D’AMICO MIRELLA, COLPEVOLE DI ESSERE STATA SEMPRE MALEDETTAMENTE ONESTA

MOBBING BOSSING ISTITUZIONALE DELLA MARINA MILITARE vs D’AMICO MIRELLA, COLPEVOLE DI ESSERE STATA SEMPRE MALEDETTAMENTE ONESTA

Altra significatica “vittoria” di Mirella ottenuta dinanzi alla Corte d’Appello di Genova che respinge l

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  1. L’ex Presidente del Circolo Sottufficiali della Marina della Spezia, P.D. G. che vesso’ e mobbizzo’ Mirella D’Amico, è stato condannato ad un anno di reclusione per fatti accaduti nel 1999. Tale sentenza penale di condanna rafforza il dispositivo cui sopra e legittima ancor più le due sentenze che condannano l’Amministrazione della Difesa alias Marina Militare, emesse dal Tribunale Civile della Spezia Sezione Lavoro a firma della dott.ssa P. Fortunato.

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE – LA SPEZIA
    DISPOSITIVO DI SENTENZA

    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    II Tribunale, composto da:

    dott.Vincenzo FARAVINO Presidente

    dott.ssa Marta PERAZZO Giudice

    dott. Mario DE BELLIS Giudice

    alla pubblica udienza del 30/03/07 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

    SENTENZA

    nei confronti di:

    DI GAETA PASQUALE

    Visti gli artt. 533 e 535 cpp

    dichiara DI GAETA PASQUALE colpevole del reato di abuso di ufficio di cui al capo a), limitatamente al contestato mutamento di mansioni, nonché del reato di falso ideologico di cui all’art. 479 c. p. in relazione all’art. 476 comma 1 c.p., con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p., e ritenuta la continuazione tra tali reati, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

    Visto l’art. 31 c.p.

    Condanna DI GAETA PASQUALE all’interdizione temporanea dai pubblici uffici per anni uno.

    Visti gli artt.163 e 178 c.p.p.

    Concede i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziario.

    Visto l’art. 537 c.p.p.

    Dichiara la falsità dell’ordine di servizio n. 2 bis del 25.6.1999 e dispone la cancellazione dello stesso da effettuarsi mediante annotazione sull’originale da parte dell’Amministrazione militare competente.

    Visto Part. 538 c.p.p.

    Rigetta le domande di risarcimento del danno di Cifelli Nunzio e Cifelli Romolo.

    Visto Part. 544 comma 3 c.p.p. Indica in giorni 90 il termine per il deposito della sentenza.

    La Spezia,30 marzo 2007 Il Presidente

    Dott. Vincenzo Faravino

  2. SENT. N. 294/05

    CRON. N. 2551

    Avviso dep. Sent. 4 Luglio 2005

    Tribunale della Spezia

    Sezione Lavoro

    REPUBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Giudice monocratico del lavoro dottoressa P. Fortunato ha pronunciato la seguente

    S E N T E N Z A

    Nelle cause di pubblico impiego riunite iscritte ai numeri 1977/00 – 66901 – 1272/01 – 1500/01 – 45/02 – 224/02 – 449/02 – 689/02 – 915/02 – 1116/02 – 1521/02 – 1522/02 –1981/02 – 755/03 – 948/03 – 1353/03 R.G.L.

    Aventi per oggetto: MOBBING E OPPOSIZIONI A DECRETI INGIUNTIVI

    PROMOSSA DA

    D’AMICO MIRELLA, nata a Popoli (Pescara) il 19.05.1955, residente alla Spezia ed elettivamente domiciliata in La Spezia, Piazza S. Agostino n.10 presso e nello studio dell’Avv. Ruggero Berardi che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’Avv. Roberto Valettini giuste deleghe in atti

    RICORRENTE

    CONTRO

    MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso, ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici in Genova, Viale Brigate Partigiane n. 2 ha domicilio legale

    CONVENUTO

    CONCLUSIONI DELLE PARTI

    “ I procuratori delle parti si riportano ai loro atti difensivi”

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con ricorso depositato in data 5/10/2000 e ritualmente notificato la Signora D’Amico Mirella, dipendente civile di ruolo del Ministero della Difesa, in servizio presso il Circolo Sottufficiali della Spezia con qualifica di operatore amministrativo contabile (quinta qualifica funzionale, ora area B, posizione economica B2) svolgente mansioni di segretario economo di suddetto circolo a decorrere dall’11/5/85, conveniva in giudizio davanti al Tribunale della Spezia – giudice monocratico del lavoro – tale Ministero in persona del Ministro pro-tempore onde ottenere il risarcimento dei danni originati da comportamenti vessatori e prevaricatori posti in essere nei suoi confronti da funzionari civili e militari ad esso preposti.

    Lamentava come conseguenza di ciò una crisi ansiosa-depressiva con conseguenti patologie di natura psichica e pregiudizio permanente di natura biologica, morale ed esistenziale.

    Nello stesso ricorso veniva rappresentato che lo scopo perseguito dal datore di lavoro attraverso i propri funzionari era quello di “sbarazzarsi” della D’Amico perché “colpevole” di aver segnalato irregolarità amministrative/contabili che si perpetravano presso il Circolo Sottufficiali della Spezia.

    Si Costituiva i giudizio il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro-tempore a ministero dell’Avvocatura dello Stato di Genova che contestava che i fatti lamentati dalla D’Amico potessero costituire mobbing.

    In pendenza di giudizio, l’Amministrazione della Difesa emetteva in data 13/11/2000 provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro per infermità della ricorrente.

    Per tale motivo veniva presentato in corso di causa ricorso d’urgenza ex artt. 669 bis e seguenti c.p.c.. Con memoria del 21/3/201 si costituiva il Ministero convenuto che evidenziava che la risoluzione del contratto di lavoro si sarebbe verificata soltanto nell’eventualità che la presunta invalidità fosse stata confermata dalla Commissione di secondo grado e fosse stato emanato un provvedimento formale di risoluzione del contratto di lavoro.

    Con ordinanza in data 3/4/2001 questo giudice, sul presupposto che non di reintegrazione si deve parlare, ma di continuazione di un rapporto che formalmente non è mai cessato poneva l’obbligo in capo al Ministro pro-tempore di emettere con urgenza i provvedimenti economici conseguenti a tale declaratoria.

    Ciò nonostante, la ricorrente era costretta ad adire nuovamente l’Autorità giudiziaria chiedendo l’emissione di decreti ingiuntivi per ottenere il pagamento delle mensilità dovute. Contro quasi tutti tali decreti ingiuntivi il Ministero della Difesa proponeva opposizione deducendo che le competenze mensili maturate successivamente alla data del 31/10/2000 non spettavano alla D’Amico in quanto la stessa si trovava nella situazione delineata dall’art. 21, comma 2 del C.C.N.L. – Comparto Dipendenti Ministeriali, che prevede la possibilità per il pubblico dipendente di assentarsi per ulteriore periodo di 18 mesi da sommare a quanto previsto dal comma 1 del medesimo articolo, “nell’ipotesi di casi particolarmente gravi, ma senza diritto alla retribuzione”. Successivamente al ricorso in data 4/5/2001 (ex art. 669 octies c.p.c. per la pronuncia di merito) questo giudice provvedeva alla riunione di tale ricorso con quello depositato in data 5/10/2000 (ricorso per mobbing).

