leda i diritti civili e pecuniari di istanti e giudicati, ne rispondano in sede civile e penale come è per noi cittadini. Ne’ più ne’ meno. Terza condizione per la fiducia, o meno, nella Giustizia e nei magistrati è che questi siano imparziali e che non soffrano di vizi di consenso, o di sconsenso, dettati da colori politici di appartenenza.
Ergo, ci inquieta sapere di magistrati associati e corporati per colori e fazioni politiche, avverse tra loro, come è sotto gli occhi di tutti a cui, oramai, le diverse Associazioni appaiono come lobby o corporazioni politiche, più che qualificati impiegati dello Stato al servizio della comunità. Lobby talvolta più istituzionalizzate e politicizzate degli stessi partiti politici. Ciò è terrorizzante, per tutti, e quindi non è un giudizio ne’ un sentire di destra o di sinistra ma bensì della società comune tra cui fanno eccezione i militanti di una o dell’altra fazione. Ma, i militanti, sono un esiguo drappello formato sempre dai soliti noti, mentre, la società italiana, è rappresentata da circa 58 milioni di anime affidate, pare, alle Toghe Rosse o alle Toghe Azzurre tra cui allignano "Toghe mediatiche", specialmente "attente" ai casi giudiziari di vip e dintorni che, a loro spese e a suon di decine e decine di milioni rendono, coattamente, fama nazionale alle Toghe che gestiscono i loro processi anche su Internet con cui, è notorio, ricevono visibilità in tutto il mondo, altro che sui media nazionali!! Una vera pacchia.
Caso Stame – Priebke. Ecco fatti, opinioni pubbliche e private del periodo che va dalla condanna di Rosetta Stame, – infertale proprio alla vigilia della tragica data in cui si commemora la strage delle Fosse Ardeatine avvenuta nel 1943 -, dalla I^ Sezione Civile del Tribunale di Roma, giudice Marta Ienzi, a Rosetta Stame per avere "diffamato Priebke", – "il boia tedesco e nazista", come si è letto nei giorni scorsi a Roma su alcuni manifesti – in una intervista data al Messaggero in cui sostenne che suo padre, medaglia d’argento al valor militare, subì da Priebke atroci torture prima di essere trucidato e decapitato. Priebke citò in giudizio la Stame per diffamazione ed ottenne dalla sentenza Ienzi – fondata su una perizia del patologo Ascarelli avvenuta dopo ben 4 mesi dalla strage sui corpi già in piena saponificazione riesumati da 2 enormi cumuli lunghi 5 metri, larghi 3, alti 1,50, di avere dalla Stame, di condizioni economiche modeste, danni, spese del giudizio e obbligo di pubblicare sul Messaggero, a sue spese, la sentenza a firma Ienzi (ecco aggiungersi, oggettivamente, alla sentenza di I° grado la gogna pubblica, ancora prima delle sentenze di Appello e di Cassazione) il che costa, tra tariffa e IVA, dai 15 ai 20 milioni di lire. Ciò a tutto ulteriore beneficio dei querelanti e della notorietà nazionale dei giudici firmatari delle sentenze. "La città ha reagito con dolore e volontà di giustizia. La notizia su una familiare delle povere vittime delle Fosse Ardeatine, orfana dall’età di 6 anni e segnata per tutta la vita dalla tragedia, è condannata per diffamazione nei confronti di Priebke, ha mobilitato le coscienze", scrisse Paolo Brogi sul CorRoma il 16/10/03 il giorno della della cerimonia alla memoria delle stragi naziste effettuate sugli ebrei svoltasi all’antico Ghetto di Roma in presenza del Presidente della Repubblica che abbracciò Rosetta Stame esprimendole pubblicamente la sua solidarietà per l’umiliazione subìta dalla condanna infertale dalla I^ Sezione Civile del Tribunale di Roma firmata dalla magistrata Marta Ienzi.
Walter Vecellio – Rosetta Stame. Le querele di Priebke. Stralci della lettera pubblicata il 18/10/03 su "La città ne parla" CorRoma, Corriere della Sera: (…) Anch’io sono stato querelato per diffamazione da Priebke per aver ricordato, dopo la prima sentenza che l’aveva dichiarato non punibile (i successivi processi ribaltarono la scandalosa sentenza), che, dalla Ghestapo, Priebke aveva aderito alle SS e che, già un mese prima della strage delle Fosse Ardeatine, era stato incluso dagli americani quale torturatore ed assassino di politici e partigiani di via Tasso. Il Tribunale di Roma rilevò che dai processi di I° grado e di Appello risultava provato che il compito di Priebke era di compilare liste di oppositori, di interrogatorio ed anche di tortura dei prigionieri.
