la cultura di destra e la cultura di sinistra

I commenti lasciati in calce al mio editoriale sulla Cultura di Destra mi hanno suggerito di fare qualche riflessione ulteriore in merito. E qualche puntualizzazione.

Primo: a mio avviso è stato fatto un errore. Comune, pertanto facilmente identificabile.
Si scambia la cultura con la politica. Soprattutto, si identifica con la politica attuale il riferimento alle aree culturali che non esistono più.

L’errore più grande, facilmente verificabile (e spiegherò perchè) è quello di pensare che “La politica (�) è influenzata dai fattori “culturali”�. Magari.
Non è così. Cioè: oggi non è così. La politica attuale, di entrambe le parti in Italia ma, più generalmente, nell’Occidente, è influenzata unicamente da un valore unico, che di culturale ha veramente poco: l’Economia. Che di fatto non rispetta le culture: l’economia non ha bisogno di cultura, ma di creare necessità al fine di stimolare l’acquisto di cose o servizi per un fine unico: aumentare la ricchezza economica.

Secondo: il fatto che non è possibile stilare un elenco di intellettuali di Destra dimostra, de facto, esattamente ciò che io sostengo. Cioè che la cultura libera non sta a sinistra. Un intellettuale non identificabile è un intellettuale libero. Viceversa, un intellettuale chiaramente – sottolineo: chiaramente – identificabile con un ambiente politico o culturale, soprattutto dal dopoguerra in poi nel nostro paese, è necessariamente un intellettuale etichettabile, pertanto non più libero.

Terzo: torniamo alla scuola di Francoforte che avevo citato nel mio articolo. Ebbene, perchè si può parlare in quel caso di Cultura di Destra? Spiego: perchè il processo attraverso il quale si può arrivare a questa definizione è esattamente inverso rispetto a quello operato dalla cultura di sinistra. Dimostro: la politica di Destra (occhio che ci ricadiamo: non intendo la destra attuale)la politica definibile di Destra, dicevo, vale a dire quella attenta all’identità, alla lotta contro il capitalismo e le oligarchie, quella che lotta(va) contro le plutocrazie, quella contro la globalizzazione, quella della partecipazione dei lavoratori all’impresa, quella dello stato sociale, quella dei valori non economici (mistici, trascendenti ecc.) deriva principalmente dai pensatori della Scuola di Francoforte.
Viceversa, quella che io ho cercato di smontare, cioè la cultura di sinistra, che è invece facilmente definibile con nomi e cognomi, ha avuto il processo di identificazione derivando da un bacino politico ben definito, ossia quello comunista (e non dimentichiamo che il bacino comunista ha una origine economica�).
Traduciamo: da un lato c’è una politica che tenta (tenta�) di derivare da un processo intellettuale; dall’altro lato c’è invece una cultura che deriva da un sistema politico.
Stavolta sono convinto di essere stato chiaro.

E veniamo a un altro punto che a qualcuno, evidentemente, duole: perchè si può parlare di superiorità della cultura di Destra? Dimostro (anche se lo avevo già detto precedentemente): ciò che quei filosofi (fatti patrimonio della politica di Destra) teorizzarono tanto tempo prima, era la deriva nichilista cui sarebbe giunto l�Occidente. Erano dei santoni? No, erano solo bravi: ci avevano pensato, avevano previsto una cosa, e quella cosa si è verificata. Dunque erano portatori di una Cultura migliore.

In merito all’efficacia di una cultura, poi, è ampiamente dimostrata l’inefficacia proprio di quella di sinistra in quanto, vuota di un pensiero libero ma invece plasmato intorno a una ideologia, proprio nel momento in cui quella ideologia è fallita, è imploso su se stesso. Come? Con la deriva liberista dell’attuale sinistra (e qui, scusate, si deve necessariamente tornare all’attualità).