    Istruita la causa mediante audizione di diversi testimoni ed acquisizione di numerosi documenti, il giudice disponeva C.T.U. medica all’esito della quale emetteva sentenza non definitiva n. 513/2004 condannando parte resistente a corrispondere una provvisionale per euro 57.516,97. All’udienza odierna, riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 1977/00 – 669/01-

    1272/01 – 1500/01 – 45/02 – 224/02 – 449/02 – 689/02 – 690/02 – 915/02 – 1116/02 – 1521/02 – 1522/02 – 1981/02 – 755/03 – 948/03 – 1353/03 R.G.L., la causa veniva discussa e decisa come da separato dispositivo di cui veniva data immediata lettura in udienza ed a sostegno del quale vengono svolte le seguenti considerazioni.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    La signora Mirella D’Amico chiede di essere risarcita dei danni patrimoniali, di carattere biologico, morale ed esistenziale che ricollega ai comportamenti vessatori e prevaricatori posti in essere nei suoi confronti da funzionari civili e militari preposti alla direzione ed alla sorveglianza del Circolo Sottufficiali del Ministero della Difesa della Spezia ove la stessa ha svolto le mansioni di segretario economo per circa 15 anni.

    Per valutare se realmente vi sia stata una attività persecutoria nei confronti della ricorrente occorre ricostruire i fatti e verificare se siano stati posti in essere atti e/o comportamenti, anche non autonomamente sanzionabili, ripetuti in maniera frequente e duratura al fine di danneggiare la lavoratrice.

    A parlare devono essere fatti oggettivi e comprovati per cui appare necessario prima di tutto esaminare la cronologia degli avvenimenti documentati.

    Il Giudice, infatti, opera come uno storico che deve ricostruire la verità dei fatti e se da un lato egli è totalmente libero nel giudizio di diritto per il principio “iura novit curia” dall’altro è necessariamente soggetto al vincolo della conoscenza soltanto dei fatti affermati dalle parti “iudex secundum alligata iudicare debet”. Ciò premesso occorre esaminare la documentazione in atti secondo l’ordine cronologico indicato dalle parti che denota già da una prima lettura come vi sia stata una graduale progressione della fattispecie posta all’esame del giudicante fino ad arrivare all’esclusione della signora D’Amico dal mondo del lavoro.

    Ma….. partiamo dall’inizio.

    PROVA DEL MOBBING
    In data 4/2/1999 la Signora Mirella D’AMICO, nello svolgimento delle proprie mansioni di segretario economo del Circolo Sottufficiali, avendo rilevato anomalie nella gestione della Cassa e tenuta della contabilità, provvede a segnalare, tramite via gerarchica al Capo di Stato Maggiore, dette irregolarità (cf. doc. n.2 del fascicolo di parte ricorrente). Va precisato che ai sensi dell’art. 5 delle disposizioni dell’Ente Circoli di Roma (norme per la contabilità Circolo Ufficiali e Sottufficiali) il segretario economo “svolge il servizio di cassa, provvede ed è responsabile della corretta compilazione di tutta la documentazione contabile e delle relative operazioni, registrazioni e trascrizioni”.
    Il Capo di Stato Maggiore, in forma riservata e personale riscontra detta missiva imputando il fatto ad un “disguido”.
    Va premesso che il coniuge della D’Amico (ex sottufficiale di Marina) aveva già inviato una lettera in data 15/1/99 volta a rappresentare al Comando in Capo, in modo circostanziato e dettagliato, la situazione in essere presso il Circolo Sottufficiali della Spezia ed in particolare il fatto “che fosse affidata la gestione della mensa del Circolo Sottufficiali ad un dipendente che impropriamente effettuava pagamenti di fatture con il consenso degli organi direttivi dell’Ente stesso creando alla ricorrente difficoltà nella regolare tenuta della contabilità”.
    Il giorno 7/7/1999, al rientro dal periodo feriale, la ricorrente si trova nella impossibilità di poter accedere al proprio ufficio in quanto la serratura dello stesso risultava essere stata cambiata. Sulla porta dell’ufficio economato era stato apposto un cartello recante la dicitura “Area Riservata” ed il nominativo della D’Amico non figurava tra quelli, ivi indicati, autorizzati all’accesso. Alle rimostranze della stessa le veniva detto “da voci di corridoio” dell’avvenuta sua sostituzione nell’incarico di segretario economo con altra dipendente, Vitale Argentina, coadiutore IV livello, mediante l’ordine di servizio n.2 in data 24/6/1999 (prod. N.3) che non teneva conto che l’art. 5 delle disposizioni Ente Circoli Roma dianzi richiamato prescrive che in mancanza del Segretario Economo le relative attribuzioni devono essere esercitate dal tesoriere come era accaduto in altre circostanze (cf. pag.14 della trascrizione, testimonianza Marzocco, tesoriere del circolo 94-95); né del fatto che la D’Amico veniva sostituita nell’incarico in un momento in cui si trovava in congedo ordinario.
    Il giorno successivo, 8/7/99, perdurando la chiusura della porta dell’ufficio ed il divieto di ingresso la D’Amico, dopo aver sostato nel corridoio e nel locale lavanderia per diverse ore richiedeva l’aiuto delle Forze dell’ordine e solo a seguito del loro intervento veniva informata dall’aiutante Cimino, sopraggiunto in seguito, che l’accesso al luogo di lavoro era stato regolamentato secondo le seguenti norme: “ chiave di accesso al luogo di lavoro da ritirare e consegnare giornalmente alla guardiana previa firma su apposito registro”. Nel momento in cui veniva a conoscenza di tali disposizioni la D’Amico continuava tuttavia a non trovare collocazione in nessuno dei due uffici del Circolo (Economato e Segreteria dettaglio) provvisti entrambi del cartello indicante le persone autorizzate all’ingresso (fra le quali non compariva il nome della ricorrente). Veniva inoltre a sapere che l’altra dipendente dell’ufficio economato, la dipendente dell’ufficio del capo carico ed il personale della lavanderia continuavano ad essere in possesso delle chiavi dei rispettivi locali e tali chiavi continuavano a portarle a casa, come si era sempre fatto.
    Quello stesso giorno 8/7/99 le veniva notificato dal Presidente Di Gaeta l’ordine di servizio n. 2 datato 24/6/99 firmato dallo stesso Presidente e dal C.S.M. con il quale era stato conferito il suo incarico al coadiutore Vitale Argentina di IV livello (cf.prod.n.3).
    Il giorno 9/7/99 le veniva notificato sempre dallo stesso Presidente del Circolo l’ordine di servizio n.3 dell’8/7/99 con il quale le venivano attribuite mansioni inferiori (IV livello) a quelle di VII livello svolte da circa 15 anni ed in ogni caso alle mansioni di inquadramento corrispondenti al V livello. Avrebbe in conclusione dovuto svolgere solo alcune delle mansioni del coadiutore ponendosi in subordine a Vitale Argentina che fino a quel momento era a lei subordinata. Continuava a non trovare collocazione alcuna negli uffici né come operatore amministrativo contabile e nemmeno come coadiutore.
    In data 22/7/99 le venivano notificate a casa, mentre era in malattia, dai Carabinieri pronto intervento due missive:
    1. Fg. nr. 924 datato 12/7/99 del Circolo Sottufficiali con il quale veniva convocata (anche se in malattia) presso la Presidenza del Circolo stesso per la consegna delle chiavi della scrivania dove erano custoditi solo effetti personali, minuta cancelleria ed elaborati senza alcuna rilevanza. Stranamente non le veniva richieste la chiave di riserva della cassaforte e la chiave dell’armadietto-libreria che peraltro veniva rinvenuto aperto nella parte posteriore.