Attilia Levi – Rosetta Stame. Strumentalizzata. Lettera pubblicata il 19/10/03 su "La città ne parla" Corriere Roma. La inaudita condanna inflitta da una giudice della prima sezione civile del Tribunale di Roma, alla signora Rosetta Stame che, secondo la sentenza emessa a suo carico, avrebbe "diffamato" Priebke lo sterminatore nazista delle Fosse Ardeatine condannato poi all’ergastolo per le sue persecuzioni contro gli ebrei, e la somma di 3000 euro che la sentenza Ienzi ordina alla Stame di pagare al nazista Priebke, è una condanna che non può e non deve passare inosservata ai più e che merita di essere portata a giudizio delle alte sedi competenti della magistratura italiana. Essendo io a conoscenza di particolari su casi analoghi ed abnormi inflitti da questa giudice a persone, e donne in particolare, appartenenti alla cerchia dei miei conoscenti, non posso che dedurne che questa magistrata strumentalizza le sue sentenze al fine di farne atti clamorosamente notori. La raccolta di fondi a favore di Rosetta può essere la giusta risposta delle Istituzioni, ma anche della società civile onesta, a metodi inaccettabili, e ambigui, di sconfinamenti nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e del potere che ne deriva. Come atto simbolico e di solidarietà tutti noi romani, non solo la Comunità ebraica ed il Comune di Roma, propongo di donare 10 centesimi di euro a Rosetta Stame sul conto corrente aperto dal Comune di Roma. Attilia Levi. Attilia Levi, in seguito alla risposta della giudice Marta Ienzi apparsa il 21/10/03 "La giudice e la Stame. L’onere della prova". inviò una lettera aperta al Presidente della Repubblica Ciampi, al Ministro della Giustizia Castelli, ai Presidenti del Senato e della Camera Pera e Casini, ai Senatori, ai Deputati e al Sindaco di Roma Veltroni, lettera che sarà pubblicata prossimamente.
La risposta del giudice Ienzi iniziava così: "Non posso astenermi dal rispondere ad una lettera a firma Attilia Levi in quanto altamente offensiva nei miei confronti". La giudice si ritenne "altamente" offesa non, come diremmo tutti, profondamente offesa.
Ed è qui che il Padre della psicanalisi e della psicologia, Edmund Freud, marchierebbe la differenza psicologica. Profondamente offesa, avrebbe evidenziato nella giudice un sentimento umano del sè. Altamente offesa, invece, è la spia psicologica dello stimare, ritenere e collocare sè stessi su alture piramidali al di sopra degli altri. Sovra-umane. La lettera illustrava le motivazioni della sentenza a carico della Stame e poi concludeva: "Gli errori (giudiziari ndr) sono possibili ma per questo esistono gli appelli, le sentenze sono criticabili, ma non è consentito attaccare solo un giudice per le sue decisioni senza conoscere atti, sentenza e sue motivazioni". Ciò che viene immediato e spontaneo pensare, al povero comune cittadino, è che sì gli Appelli esistono per sanare errori giudiziari ma significano altri lunghi anni di angosce, di pene, di salute fisica e psichica profondamente minate e di ulteriori spese di avvocati e di sicure incognite giudiziarie. Spese ingentissime che non tutti, anzi pochissimi, possono permettersi il che, sembra non sfiorare, viste magari da posizioni finanziarie privilegiate, talune mentalità e visioni miliardarie extralusso del mondo per cui un errore giudiziario è cosa da poco e i costi relativi, da aggiungersi ai salassi giudiziari e mediatici già affrontati,
sono trascurabili. Costi che, invece, possono portare alla rovina una persona, la sua famiglia, i suoi figli. Inoltre, chi, sarebbe così temerario o minus abens da esprimere giudizi su una sentenza non conoscendo fatti, atti, sentenza e sue motivazioni come, concludendo la sua risposta, sosteneva la giudice Ienzi?
Rosetta Stame in appello contro Priebke ?Ecco le prove della tortura?. L’ex SS querelato per le memorie. di Paolo Brogi – Corriere della Sera, Cronaca di Roma, 24.10.3, pag. 52
Era in una cassa di documenti che l’Anfim, associazione familiari delle vittime del fascismo aveva depositato nel caveau della Banca di Roma anni fa, quando durante il processo Priebke la sede aveva registrato una tentata violazione notturna. Il documento del 18/1/1957 è del Presidente della Repubblica Gronchi. Su proposta del Presidente del consiglio concede la medaglia d?argento
al valor militare a Nicola Ugo Stame. Nella motivazione si legge: «…portato in via Tasso subì atroci torture». Di Stame in via Tasso la Presidenza del consiglio, il 18/5/1955, scrisse: «Sottoposto a sevizie e torture che sopportava con esemplare contegno».