Chiudo, per ora, chiedendo una cosa (che magari aprirò un altro dibattito): quali sono i valori che mancano all’Occidente e che ne stanno decretando la decadenza per mezzo di implosione su se stesso e di jihad varie? Ebbene: quale è la cultura che defini quei valori e ne descrisse l’imprescindibilità? E quale fu l’ultima derivazione politica che tentò di preservare, diffondere, difendere e promuovere tali valori?

Valerio Lo Monaco
www.steppenwolf.it
www.valeriolomonaco.it
www.ladestraonline.it

PS Non è, come erroneamente detto “la semplice legge dei numeri” ma, viceversa, la più difficile legge della riflessione supportata da un minimo di cultura

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17 commenti

  1. Prima di addentrarmi nella mia riflessione volevo sapere se conosciamo la stessa scuola di Francoforte cioè quella fondata da Felix Weil (1923/24)

  2. Mi sono posto questa domanda… Boh! Oggi sempre più si parla di scienza come unico metro per misurare la conoscenza. Meno male! Tutto il resto appartiene al mondo primitivo e dei puri sentimenti. Lì tutto è opinabile. I valori? E quali sarebbero i “valori”? Se ne faccia almeno un elenco… Di solito la storia insegna che coloro che sono insorti per “difendere i valori” in verità li hanno distrutti. Hitler voleva consacrare la Germania e l’ha distrutta, il comunismo voleva elevare il proletariato e l’ha distrutto, l’attuale liberismo vuole esaltare l’impresa e la libera produzione e ci sta riducendo alla fame, il cristianesimo voleva difendere i buoni sentimenti e la fratellanza e ha fatto (solo con l’inquisizione) almeno un milione di morti. Per questo, appena sento uno che parla di “valori” io scappo e mi vado a rifugiare altrove. Alla larga!

  3. Sono d’accordo con lei per quanto riguarda il ruolo principe degli interessi economici e nei rapporti di forza tra di essi.
    Quando mi cita, “La politica (…) è influenzata dai fattori ‘culturali’”, rileggendo mi rendo conto che il periodo era un po’ contorto, eppure subito dopo aggiungevo, “raramente in maniera incisiva”.
    La invito a rileggere quel passaggio, scusandomi di nuovo per essermi espresso con troppi incisi e parentesi attraverso un periodo, l’ho già detto, troppo contorto dal punto di vista sintattico (a ciascuno i suoi limiti…)

    E sono d’accordo, come può vedere se legge oltre, anche sul giudizio temporale (ovvero sull’importanza decrescnte della cultura nella politica).
    E’ proprio questo il grosso limite del capitalismo, l’Economia così com’è pensata.

    Credo che il panorama degli intellettuali sia un po’ più eterogeneo di come lo dipinge lei, forse sarò ottimista o poco informato, però non riesco a trovare una spaccatura così netta tra gli intellettuali e mi vengono in mente molti intellettuali di destra.

    Anche il discorso sui rapporti tra cultura e politica non mi convincono affatto. Per quanto riguarda la scuola di Francoforte (la cui conoscenza da parte mia è, haimè, al momento troppo superficiale rispetto alla sua), ma credo di potermi riferire a quasi tutte le scuole di pensiero, credo che vengano “catalogate” a posteriori. Ci sono pensieri che sono stati “commissionati” dai regimi (e ciò nonostante, essendo “pensieri” ovvero “cultura” hanno spesso finito per rendersi peculiari rispetto ai regimi che li “commissionavano”) e altri che sono, sovente attraverso vere e proprie forzature, stati fatti propri dalla politica.

    Le ripeto, probabilmente difetterò in erudizione (sicuramente), questa sua divisione della cutura non mi convince.
    Nè mi duole il pensiero che lei possa avere ragione!!!

    Io tuttavia, prendendo spunto dalla sua riflessione iniziale che condivido in toto e considerando la realtà delle direttrici politiche che possiamo osservare a livello nazionale ed internazionale, approfonirei l’aspetto della cosidetta (da me) “dittatura dell’economia” o “dittatura del mercato”.