    2. Fg. 85/503343 del 21/7/99 di Maridipart nel quale veniva affermato che l’intervento delle Forze dell’ordine richiesto dalla stessa il giorno 8/7/99 scaturiva da un “dissidio tra dipendenti” e per tale motivo le si contestava e le si attribuiva

    una condotta turbativa dell’ambiente di lavoro le si contestava di aver distolto le Forze dell’ordine dai

    normali compiti istituzionali per futili motivi e le si attribuiva una condotta turbativa dell’ambiente del

    lavoro con riflessi negativi sull’immagine dell’A.D. e degli altri dipendenti. Con lo stesso foglio la si

    convocava per rispondere di tale contestazione in data 26/7/99, giorno in cui doveva essere sottoposta

    presso il locale Marispedal a visita di idoneità a seguito di stress e stato depressivo provocati da

    questi eventi.

    · Nonostante la dettagliata memoria difensiva 2/8/99 /prod. n.8) e la lettera 1/12/99 indirizzata al Comando in Capo (prod.n.9), l’Amministrazione provvedeva ugualmente ad emettere la sanzione disciplinare del “Rimprovero Scritto” richiamando erroneamente nel provvedimento in data 25/1/2000 (cf, prod. N.10) i criteri di cui all’art. 25, 2° comma C.C.N.L. che prevede tassativi casi di illeciti disciplinari nei quali non rientra nessuno dei comportamenti tenuti dalla D’Amico il giorno 8/7/99 in quanto “ non contrastanti con i doveri di ufficio”. Avverso tale provvedimento disciplinare la ricorrente presentava ricorso in data 11/2/2000 sia all’ufficio del lavoro – Collegio di Conciliazione – che alla Direzione Generale del Personale Civile – Collegio Arbitrale (prod. n. 11). Il Collegio Arbitrale, con provvedimento 7/4/2000, dichiarava estinto il procedimento disciplinare per la mancata osservanza, da parte dell’Amministrazione, del termine di 120 giorni, previsto dall’art 24. 6° comma C.C.N.L. (prod. N.129.

    · A seguito di tutti i fatti dianzi esposti la signora D’Amico cadeva in uno stato depressivo quale risulta documentato dalle certificazioni in atti (V. prod. N. 16 e seguenti), doveva interrompere l’attività lavorativa per far ricorso alle cure ed assistenza di medici specialisti psichiatri e assunzione di terapia psicofarmacologica specifica.

    · Durante la visita medica presso l’Ospedale Militare della Spezia richiesta dalla ricorrente al fine di verificare la causa di servizio di tale malattia, la signora D’Amico veniva riconosciuta permanentemente inidonea al servizio e affetta da malattia non compatibile con l’idoneità alla guida con segnalazione alla Motorizzazione Civile ed alla Prefettura (cf. lettera del 30/9/2000 della Commissione Medico Ospedaliera dell’ospedale Militare della Spezia). Successivamente, con provvedimento del 13/11/2000, veniva qualificata “permanentemente inidonea a qualsiasi proficuo lavoro ed il rapporto veniva risolto per infermità.

    · La Signora D’Amico veniva lasciata a casa senza stipendio, né pensione. Le veniva però inviata l’indennità di buonuscita e l’indennità di mancato preavviso.

    · Per ottenere il pagamento dello stipendio era costretta ad esperire prima azione ex art 700 c.p.c. e poi vari ricorsi per decreti ingiuntivi davanti a questo giudice.

    Esposti cronologicamente gli avvenimenti documentati, occorre ora esaminare le prove testimoniali assunte.

    Relativamente all’episodio avvenuto l’8/7/99 oltre al rapporto informativo del Comandante della Stazione dei Carabinieri per la Marina “Arsenale” prodotto in atti vi è la testimonianza del V. Brigadiere Rodolfo Mariani e dell’appuntato Guerra Santino i quali sono stati sentiti da questo giudice sotto il vincolo del giuramento e mentre il Mariani ha dichiarato di non ricordare bene l’episodio se non che la porta era chiusa e che ha parlato con il Galasso, il Guerra ha precisato che la signora D’Amico li aveva chiamati perché non riusciva ad entrare nel proprio ufficio in quanto durante la sua assenza era stata cambiata la serratura (cf. pag 24 e 26 della trascrizione); che l’intervento non era stato richiesto per dissidio tra dipendenti e che i toni della ricorrente erano pacati e la stessa veniva da lui vista sostare all’ingresso e non poter entrare nella stanza. Tale testimonianza ha quindi comprovato la vericidità di quanto esposto dalla D’Amico e ribaltato quanto dichiarato nel rapporto informativo non avendo la stessa distolto i carabinieri dai normali compiti istituzionali per futili motivi ma perché di fatto le veniva impedito di lavorare.

    Quanto all’ordine di servizio con il quale la signora D’Amico non era più segretaria economa i due carabinieri hanno detto di non averlo visto ma di averne sentito parlare da un sottufficiale presente.

    Il Guerra ha anche precisato “ Che un capo di Marina gli ha fatto vedere un ordine del giorno in cui c’era scritto che per accedere al luogo di lavoro era necessario prendere le chiavi in bacheca, previa firma in apposito registro e poi lasciarle quando termina l’orario di lavoro”.

