Attacco al cuore di NOI Civili

Da una parte c’Ë un insieme di popolazioni che si ritiene offeso. umiliato, sfruttato, oppresso, deriso, affamato, manipolato, privato della propria cultura e delle proprie prerogative.

Dall’altra c’Ë un altro insieme di popolazioni che si ritiene minacciato, attaccato, invaso, superiore, minato nelle proprie sicurezze e nei propri valori.

Nel primo insieme sono presenti due categorie di massima: coloro che vorrebbero affrancarsi da questa situazione con dignit‡ e Civilt‡, pur essendo feriti ed indignati. E spero che siano la maggioranza (lo credo, oltre che sperarci), magari silenziosa, ma la maggioranza.

E sono presenti coloro i quali ritengono (a torto o a ragione) che siccome si trovano sotto il tallone della prepotenza, debbano affrancarsi da questo giogo con la forza e con la violenza.
Intrisi d’odio culturale e religioso. Con le immagini dei lutti e dei torti subiti perennemente ed indelebilmente stampate nella mente e nel cuore.
Potremmo suddividere ulteriormente quest’ultima categoria di persone in sottoinsiemi a seconda della efferatezza e della disumanit‡ che li potrebbe contraddistinguere, ma non credo sia importante.

Anche il secondo insieme Ë diviso secondo due direttrici abbatanza nette (con tutte le sfumature e le vie di mezzo).

La prima Ë composta da quelle persone che si interrogano sui perchË e sui come questa situazione sia giunta a questo livello di criticit‡. Che cercano di cogliere l’eterogeneit‡ delle parti in causa. Che cercano di alleviare le sofferenze e che vanno al di l‡ delle posizioni ideologiche e/o religiose per affermare l’umanit‡ (o l’umanesimo) che Ë tratto fondamentale della nostra Civilt‡.

La seconda Ë formata dalle persone che, specularmente alla seconda categoria del primo insieme, promuove uno scontro di civilt‡ (il minuscolo Ë voluto), evince dalle proprie analisi un pericolo mortale e, con le immagini dei lutti e dei torti subiti perennemente ed indelebilmente stampate nella mente e nel cuore, grida armiamoci e partiamo per le crociate.

Due insiemi, divisi a loro volta in due categorie.
E fin qui ho parlato della popolazione, dei movimenti culturali, della gente (o della ggente, cosÏ Ë, se vi pare).
Poi c’Ë chi, per un motivo o per l’altro, in un modo o nell’altro, tira le fila. Decide il cosa ed il come.

Ecco il punto.

Per comodit‡ definiremo “guerrafondai” le componenti dei due insiemi che si specchiano l’una nell’altra (odiandosi), e “Civili” le componenti che cercano un confronto civile (rispettandosi).

Ora, per chi tira le fila, per gli interessi geopolitici ed economici, per le ideologie e le religioni integraliste, i “guerrafondai” sono funzionali ai loro progetti, sono insieme fanfare, rulli di tamburi e carne da macello.
I “Civili”, no. Iniziano a dare fastidio. Nonostante il populismo alla Osama Fallace da una parte alla Oriana Bin Lager dall’altra abbia fatto proseliti oltre ogni misura, nonostante l’esacerbarsi dei conflitti, l’opera dei “Civili” da fastidio.

Sembra quasi confutare l’odio trascendente tra i popoli e tra le culture. Una donna senza burka che ne aiuta un’altra che lo indossa da fastidio solo alle tesi dei guerrafondai, che sono l’arma retorica dei cinici per perpetrare questa sporca guerra infinita, questo sadico braccio di ferro tra entit‡ che, in ogni caso, ci sono aliene.

Per questo negli obiettivi dei “guerrafondai” iracheni non ci sono pi? i contractors, o gli ingenieri delle imprese estere.
Chi (da entrambe le parti) tira le fila evidentemente, avendo come obiettivo la prevaricazione, il profitto ed il dominio (culturale, politco ed economico) sulla parte avversa, non apprezza compromessi e commistioni. Vuole la GUERRA. Allora l’obiettivo per assicurarsi un’escalation inarrestabile Ë colpire i “Civili”, la loro cultura, le loro motivazioni, le loro vite.
Con le armi da una parte e con la retorica populista dall’altra.
Sempre con la violenza (delle armi, del denaro, del potere) e la prevaricazione.

Siamo in mezzo al fuoco incrociato. Si salvi chi puÚ?

“beati i letterari marinai
cosÏ sul taciturno e cerca guai
cosÏ inventati e pieni di coraggio.
Io non son quei marinai, parole in rima
ne ho gi‡ dette
(e tante, strano, ma ne faccio dire)
nostalgiche, incazzate, quanto basta maledette,
ironiche quel tanto per servire
a grattarsi un po’ la rogna, soffocati dal collare
adatto per i cani o per la gogna del giullare. (…)

Amore sappi
beato chi ha le musiche importanti,
le orchestre, luci e viole sviolinanti,
non queste mie di fil di ferro e spago (…)

E sÏ son tanti gli anni, ma se guardo ancora pochi,
Voltaire non ci ha insegnato ancora niente,
Ë questo quel periodo in cui i ruggiti si fan fiochi
oppure si ruggisce veramente (…)

Amore a specchio,
Ë tanto bello urlare dagli schermi,
gettare a terra falsi pachidermi
coprendo ad urla il vuoto ed il timore.
Qui sul mio onore,
smetterei di giocar con le parole
ma Ë un vizio antico e poi quando ci vuole
per la battuta mi farei spellare.(…)

Eee, le chiacchiere son tante e se ne fan continuamente,
Ë tanto bello dar fiato alle trombe
o il vino o robe esotiche rimbomban nella mente
esplodono parole come bombe,
pillacchere di fango, poesie dette sulla sedia,
ghirlande di semantica e gran tango dei mass-media.
Dibattito, dal vivo, miti, spot, ex-cineforum,
talk-show, magazine, trend, poi TV e radio
telegiornale, spazi, nuovo, gadget, pista, quorum,
dietrismo, le tangenti, rock e stadio,
deviati, bombe, agenti, buco e forza del destino,
scazzato, paranoia e gran minestra dello spino.
Amore fino
lo so che in questo modo cerco guai
ma non sopporto questi parolai
non dire pi? che ci son dentro anch’io,
amore mio
se il gioco Ë esser furbo o intelligente
ti voglio presentare della gente
e certamente presto capirai.
Ci sono, sai, nascosti, dietro a pieghe di risate
che tiran gi? i palazzi dei coglioni,
pi? sobri e pi? discreti e che fan meno puttanate
di me che scrivo in rima le canzoni,
i clown senza illusioni, fucilati ad ogni muro
se stan cosÏ le cose dei buffoni sia il futuro.
Son quelli che distinguono parole da parole
e sanno scegliere fra Mercuzio e Mina,
che fanno i giocolieri fra le verit‡ e le mode,
i Franti che sghignazzano a dottrina,
che irridono ai proverbi e berceran disincantati:
“Fra Mina e fra Mercuzio son parole, e non son frati!” ”

Parole
F.G.

Sergio il Rubinetto che Perde

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