    L’appiattimento della politica su posizioni più o meno liberiste rende evidente, a mio avviso, un depauperamento della cutura politica, che si sforza di eludere tutte le implicazioni culturali e sociologiche che la legge del mercato o le leggi dell’economia (così come sono oggi idolatrate) comportano.

    A differenza di lei, nella mia più profonda mancanza di cultura e nella mia abissale ignoranza, non ritengo utile affibbiare questa responsabilità ad una cultura o ad una cultura politica, ma piuttosto ad un aspetto dell’umana indole, la bramosia di denaro e di potere.
    Non vuole, il mio, essere un discorso “patarino” o un elogio della povertà,

    Credo che manchi proprio una cultura condivisa, di matrice umanistica o umanista (certe sottigliezze sono per chi studia, ed io ho cominciato da poco), che si ponga al di là delle antiche concezioni per affirmare il primato dell’uomo SIA come individuo, SIA come membro di una comunità.
    E credo che per essere tale una Cultura del genere non possa essere classificata nei termini che lei suggerisce.

    Poi, se vogliamo farla “nascere”, come spinta, come impulso, a destra piuttosto che a sinistra, faccia pure lei, a me interessa la comunione delle genti sotto l’umana bandiera, al di là di etnie, religioni o “direzioni politiche”.

    Credo che in un mondo “possibile”, anche un po’ “ideale” (solo un po’, però), debbano e possano esistere sia esperienze con una forte commistione culturale, sia viceversa dei poli di “conservazione” e “rielaborazione”.

    Gentile signor Lo Monaco, non mi dica che, con tutta la sua erudizione, non è ben conscio di tutte le commistioni e le influenze tra le culture nel corso della storia!!

    Cos’è che fece dell’italico suolo un laboratorio di eccezionale fecondità artistica, culturale e politica nel rinascimento, se non le profonde contaminazioni del basso ed alto medioevo?

    E, secondo lei, perchè ciò può essere avvenuto principalmente in Italia, in assenza di un embrione di stato nazionale (con tutte le implicazione di uniformità culturale, quanto meno bramata e ricercata con tutti i mezzi, che le nascenti nazioni si portavano dietro) che cercasse di disciplinare ai fini del proprio potere tutte queste spinte culturali eterogenee?

    Con stima,

    Sergio R.c.P.

  4. Se la tua preparazione in merito te lo permette, e se ne hai voglia, ti va di renderci maggiormente edotti in merito?

    Che so, mandaci dei link, dicci ciò che sai….

    Scusami, anche se molti non ci credono, ho tanto da fare e devo ottimizzare le energie (pensa che scrivere è la mia “ricreazione”)…….

    Ciao e…. guarisci presto con quella spalla !!!

    Sergio R.c.P.

    Scusa se non ho saputo darti maggiori informazioni su quell’iniziativa, ho semplicemente postato una mail di un amico “comunistaccio”, con il quale “litigo” spesso….
    Magari se ti fai un giro sul suo sito trovi qualcosa, se non altro iscrivendoti alla sua mailing list
    http://www.vacanzecroate.com/careless/MauStyleArts.html
    Ariciriciao!!!!

  5. accetto l’invito di scendere a singolar tenzone anche rassicurato dallfatto che non esiste nessun clone derivato della scuola di francoforteChido scusa dovro tenervi sulle spine fino a domani perchè sono un po stanco..però sergio se vai arileggere i post idi rispota a luciano(che forse ha rinunciato almenno aleggersi Spinosa che fa parte di quel umanesimo che tu hai citato) alcune cose sono prese proprio dalla scuola di Francoforte ti frarai una idea di come “incrocerò la spada con il sig LO monaco ..Domani con calma visto che anche oggi ho tenuto una lezione sulla storia della psichiatria fra terapia e controllo,a degli imberbi giovani dell’universitàri,per i quali la lettura di un libro dico un libro ,è solo un’accidente …sia in senso filosofico che in senso comune, Ora vado a letto .ciao

  6. La denominazione «destra e sinistra» delle due parti opposte nell’arena politica nasce in Francia durante la rivoluzione francese. La sua origine è dunque del tutto casuale, e la sua funzione è soltanto quella di dare un nome alla persistente composizione dicotomica dell’universo politico. Il nome può cambiare, ma la struttura originariamente dualistica della sfera politica rimane.