    Oltre alla testimonianza dei due carabinieri vi è in atti anche la deposizione del teste Scarascia – primo maresciallo della Marina Militare ancora in servizio, vicepresidente del circolo sottufficiali quando la signora era all’economato. Questo ha dichiarato “ che l’8-9 luglio fu chiamato dalla guardiana in quanto c’erano due carabinieri al circolo e ivi giunto trovò il questore Cimino che gli chiese dove fosse l’ordine di servizio della signora di cui peraltro non sapeva nulla per cui telefonò al Presidente Di Gaeta che si trovava a Santo Stefano il quale gli rispose che non c’era niente e che se la sarebbe vista lui, mentre il Cimino trasecolava dicendo di aver visto l’ordine di servizio firmato dal Capo di Stato Maggiore in data 24/6/99 (cf.pag.23 trascrizione)”. Stranamente il teste Scarascia pur essendo Vice Presidente del Circolo non sapeva nulla delle nuove direttive in merito all’accesso al luogo di lavoro. Inoltre ha dichiarato a pag. 31 e 32 che le chiavi l’8/7/99 non erano a disposizione di chi doveva entrare nell’ufficio ma che mentre prima era appese dietro la porta sotto la cassaforte della presidenza, poi non c’erano più”.

    Si tratta quindi di un vero giallo sia in quanto alle chiavi che quanto all’ordine di servizio.

    Sta di fatto che nonostante la D’Amico fosse al secondo giorno di rientro al lavoro dalle ferie nessuno le aveva detto che erano cambiate le norme durante la sua assenza nonostante avesse visto il Presidente, il Tesoriere ed il Questore. Soltanto dopo la chiamata al 112 uno dei carabinieri le comunicò “ che non era più segretaria di allora ma era una segretaria normale e comunque per accedere al luogo di lavoro doveva prendere le chiavi nella hall, previa firma in apposito registro e poi lasciarle quando terminava l’orario di lavoro”.

    Quanto all’ordine di servizio con il quale era stata sollevata dall’incarico riusciva a prenderne visione solo nel pomeriggio.

    Comunque non risultava nell’elenco delle persone autorizzate ad entrare nell’ufficio per cui non aveva una collocazione.

    Soltanto il successivo 9/7/99 gli veniva consegnato l’ordine si servizio n.3 datato 8/7/99 con il quale le venivano attribuite mansioni inferiori di quarto livello ma limitatamente ad alcuni compiti quindi neppure nella sua integrità. Quando alla sostituzione nell’incarico di segretario economo con altro dipendente, Vitale Argentina, coadiutore di IV livello è già stato in precedenza nella motivazione in ordine alla violazione dell’art. 5 delle Disposizioni Ente Circoli di Roma e di come in altre circostanza invece ci si fosse attenuti a tale norma (cf. pag 14 della trascrizione – testimonianza del tesoriere Marzocco).

    Va tuttavia precisato che dalla deposizione del teste Andrenelli è risultato anche che la Vitale “non era capace di svolgere quel lavoro e che non se la sentiva anche per esigenze familiari”.

    Va anche sottolineata la circostanza che detta sostituzione avveniva a seguito di congedo ordinario della D’Amico che dopo un periodo di 20 + 20 giorni di assenza per malattia per cervicobracalgia riconosciutale dall’Ospedale Militare della Spezia, aveva presentato la richiesta di ferie per 25 giorni che le erano state concesse a decorrere dall’8/6/99 senza che fosse evidenziata alcuna esigenza di servizio ostativa.

    Ciò contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte resistente che ne ha giustificato la sostituzione all’evidente fine di assicurare la necessità di concludere la stesura della contabilità del Circolo. Perché allora non le è stato rifiutato il congedo ordinario in quel momento? Perché non le sono state comunicate subito il 7/7 al momento del suo rientro al lavoro dopo le ferie le nuove norme relative alle chiavi della segreteria del Circolo?

    Detta modifica organizzativa pur essendo stata originata secondo la difesa del Ministero della Difesa, dalla circostanza che le precedenti chiavi erano in possesso di tutto il personale e ciò impediva di garantire la riservatezza della documentazione relativa agli iscritti al circolo, doveva essere in ogni caso tempestivamente comunicata a tutti i dipendenti compresa la D’Amico senza che la stessa fosse umiliata al punto di dover sostare nel corridoio e nel locale lavanderia senza che le venisse detto ciò che tutti sapevano.

    Vi è una chiara violazione dell’art 1375 c.c. secondo cui il contratto deve essere eseguito secondo buona fede e degli art. 1,2,3,4,37 e 41 Cost. in cui viene ribadito il rispetto della dignità umana.

    Poco chiaro permane tuttavia nonostante l’espletata istruttoria il fatto che le altre signore dell’ufficio accanto del capo carico e del locale lavanderia continuavano come di consueto ad aprire gli uffici quindi portando le chiavi a casa.

    Probabilmente la risposta a tutto ciò è nelle successive deposizioni testimoniali.

    Il teste Pippi, maresciallo dei carabinieri addetto al centro operativo in Arsenale, incaricato di svolgere le indagini sul Circolo Sottufficiali, alla pag. 30 e seguenti della trascrizione ha precisato che “ la cosa nasce per una lettera che il marito della D’Amico fece”.

    La spiegazione di tutto è in questo esposto dal quale scaturì una relazione dei carabinieri alla Procura Militare dalla quale si evinceva per quanto concerne le feste del circolo una discrepanza tra la spesa rilevata sui libri contabili delle varie associazioni che facevano le feste e l’importo indicato sugli statini di spesa del Circolo che era inferiore, In particolare il teste Pippi ha ricordato un episodio in cui grazie alla signora D’Amico fu trovato un documento di introito generale delle feste del cerimoniale privato dell’anno 1998 che prima non si trovava.

    La teste Botti cameriera del Circolo Sottufficiali dal 92 al 2000 ha dichiarato di essere a conoscenza come tutte le persone del Circolo di sollecitazioni fatte alla D’Amico da parte del colonnello La Motta di modificare i dati di bilancio del Circolo alle quali la ricorrente ha sempre opposto un netto rifiuto (cf. pag 44 e seguenti trascrizione). In particolare la teste ha riferito “ di avere personalmente sentito il Presidente Misiscia ed il Tesoriere Ciciriello dire alla ricorrente di cambiare i bilanci perché continuavano ad arrivare sollecitazioni da parte del colonnello La Motta. Allora la D’Amico ha detto: “io non farò questo fatto perché comunque non è corretto, se voi me lo mettete per iscritto e lo controfirmate magari ci posso anche pensare, diversamente questi sono i registri e lo fate voi” (cf. pagg 45 e 46).

    La Botti su richiesta del giudice ha anche descritto il clima che si era venuto a creare intorno alla D’Amico che mentre in un primo tempo era benvoluta da tutti, poi era stata “massacrata” (cf.pag.56) in quanto veniva accusata di essere una ladra da parte di Angelo Oliva, gestore della mensa del Circolo negli anni 98/99 e di non essere degna del lavoro che faceva da parte di capo Galasso che cercava di fare attorno a lei terra bruciata (cf. pag.52) come avvenne per esempio durante un rinfresco tenuto per un collega che si sposava in cui disse “ quando c’è da mangiare, da prendere soldi lei è sempre presente”. Anche il Presidente Di Gaeta ricorda che la mise in guardia nei confronti della D’Amico dicendo di non fidarsi di lei “perché è un vero serpente…non le posso dire altro”.