Rosetta Stame mostrava ieri con orgoglio questi documenti. Il suo difensore Sebastiano Di Lascio intanto ha presentato il ricorso in appello contro la condanna per diffamazione. «Che fosse un torturatore – ha scritto l?avvocato riferendosi a Priebke – raffinato e crudele emerge dalle pagine della storia e del processo conclusosi con la condanna all’ergastolo». Nell’istanza si ricordano i testi che in aula hanno denunciato le torture effettuate da Priebke: Teresa Mattei, Arrigo Paladini, Giovanni Gigliozzi, Bianca Riccio Del Rio. «La teste Mattei dichiarò – spiega Di Lascio – che la mamma svenne quando Padre Pfeiffer, che si era recato a via Tasso con una lettera del Santo Padre Pio XII a perorare la causa del figlio Gianfranco ivi detenuto da Kappler, riferì che questo aveva risposto beffardo: "Non risponde, non parla ma ora l’ho affidato a Priebke che con i suoi metodi fisici e chimici lo farà parlare, gli farà dire tutto quel che deve dire. Che dire del povero Paladini che dopo anni si svegliava la notte con gli incubi e raccontava al dottor
Gigliozzi (presidente Anfim) piangendo che Priebke lo colpiva col pugno di ferro allo stomaco e ai testicoli…».
Nell?istanza si ricorda cosa fu l’esumazione delle vittime. «I corpi erano ammucchiati e confusi, era già iniziato il processo di saponificazione. Non solo non era stato chiesto al patologo Ascarelli se i corpi portavano tracce di torture ma anche se fosse stato richiesto l’accertamento sarebbe stato impossibile…» Infine una querela contro Priebke, che ha pubblicato un libro di memorie in cui a pag. 434 scrive di Rosetta Stame: «Appare spesso in preda a sintomi di esaltazione dell’umore, classici di uno stato di psichica sofferenza …».
Alda Cuomo scrive: Dire NO alla grazia all’ergastolano nazista della Ghestapo e comandante delle SS Erik Priebke, non è ne’ di destra ne’ di sinistra, e non va strumentalizzato dai politici così come vediamo fare vergognosamente in questi giorni. E’ un fatto di coscienza, di partecipazione e di solidarietà civile e religiosa, universali, anche alla memoria dello sterminio di 16 milioni di ebrei. A tal proposito è bene segnalare nazionalmente – finora ne hanno dato notizia solo le cronache romane del Corriere della Sera – il caso giudiziario, davvero paradossale e delittuoso, in atto tra la Signora Rosetta Stame, ebrea di Roma, e l’SS Erik Priebke che sconta l’ergastolo, agli arresti domiciliari ospite di amici però, riconosciuto responsabile di "Atti contro l’umanità" per l’eccidio delle Fosse Ardeatine di Roma in cui furono trucidati 335 cittadini, tra civili, militari, sacerdoti, carabinieri e 75 ebrei. Molte cronache raccontano anche di feroci torture inflitte alle 335 vittime prima di essere passate per le armi dalle SS al comando di Priebke non dimenticando che egli fu operativo anche nel famoso appartamento-prigione di via Tasso ove si svolsero orrori e torture raccapriccianti sui civili prigionieri della Ghestapo e delle SS.
Il Senatore a vita Francesco Cossiga Presidente Emerito della Repubblica, ha presentato al Senato
il seguente ddl lanciato a dicembre dall’Ansa e da alcuni quotidiani su cui si stanno costituendo Comitati di cittadini on line.
La legge: "Sottoporre i magistrati ad esami e controlli ad un preventivo esame psichiatrico e psico-attitudinale prima del concorso e durante la carriera. L’esercizio delle funzioni di magistrato dell’ordine giudiziario, giudice e pubblico ministero incide nel profondo, talvolta irreversibilmente, sui diritti della persona e sulla sua stessa vita psico-fisica che, particolare equilibrio mentale e specifiche attitudini psichiche, debbono essere richieste per la assunzione della qualità di magistrato e per la permanenza in carriera.
Dunque, chi venga dichiarato inabile psichiatricamente o non idoneo psico-attitudinalmente non può essere ammesso al concorso. Inoltre, in qualunque momento il Csm di sua iniziativa o su richiesta del Ministro della Giustizia, del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione o di un Procuratore Generale della Repubblica di una Corte d’Appello, può sottoporre qualunque magistrato all’esame psichiatrico e psico-attitudinale. Sarebbero nominatp dal Csm i componenti della commissione medico-psicologica, il cui giudizio ‘deve esser valutato, e respinto o approvato, dal Consiglio Superiore della Magistratura.
Chi venga giudicato inabile è dichiarato decaduto e collocato in pensione o sospeso dall’esercizio delle funzioni e collocato in aspettativa, al termine della quale è di nuovo sottoposto a visita medico-psicologica. Un ufficiale di polizia giudiziaria incaricato di eseguire un ordine da parte di un giudice o di un pubblico ministero, se ritiene che l’ordine sia stato impartito dal magistrato in condizioni di non equilibrio psichico o di non normalità psicologica, deve sospendere la esecuzione dell’ordine, facendone rapporto al Procuratore Generale della Repubblica del distretto giudiziario competente, che decide immediatamente o ordinando sotto la sua responsabilità l’esecuzione dell’ordine o autorizzando la sospensione della esecuzione e disponendo per il magistrato l’esame psico-attitudinale. Qualora venga emesso dal Csm giudizio negativo, anche solo limitatamente all’atto di cui si tratta, sul giudice o pubblico ministero che ha emanato l’ordine, esso trasmette gli atti al giudice del riesame competente che provvede ad annullarlo immediatamente".