    Il momento iniziale si fa risalire alla seduta di fine agosto 1789, quando viene in discussione nell’Assemblea nazionale l’articolo della dichiarazione dei diritti dell’uomo che riguarda la libertà religiosa. Come si legge in una testimonianza del tempo, «coloro i quali tenevano alla religione e al re si erano messi alla destra del presidente, per sfuggire alle urla, ai discorsi e alle indecenze che avevano luogo nella parte opposta» (M. Gauchet). Ben presto il lato destro e il lato sinistro diventano puramente e semplicemente la «destra» e la «sinistra». Negli ultimi mesi della Costituente si assiste anche all’emergere di una estrema sinistra. La denominazione si consolida durante l’Assemblea legislativa e la Convenzione, sì che si può affermare aver la rivoluzione di fatto trasformato destra e sinistra, anche se non intenzionalmente, in categorie, destinate a durare, del linguaggio politico; solo, però, con la Restaurazione la distinzione si conferma come una caratteristica costante del sistema parlamentare. Dalla Francia si estende rapidamente a tutta l’Europa.
    Qundi la divisione tra destra e sinistra eè prettamente politico;quindi si scambia la polotica con la cultura.Del resto la lettura della scuola di Francoforte da diversi punti di vista,che poi andrò ad esaminare,porta a una riflessione di una divisione così espressa.