    La D’Amico è stata emarginata, isolata ed umiliata da tutti, così ha concluso la sua deposizione la teste Botti.

    Anche il teste Scarascia Vice Presidente del Circolo Sottufficiali quando la signora D’Amico era all’economato ha dichiarato (cf. pagg 7 e seguenti della trascrizione) che la stessa più volte aveva sollecitato il Presidente del Circolo ad attenersi alle regole per la contabilità in quanto “ contrariamente a tali regole alcuni pagamenti di fatture venivano effettuati dal cameriere Oliva e non dall’economa o dal tesoriere”; che aveva anche segnalato la scomparsa di documenti contabili invitando inutilmente il Presidente del Circolo ad intervenire per poter lavorare con serenità (cf. pag 21);

    che l’Oliva accusava apertamente la signora di rubare, che il Capo Galasso diceva che la D’Amico invece di fare l’economa avrebbe dovuto andare a fare “lo spurgo dei pozzi neri”, che l’aiutante Cimino diceva alla signora che doveva limitarsi a fare il lavoro di copiatura delle schede senza valutarne la correttezza amministrativa (pag.25); che il Presidente Di Gaeta l’8/7/99 disse alla D’Amico che era una vipera e che doveva schiacciarla prima”.

    Il teste Andrenelli, Capo di Stato Maggiore a Maridipart dal 92 al 95 ha confermato il rapporto informativo positivo portante la sua firma sulla signora D’Amico ed ha anche ricordato che negli anni 92 – 93 mancavano all’appello dieci milioni di materiali dal bar del Circolo Sottufficiali e che fu avviata una indagine sia penale che amministrativa durante la quale la D’Amico collaborò mostrando professionalità e diligenza tanto che servendo una contabile per le medicine all’Ospedale Militare fu fatto il nome della ricorrente che tuttavia non aveva chi la sostituiva al Circolo Sottufficiali in quanto la Vitale, interpellata disse che non era capace e che non se la sentiva per esigenze familiari. Ha anche detto di essere rimasto esterrefatto per “ il licenziamento” della D’Amico in quanto in Marina era la prima volta che succedeva una cosa del genere.

    Anche il teste Simone, Presidente del Circolo dal 91 al 92, ha detto che in quel periodo tutti volevano bene alla D’Amico che era sempre disponibile e che quando la Vitale fu assente per sei mesi fece il suo lavoro sebbene fosse inferiore.

    Il teste Ragosta a pag 16 della trascrizione, dopo aver lavorato per otto anni con la D’Amico come capo carico del Circolo Sottufficiali, la descrive sempre allegra, disponibile e competente.

    Il dott. Di Lella fino al 96 medico dell’Ospedale Militare ha detto che la ricorrente non aveva avuto problemi particolari in epoca precedente ai fatti per cui è causa (cf.pag 47). Ugualmente ha dichiarato il medico del lavoro dott. Mafera.

    Di tutt’altro avviso è invece la testimonianza del dott. Gilioli della Clinica del Lavoro dell’Università di Milano che ha visitato la signora alla fine del 99 e ha formulato una diagnosi di disturbo post-traumatico da stress che è una situazione psichiatrica di disturbo psichico che nasce da situazioni cariche di un potenziale traumatico sul piano psichico (cf. pag. 5 trascrizione).

    Il prof. Gilioli nel corso della propria deposizione testimoniale ha fatto una vera e propria lezione di medicina precisando in particolare che se ci sono delle continue sollecitazioni di carattere emotivo, degli stimoli continui è chiaro che questi possono mantenere attivo il processo, al limite possono anche peggiorare la situazione (cf. pag.22), che la situazione psichica in cui versa la D’Amico può venire alimentata nel senso che persisto

  3. REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Sentenza N. 10019/07 Reg.Sent. N. 392/03 Reg.Gen. N. 6429/00 Notizie di Reato
    in data 30.03.07

    IL TRIBUNALE DELLA SPEZIA
    Composto dai magistrati:
    Dr. Vincenzo FARAVINO PRESIDENTE
    Dr. Marta PERAZZO GIUDICE
    Dr. Mario DE BELLIS GIUDICE
    all’udienza del giorno 30.03.2007 ha pronunciato la seguente
    SENTENZA nella causa penale
    CONTRO
    DI GAETA PASQUALE nt, ad Avellino il 01.08.48 elett.te dom.to alla Spezia in via N. Bixio 96
    LIBERO PRESENTE
    IMPUTATO Del reato di cui:
    a) artt. 323, 81 C.P. per aver, con più azioni/omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, abusato del proprio ufficio al solo fine di danneggiare ingiustamente D’AMICO Mirella, più specificamente in qualità di Presidente del Circolo Sottufficiali della M.M. di La Spezia sostituiva immotivamente la D’AMICO, la quale svolgeva (da oltre 15 anni) mansioni di cassa al predetto Circolo in qualità di Segretario Economo e si trovava in assenza giustificata dal lavoro, con persona a lei preposta e di livello impiegatizio inferiore, in violazione dello Statuto degli impiegati civili dello Stato e del Regolamento Ente Circoli Marina Militare di Roma, la estrometteva dall’ufficio e dalle relative mansioni dando disposizione che venisse sostituita (proprio durante l’assenza della D’AMICO dal lavoro) la serratura della porta d’accesso al Circolo Sott.li e che la D’AMICO non venisse ricompresa tra le persone autorizzate ad accedervi, rifiutava e/o ometteva di rilasciare l’attestato di lodevole servizio per le mansioni superiori di segretario economo, documento necessario alla D’AMICO per poter partecipare ai concorsi banditi dall’Amministrazione della Difesa per il passaggio al livello retributivo superiore, in violazione delle disposizioni vigenti (circolare nr. B2/17 in data 07.04.1999) della Direzione Generale per il Personale Civile) e causandole un danno anche di natura patrimoniale; in La Spezia dal giugno 1999
    b) artt. 479, 61 n. 2 CP. per avere, in qualità di Presidente del Circolo Sottufficiali della M.M. di La Spezia, formato falsamente un atto nell’esercizio delle funzioni del pubblico ufficiale, attestante fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità (nella specie redigeva in epoca successiva all’08.07.1999 l’ordine di servizio nr. 2bis il quale rettificava il contenuto dell’ordine di servizio nr. Datato 24.06.1999, datandolo 25.06.1999 per fargli assumere valenza retroattiva e porlo temporalmente tra gli ordini di servizio nr, 2 e nr, 3 quest’ultimo emesso in data 08.07.1999); per perpetrare il reato di cui al capo a).
    in La Spezia in epoca successiva all’08.07.1999
    PARTI CIVILI
    CIFELLI NUNZIO quale coniuge convivente della Sig.ra Mirella D’AMICO
    offesa patrocinato daU’Aw.to R.Valettini del Foro di Massa
    CIFELLI ROMOLO quale figlio della Sig.ra Mirella D’AMICO offesa,
    patrocinato daU’Aw.to F. Perfetti del Foro di Massa.
    CONCLUSIONI DEL P.M.
    Stante la continuazione, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla
    contestata aggravante anni 1 e mesi 6 di reclusione.
    CONCLUSIONI DELLA PARTE CIVILE
    Avv.to Valettini per Cifelli Nunzio:” Piaccia a Codesto Ill.mo Tribunale Penale
    in composizione collegiale, ritenuta la penale responsabilità dell’imputato
    Pasquale DI GAETA in ordine ai fatti di reato e lui ascritti, condannare lo stessoalla pena di giustizia, condannarlo altresì all’integrale risarcimento di tutti i danni morali e patrimoniali patiti e patiendi dalla parte civile costituita nella misura che sarà determinata in sede di separato giudizio civile; condannarlo sinora alla corresponsione di una somma provvisionale ai sensi dell’art. 540 comma 2 c.p.p., dichiarando immediatamente esecutivo questo capo della sentenza, nella misura di € 50.000,00, subordinando all’integrale versamento della somma stessa, entro il termine di adempimento che Codesto Ill.mo vorrà fissare, l’eventuale concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 165 c.p.
    Piaccia, infine, a Codesto Ill.mo Tribunale Penale in composizione collegiale
    condannare l’imputato Pasquale DI GAETA al pagamento della spese di
    costituzione e difesa della parte civile come da separata notula.”
    Avv.to F. Perfetti per Cifelli Romolo: ” Piaccia al Tribunale Ill.mo ogni
    contraria istanza disattesa, affermata la penale responsabilità dell’imputato,
    condannarlo alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno da liquidarsi in
    separata sede, con una provvisionale immediatamente esecutiva non inferiore ad
    € 50.000,00 e con vittorie di spese ed onorali come da separata notula”. CONCLUSIONI DELLA DIFESA Avv.to Busoni per Di Gaeta Pasquale: assoluzione perché il fatto non sussiste e non costituisce reato. Aw.to Mazzella si associa.
    Proc. n. 392/03 r.g.
    FATTO E DIRITTO
    Con decreto in data 24/01/2003 il Giudice dell’Udienza Preliminare presso il Tribunale della Spezia disponeva il rinvio a giudizio di Pasquale DI GAETA quale imputato dei reati descritti in epigrafe.
    All’udienza del 11/04/2003 (collegio dr. Faravino – Ghinoy – Brusacà), previa verifica della regolarità delle notifiche, veniva dichiarata la contumacia dell’imputato, non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento.
    La difesa dell’imputato eccepiva preliminarmente l’illegittima presenza nel fascicolo del dibattimento di una audiocassetta registrata dalla parte offesa Mirella D’AMICO e dalla stessa prodotta al Pubblico Ministero che ne disponeva il sequestro, nonché della trascrizione delle conversazioni in tale audiocassetta registrate eseguita a cura di consulente tecnico nominato dal Pubblico Ministero.
    Il Tribunale rigettava l’eccezione relativa alla presenza nel fascicolo del dibattimento della audiocassetta, in quanto i beni oggetto di sequestro debbono fare parte del fascicolo del dibattimento, ex art.431 c.p.p. . Veniva invece accolta l’eccezione relativa all’espunzione dal fascicolo del dibattimento della trascrizione delle conversazioni registrate nella audiocassetta, trattandosi di atto che può essere acquisito al fascicolo del dibattimento solo previa audizione orale del consulente tecnico che la trascrizione abbia effettuato.
    La difesa dell’imputato chiedeva inoltre l’esclusione delle parti civili CIFELLI Nunzio e CIFELLI Romolo (rispettivamente marito e figlio della parte offesa Mirella D’AMICO, parti civili già costituite in udienza preliminare) adducendó che la condotta ascritta ali’imputato non era idonea a cagionare alcun danno alle parti civili.
    lì Tribunale respingeva tale richiesta, ritenendo che le parti civili ailo stato apparivano titolari di una posizione giuridica che avrebbe potuto essere eziologicamente collegata al fatto oggetto dell’imputazione e avrebbe potuto dunque legittimare la richiesta di un risarcimento.
    Veniva poi dichiarato aperto il dibattimento e le parti avanzavano le rispettive richieste di prova.
    Sorgeva questione se la parte civile avesse tempestivamente depositato la propria lista testi.
    Il Tribunale disponeva pertanto rinvio per verificare tale circostanza.

    All’udienza del 13/06/2003, il Tribunale dava atto del reperimento dell’originale della lista testi della parte civile.
    Il difensore della parte civile depositava 85 documenti.
    Il difensore dell’imputato chiedeva rinvio per esaminare la documentazione prodotta dalla parte civile.
    L’udienza del 24/10/2003 non si poteva tenere per legittimo impedimento del difensore dell’imputato (concomitante impegno professionale in altra sede).
    L’udienza del 5/3/2004 non si poteva tenere per impedimento dei componenti del collegio.
    Le udienze del 25/06/2004, 22/10/2004 e 21/01/2005 non si potevano tenere a causa del trasferimento ad altra sede di uno dei componenti del collegio.
    All’udienza del 06/05/2005 (collegio dr. Faravino – Perazzo – Lucca) stante la diversa composizione del collegio giudicante si procedeva alla rinnovazione della dichiarazione di apertura del dibattimento e della enunciazione della richiesta di prove delle varie parti. La difesa dell’imputato si riservava comunque eccezioni in ordine alla documentazione prodotta dalla parte civile.
    Il Tribunale ammetteva le prove richieste dalle parti, ad eccezione di tre testimoni indicati dalla parte civile, ritenendo sovrabbondante la relativa lista testi.
    All’udienza del 24/06/2005 si presentava l’imputato e veniva conseguentemente revocata la dichiarazione di contumacia dello stesso; il difensore dell’imputato eccepiva 1*inammissibilità della produzione di taluni documenti della parte civile (nn.l, 37, 50; 2, 3, 4 e 5; da 42 a 46, 67; da 52 a 64; da 78 a 80 e 82); il Pubblico Ministero si associava limitatamente ai documenti nn.3, 5, 37; il Tribunale si riservava e disponeva procedersi all’esame dei testimoni; nel corso dell’udienza veniva sentita la parte offesa Mirella D’AMICO.
    All’udienza del 23/09/2005 la difesa della parte civile produceva fotografie della porta dell’ufficio della persona offesa Mirella D’Amico con cartello apposto sulla stessa nonché copia dello Statuto dell’Ente Circoli della Marina Militare.