    “Se, nonostante la frequente contestazione, la vecchia opposizione è tuttora dominante nel dibattito politico attuale, il problema non è tanto quello di comprovarne le legittimità, non solo storica ma anche attuale, quanto quello di individuare il criterio o i criteri prevalenti, in base ai quali la distinzione si è imposta. Per quanto diversi siano, secondo i tempi e gli autori, i criteri adottati, si può a ragion veduta affermare che il criterio più comune, almeno sino ai tempi più recenti, è quello che tiene conto principalmente dell’atteggiamento che gli individui viventi in società assumono di fronte all’ideale dell’eguaglianza. Che le sinistre siano egualitarie è giudizio corrente sia da parte dell’osservatore esterno neutrale, lo storico, il sociologo, il filosofo, sia da parte di coloro che si identificano in una delle parti, e vi si identificano proprio perché danno un giudizio opposto, positivo, a sinistra, negativo, a destra, della eguaglianza come valore sociale. Gli uomini sono fra loro tanto eguali quanto diseguali. Sono eguali per certi aspetti e diseguali per altri: eguali di fronte alla morte, diseguali di fronte al modo di morire. Generalmente uomo di sinistra è chi dà maggiore importanza a ciò che gli uomini hanno in comune; uomo di destra è chi pregia maggiormente ciò che li distingue. Che la sinistra sia egualitaria non vuol dire però che il suo sia l’ideale utopistico dell’eguaglianza assoluta. L’eguaglianza per cui i partiti di sinistra si battono è prevalentemente un’eguaglianza relativa che non può non dare una risposta a queste tre domande. Eguaglianza tra chi? Tutti, pochi, molti? In che cosa? Beni economici, diritti, posizioni di potere? Secondo quale criterio? Il bisogno, il merito, la capacità, il rango? In base alle risposte a queste domande, si può distinguere un’infinità di partiti o movimenti egualitari. Rispetto ai soggetti, il suffragio universale maschile e femminile è più egualitario di quello solo maschile; rispetto ai beni, la democrazia sociale, che protegge, oltre i tradizionali diritti di libertà, anche i diritti sociali all’istruzione, al lavoro, alla salute, è più egualitaria della democrazia liberale; rispetto al criterio, la massima «a ciascuno secondo il bisogno» è più egualitaria di quella «a ciascuno secondo il rango». Per contro, la destra, nelle diverse interpretazioni che ne sono state date, tradizionalista, gerarchica, olista, è caratterizzata da una concezione della società che parte dal presupposto che gli uomini siano per natura diseguali, e pertanto dalla convinzione che la società umana debba essere ordinata in modo da rispettare il più possibile la disparità degli individui, invincibile, perché fattualmente naturale da un lato, e socialmente utile, anzi benefica, dall’altro conveniente” (Norberto Bobbio)vorrei prima rispondere alle domande .:la prima la rispota è data dalla sua riflessione il valore unico che accomuna il liberismo e il comunismo mancano ivalori spirituali,quelli del mito dell’eroe ,per la seconda mi sono ricordato diJ.Evola del quale mi parlrono dei compagni di liceo,
    ” Evola sentiva fortissimo l’impulso alla trascendenza: “quasi il desiderio di una liberazione o evasione non esente da sfaldamenti mistici”, ma allo stesso tempo la disposizione intima di kshatriya, di guerriero, gli portava un impulso per l’azione…..
    Evola sente il bisogno di raggiungere una percezione più profonda e reale della realtà oltre quella, limitata, dei cinque sensi fisici: comincia a far uso di sostanze stupefacenti per placare in qualche modo la sua fame di assoluto…
    ““Questa soluzione”, scrive Evola, “fu evitata grazie a qualcosa di simile ad una illuminazione, che io ebbi nel leggere un testo del buddhismo delle origini”. Così recitava il testo del Buddha: “Chi prende l’estinzione come estinzione, e presa l’estinzione come estinzione pensa all’estinzione, pensa sull’estinzione, pensa ‘mia è l’estinzione’ e si rallegra dell’estinzione, costui, io dico, non conosce l’estinzione”. “(questo l’ho aggiuntoin quanto ho un maestro buddista…)Tantra negano ogni dualismo tra dio e natura, tra uomo e mondo: questo mon­do che ci circonda è la divinità stessa e la stessa divinità non è differente dall’io definitivamente liberato: la realtà è celata dal “velo di Maya” che la ispessisce, ma una volta rimosso il velo l’occhio percepirebbe che l’intero universo non è che un’espressione del proprio Sé.”….vivere in un mondo che non è il suo forte della propria invulnerabilità. Evola si rivolge a quel tipo di “uomo differenziato” che pur non sentendo di appartenere interiormente a questo mondo, non ha nessuna intenzione di cedere ad esso né psicologicamente né esistenzialmente. “Occorre far sì che ciò su cui non si può nulla, nulla possa su di noi”, occorre “cavalcare la tigre” perché la tigre non può colpire chi la cavalca. Bisogna aprirsi senza perdersi, concedersi soltanto ciò di cui si è sicuri di poter fare anche a meno. La differenza tra l’anarchico tout court e l’anarchico di Destra, è che il primo vuol essere libero da tutto tranne dalle sue bassezze e dai suoi vizi, il secondo non riconosce al mondo attuale nessuna legittimità e nessuna legge, ma cerca la libertà in se stesso, il dominio su di sé. l’autarchia; chi cavalca la tigre, non è amico della tigre.

    “….Oltre al regime comunistico vigente nella Sparta dorica, va innanzitutto ricordato il «comunismo platonico» teorizzato appunto da Platone ne “Lo Stato”.

    Ne “Lo Stato” di Platone il regime comunistico è addirittura un privilegio spettante -in armonia con la superiore funzione- ai custodi (fylakes), cioè ai primi due ceti formati dai sapienti e dai guerrieri, con rigida esclusione degli artigiani e dei contadini. Il regime comunistico spettante ai custodi non si riferisce solo alla proprietà, ma si estende anche alle famiglie, al fine di cementare l’assoluta coesione etica e l’altrettanto assorbente dedizione al bene comune dei membri del sodalizio aristocratico. I rapporti tra giovani e anziani -ognuno dei quali potrebbe essere rispettivamente il figlio o il padre dell’altro- saranno radicati su di un solido tessuto solidaristico alimentato dalla disindividualizzazione dei vincoli di sangue, integralmente estesi all’intera comunità degli aristocrati. Le unioni saranno disciplinate dallo Stato conformemente alle regole dell’eugenetica, mentre le donne (le femministe sono giunte in ritardo …), che affideranno ben presto i loro figli ai modelli educativi impartiti nelle organizzazioni dello Stato, potranno riprendere la loro attiva partecipazione alla vita pubblica.
    La terza viene di conseguenza il nazionalsocialismo e nazionalpopolare
    ItLa Tradizione informale, il cui piano si situa in una dimensione cosmica trascendente, è costituita da un’unica essenza; essa si manifesta, svolge e attualizza sul piano storico nel quadro di forme tradizionali organicamente differenziate, e, quindi, adeguate alla mentalità e alle disposizioni spirituali delle comunità a cui essa si rivolge. La Tradizione informale è il Principio metafisico non-manifestato o totalità della Possibilità Universale. La manifestazione del principio metafisico comporta un processo di determinazione nel quadro di una forma spazialmente, temporalmente e storicamente delimitata. La Tradizione informale si differenzia e formalizza nel modo di espressione, ma è unica nell’essenza trascendente.

    8) Julius Evola, “Gli uomini e le rovine”,
    I testi sonostati presi da fondazione J.Evola e da un articolo IL comunismo aristocratico “dal sito di “avanguardia.tv
    la seconda parte parlerò della scuola di Francoforte

  7. per chiedere al signor Lo Monaco: ma la destra, culturalmente, dda cheparte sta, contro o pro capitalismo? Contro o pro liberismo? contro o pro globalizzazione?

    Domande sincere e null’affatto retoriche, che accompagnano i miei Auguri di Buone Feste….

    Sergio R.c.P.

  8. Qui tutto sa di vecchio, che palle, sempre le solite cose ripetute fino alla noia. Viviamo in periodo storico veramente deprimente. Ciao

  9. Sono d’accordo con te, ma è il nostro tempo.

    Ci siamo dentro fino al collo. Inutile fuggire!!

    Sergio

  10. Sono d’accordo con voi! però sono del parere che non dobbiamo limitarci a farcelo stare bene cosi com’è ma nel nostro piccolo fare il possibile per migliorare la società!! Chi è con me?

  11. Ciao, non c’è una cultura superiore a un’altra. Ce n’è una di Sinistra, che pone le radici nel Comunismo storico e una di Destra, che si basa su posizioni moderne, in quanto senz’altro svincolata dal passato nonchè per il fatto che non avendo avuto sbocchi fino a pochi anni orsono, non ha potuto esprimersi.
    Naturalmente non mi riferisco alla cultura di Destra, oggi limitata, che si rifà ai filosofi del passato o alla dittatura del Ventennio. Purtroppo l’arroganza della sinistra l’ha portata a fagocitare ogni ambito, dalla cultura all’arte, appropriandosi indebitamente di settori e meriti che non erano di sua esclusiva pertinenza.

  12. Mi permetto di risponderle anch’io. La Destra è tradizionalmente contro il capitalismo. Coloro che considerano il Polo una coalizione di Destra sono ignoranti di politica o lobotomizzati dalla propaganda di sinistra. Saluti.

  13. leggo sempre con piacere i suoi interventi che hanno il pregio di essere corretti, educati, scritti in buon italiano e senza volgarità e soprattutto corredati di dati reali e non immaginari. poi possiamo anche essere in disaccordo su tante cose (ma sono poi davvero così tante?), ma grazie alla sua onestà intellettuale è possibile dibattere senza abbattere l’avversario.