    Si constatava che il testimone che doveva essere sentito in tale udienza (MARIANI Roldolfo) era stato indagato per reato collegato. Rilevata dunque la necessità di procedere ad esame assistito del teste, si rinviava ad altra data per consentire la presenza di difensore. L’udienza del 25/11/2005 non si poteva tenere per sciopero del personale di cancelleria.
    All’udienza del 9/12/2005 si procedeva all’esame dei testi PIPPI Massimo, SCARASCIA Tommaso e CIFELLI Nunzio.
    All’esito la parte civile, con il consenso delle alte parti, rinunciava la teste CIMINO Pietro.
    L’udienza del 20/01/2006 non si poteva tenere per legittimo impedimento (malattia) dell’imputato.
    L’udienza del 17/03/2006 non si poteva tenere per impedimento di uno dei componenti del collegio.
    All’udienza del 14/04/2006, rilevata la lunga prevedibile durata dell’impedimento di uno dei componenti del collegio (aspettativa per gravidanza e puerperio) si procedeva con nuova composizione del collegio (dr. Faravino – Perazzo – De Bellis). Le parti prestavano consenso all’utilizzazione delle prove raccolte innanzi al precedente collegio. Veniva disposta la rinnovazione dell’apertura del dibattimento e le parti rinnovano la richiesta di prove.
    Nel corso dell’udienza si procedeva a sentire MARIANI Rodolfo in quale, sentito ex art.210 c.p.p., si avvaleva della facoltà di non rispondere.
    Le udienze del 05/05/2006 e del 19/05/2006 non si potevano tenere per impedimento di uno dei componenti del collegio.
    L’udienza del 16/06/2006 non si poteva tenere in quanto i difensori dell’imputato dichiaravano di aderire all’astensione dalle udienze penali proclamata dalla Camera Penale della Spezia.
    All’udienza del 23/06/2006 il Pubblico Ministero dava atto delle vane ricerche del teste ARGENTIERI Martella Concetta e chiedeva fosse disposta l’acquisizione ex art.512 c.p.p. del verbale di spontanee dichiarazioni reso dalla ARGENTIERI in fase di indagini. La difesa dell’imputato si opponeva ritenendo che le ricerche della testimone fossero

    incomplete (in particolare sostenendo che non si fosse accertato presso il comune di ultima residenza se risultasse un mutamento di residenza). Il Tribunale, ritenendo che fossero state effettuate tutte le ricerche previste dal codice di procedura penale, disponeva la lettura ex art.512 c.p.p. delle dichiarazioni della ARGENTIERI.