    (a questo proposito devo aggiungere che mi farebe piacere leggere la sua opinione anche in altri forum di questo sito, dove spesso buoni argomenti vengono rovinati da cervelli vuoti che mirano solo ad esibire la propria nullità, credo che qualche suo intervento arrichirebe il dibattito ma soprattutto arricchirebbe quelli che si credono di destra solo perchè non digeriscono d’alema)

    dunque, nel suo post lei sostiene la supremazia della filosofia di destra, dando a questa una solida radice storica e relegando la filosofia di sinistra al ruolo di figlia del marxismo, e quindi povera di alti slanci ideali in quanto basata su un assunto economico.

    e devo dire che fin qui il suo ragionamento non fa una grinza.
    secondo me il punto debole sta nel dare una continuità storica al pensiero di dx partendo dalla scuola di francoforte per arrivare al fascismo (dato che la destra che è seguita al fascismo era anch’essa basata sull’economia, tranne che per alcune elites)

    secondo me, invece, la filosofia ha seguito i propri corsi storici senza essere di destra o di sinistra, ma è stata etichettata di destra o sinistra a seconda dei momenti storici e politici. anche i filosofi “di sinistra”, se è vero che per essere di sinistra sono magari partiti da una base marxista, nel corso della loro evoluzione hanno ampliato e possibilmente arricchito il loro contesto, se non altro perchè le radici del socialismo in realtà sono molto più antiche di marx (gesù cristo è stato o no il primo socialista?).

    il problema, quindi, non è tanto filosofia di dx o di sx ma filosofia in buona fede o al servizio dei potenti o della politica….quindi, se c’è stata (e c’è ancora) gente come coletti che dopo aver rotto i coglioni a destra e a manca su come si debba comportare il bravo comunista per poi diventare fervente berlusconiano dimostrando di esser stato da sempre non un filosofo, non un intellettuale ma un banale giullare di corte, opportunista e voltagabbana, come i tanti personaggi interpretati da gassman e sordi, dall’altra parte ci sono stati i pasolini (possiamo oggi definire pasolini “di sinistra”? certamente non più in base ai canoni attuali)

    ma più in generale, possiamo ancora differenziare destra a sinistra in base alla simpatia per rutelli o berlusconi, o da che uno sia sposato o convivente, o dal vestire doppiopetto o jeans, o dall’essere lavoratore autonomo o dipendente, o dall’essere ricco o povero?

    vede, il neoliberismo secondo me, una cosa buona l’ha fatta: ha smascherato l’apparente contrapposizione destra sinistra così come è stata intesa fin ad una decina di anni fa.

    intendo dire che, essendo di sinistra, trovo che stia molto più a sinistra lei di d’alema o rutelli, financo di pecoraro scanio. non così distante da bertinotti (per quanto potrà sembrare una bestemmia, forse più ad altri che a lei)

    pertanto credo che per arginare la rivoluzione neoliberista sia più che mai urgente raccogliere le forze antiliberiste, siano esse riferenti alla dx e alla sx, guardandoci in faccia senza rinnegare la propria identità e senza prevaricare quella altrui (facile a scriverlo, eh), cercando i punti in comune, che sono molti, per costruire una società veramente diversa.

    ma si sa, gli anarchici vivono di utopie…….

    con affetto

    doc

  14. Cosa è quella cosa alla destra del centro?

    Come si chiama?

    Sa, gentile signore anonimo, tanta gente di sinistra dice le stesse cose che dice lei (ovvero “Coloro che considerano l’Unione una coalizione di Sinistra sono ignoranti di politica o lobotomizzati dalla propaganda di destra).

    Io credo, come ho già detto, che stiamo usando categorie di pensiero svuotate da ogni significato, funzionali solo alla sofistica od alla propaganda.

    I partiti dovrebero essere accademie di pensiero programmatico, invece sono dei contenitori pitturati con la tempera, contenenti minestroni simili tra loro.

    Saluti cordiali,

    Sergio

  15. Chiedo scusa, ma non ho compreso l’intervento.

    Potrebbe circostanziarlo ed argomentarlo, per favore?

    L’establishment censorio della cultura appartiene a chi è al potere, secondo me, quindi alle persone, che sono più legate alle circostanze ed alle “amicizie” che alla “cultura” come la si intende in questa sede, o meglio, come sembra intenderla lei in questo suo intervento.

    Può approfondire e corredare con esempi le sue affermazioni?

    Grazie.

    Sergio

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