    Veniva poi chiamato il teste DONINI Angelo. Si accertava tuttavia che lo stesso era stato indagato nel corso del procedimento e la sua posizione poi archiviata. Stante la necessità di sentirlo con l’assistenza del suo difensore di fiducia (non presente) si rinviava ad altra udienza.
    L’udienza del 29/09/2006 non si poteva tenere in quanto i difensori dell’imputato dichiaravano di aderire all’astensione dalle udienze penali proclamata dalla Camera Penale della Spezia.
    All’udienza del 20/10/2006 si procedeva all’esame ex art.210 c.p.p. di DONINI Angelo nonché all’esame del teste ANDRENELLI Aldo.
    Essendo assente il teste d’accusa Argentina VITALE e non consentendo i difensori dell’imputato ad una inversione dell’ordine di assunzione delle prove, si rinviava ad altra udienza per la prosecuzione dell’istruttoria dibattimentale.
    All’udienza del 27/10/2006 si procedeva all’esame della teste D’IMPORZANO Candida.
    All’udienza del 10/11/2006 si procedeva ex art.210 c.p.p. all’esame di GUERRA Santino, nonché all’esame del teste VITALE Argentina.
    L’udienza del 24/11/2006 non si poteva tenere per impedimento di uno dei componenti del collegio
    L’udienza del 15/12/2006 non si poteva tenere in quanto i difensori dell5imputato dichiaravano di aderire all’astensione dalle udienze penali proclamata dalla Camera Penale della Spezia.
    All’udienza del 19/01/2007 si procedeva all’esame ex art.210 c.p.p. di CIMINO Pietro e di GALASSO Ciro (che si avvaleva della facoltà di non rispondere).
    All’udienza del 26/01/2007, si procedeva (previa discussione sulle modalità con cui sentire la persona) all’esame di CINQUE Francesco, come testimone, essendosi ritenuto da parte del Tribunale che i fatti per cui lo
    stesso fu indagato e poi prosciolto non fossero connessi o collegati con quello per cui si procede.
    Veniva inoltre conferito al perito Sandra TOMMASI l’incarico di trascrivere le conversazioni registrate sulla audiocassetta sequestrata.
    All’udienza del 23/02/2007 si procedeva all’esame dell’imputato. Il perito depositava la trascrizione delle conversazione registrate sulla audiocassetta in sequestro.
    La difesa dell’imputato avanzava istanza ex art.507 c.p. di sentire ulteriori testimoni (Mogliani, Accardo); il Tribunale rigettava l’istanza ritenendo non assolutamente necessaria ai fini del decidere l’audizione di tali ulteriori persone. Si dichiarava chiusa l’istruttoria e si rinviava ad altra udienza per la discussione.
    All’udienza del 30/03/2007 la difesa dell’imputato produceva nuova documentazione, rinnovava l’eccezione di inammissibilità di taluni documenti prodotti dalla parte civile (eccezione già formulata all’udienza del 24/06/2005, nella quale occasione il collegio si era riservato), contestava nuovamente l’ammissibilità della acquisizione al fascicolo del dibattimento della audiocassetta in sequestro e la genuinità delle conversazioni ivi registrate.
    Il Tribunale ammetteva le nuove produzioni, ammetteva le produzioni a suo tempo fatte dalla parte civile, ad eccezione della consulenza tecnica medico legale effettuata dal dr. Lezza sulla persona di Mirella D’Amico (osservando che non era stato preventivamente sentito in dibattimento il consulente tecnico, del quale non era comunque necessario l’esame nemmeno ex art.507 c.p.p.); ribadiva le proprie precedenti valutazioni sulla ammissibilità della acquisizione della audiocassetta e respingeva le contestazioni sulla genuinità della stessa., ritenendole mera enunciazione di un generico sospetto di manipolazione non sutrragato da alcun elemento concreto.
    Le partì concludevano poi come da verbale.
    All’esito il Tribunale pronunciava sentenza in ordine ai reati ascritti, dando lettura del dispositivo in udienza.
    Dall’istruttoria sono emerse le seguenti circostanze.
    Mirella D’AMICO riferiva di lavorare al Circolo Sottufficiali della Marina Militare della Spezia quale impiegata civile del Ministero della Difesa. Aveva la qualifica di operatore amministrativo contabile (quinto livello), tuttavia fin dal 1985 e fino all’epoca dei fatti (luglio 1999) aveva di fatto ininterrottamente svolto le fruizioni di segretario economo (corrispondenti alla settima qualifica funzionale). Nell’ambito di tali funzioni aveva la responsabilità della contabilità del circolo.
    Nel corso di tale suo lavoro aveva modo di ravvisare delle irregolarità contabili, segnalandole dapprima al presidente ed al tesoriere del circolo (nelle persone di Pasquale DI GAETA e Francesco CINQUE) e successivamente, non avendo ricevuto risposte, al Capo di Stato Maggiore del Dipartimento dell’Alto Tirreno (tali fatti vengono collocati dalla teste nell’aprile del 1998). Da tali segnalazioni traeva origine un procedimento penale (per peculato, nei confronti dell’odierno imputato – ed anche dei testi SCARASCIA e CINQUE – e si è da ultimo concluso con sentenza di assoluzione n.487/2002 pronunciata dal Giudice dell’Udienza Preliminare presso il Tribunale della Spezia in data 05/06/2002, il tutto come risulta dalle produzioni di parte). A
    La D’AMICO riferiva che a seguito di tale sua segnalazione nasceva all’interno del circolo un clima a lei ostile. La teste riferiva di comportamenti irriguardosi ed offensivi nei suoi confronti, precisando che l’odierno imputato, pur essendo a conoscenza di tali condotte, non interveniva in alcun modo a sua difesa. Nel corso del tempo le veniva nascosta posta di certa rilevanza, subiva decurtazioni immotivate di stipendio e le veniva negata la dazione di buoni benzina viceversa erogati mensilmente a tutti gli altri dipendenti.
    Il giorno 7 luglio 1999 al ritorno da un periodo di ferie cercava di aprire la porta del suo ufficio con la chiave in sua dotazione, ma non vi riusciva. Notava un sottufficiale, tale Ciro GALASSO, il quale nel vederla armeggiare, si fregava le mani e sghignazzava. La D’AMICO non riteneva comunque di chiedere spiegazioni al GALASSO, con il quale era in conflitto, avendola questi più volta offesa dicendole “che era degna solo di mettere le mani in un pozzo nero” e frasi simili. Nel corso della mattinata si aggirava per il circolo e ad un certo momento trovava la porta del suo ufficio aperta e vi entrava, sedendosi alla scrivania. Nonostante quella mattina si recassero presso il circolo l’odierno imputato (presidente del circolo) ed il questore del circolo (Pietro CIMINO), nessuno le comunicava alcunché. Al termine dell’orario di lavoro si recava a casa. Il giorno successivo (8 luglio 1999) si recava in ufficio (munita di registratore) e trovava nuovamente chiusa la porta del suo ufficio. Su tale porta era stato altresì apposto un cartello che indicava le persone autorizzate ad accedere all’ufficio. La teste precisava che non si trattava di un elenco di nominativi bensì di un elenco di qualifiche. Fra le qualifiche che avevano il diritto d’accesso all’ufficio vi era quella di segretario economo, ma la D’AMICO aveva sentito da voci di corridoio (riportatele da personale addetto alla lavanderia) che era stata rimossa da tale incarico, riteneva pertanto di non entrare nella stanza e chiamava i carabinieri. Intervenivano in effetti dei carabinieri, che avevano un colloquio con GALASSO Ciro (sottufficiale al dettaglio), CIMINO Pietro (questore del circolo) e SCARASCIA Tommaso (vicepresidente del circolo). Alla fine di tale colloquio i carabinieri le comunicavano che non era più segretaria economa e che era intervenuto un ordine di servizio con il quale erano state modificate le norme di accesso ai singoli uffici, per cui le chiavi non potevano essere portate più a casa ma dovevano essere lasciate nella hall, firmando apposito registro. La D’AMICO (anche perché notava arrivare altra impiegata che tirava fuori le chiavi del suo ufficio dalla borsa) chiedeva di poter visionare gli ordini di servizio che la riguardavano. Lo chiedeva a GALASSO, CIMINO e SCARASCIA. Quest’ultimo telefonava all’imputato DI GAETA, il quale indicava il luogo in cui doveva trovarsi l’ordine di servizio con cui la D’AMICO veniva rimossa dall’incarico. Nessuno trovava però tale ordine di servizio. Un’ora più tardi giungeva l’imputato (era ormai mezzogiorno) e la D’AMICO gli chiedeva l’ordine di servizio che la riguardava. Lui disse che non lo trovava e che sarebbe andato a prenderlo nell’altro ufficio da lui ricoperto (presso le palazzine sottufficiali). La D’AMICO rimaneva in attesa; l’imputato si ripresentava verso le 13.30 e alla richiesta della D’AMICO di vedere l’ordine di servizio le rispondeva che aveva avuto cose più importanti da fare e che lei era una vipera e avrebbe dovuto schiacciarla prima. Nel pomeriggio dello stesso giorno veniva contattata dal maresciallo dei carabinieri PIPPI Massimo, il quale stava effettuando indagini in relazione la procedimento per peculato succitato e le chiedeva dove poteva trovare certi documenti. I due si vedevano al circolo ed il PIPPI, rilevato che sulla porta dell’ufficio della D’AMICO vi era il cartello di area riservata, telefonava all’imputato per farsi autorizzare ad entrare. A seguito di tale, telefonata e anche tramite l’ intercessione del PIPPI, la D’AMICO otteneva la consegna dell’ordine di servizio (il numero 2 datato 24/06/1999 – documento n.15 delle produzioni parte civile), con il quale si disponeva da parte dell’imputato (con il visto del Capo di Stato Maggiore C.V. Angelo DONINI) che il coadiutore Argentina VITALE (un coadiutore di quarto livello) assumesse dal 24/06/1999 l’incarico di segretario economo in sostituzione dell’operatore amministrativo contabile Mirella D’AMICO.
    Il giorno successivo (9 luglio 1999) la D’AMICO si presentava in ufficio e l’imputato le notificava ( precisa la teste “con sdegno”) un nuovo ordine di servizio, il numero 3 datato 08/07/1999, con cui l’imputato, in qualità di presidente del circolo, disponeva che la D’AMICO svolgesse taluine limitate funzioni precedentemente svolte dalla VITALE: (documento n. 18 delle produzioni di produzioni parte civile; si tratta delle seguenti funzioni: disbrigo di tutte le pratiche inerenti alla associazione dei soci con riscossione delle relative quote e versamento delle stesse al tesoriere; tenuta, numerazione, compilazione e conservazione degli atti nei termini previsti dalla legge dei seguenti registri: atti autorizzativi; ordini del giorno; processi verbali; ordini di servizio; raccolta verbali riunione ed. ; registro di carico e scarico degli oli esausti).

    Il giorno successivo la teste entrava in malattia, essendo stata colta da sindrome ansioso depressiva.
    Il giorno 21 luglio 1999 riceveva notifica tramite carabinieri di presentarsi al circolo per svuotare i cassetti della scrivania. Il giorno 23/07/1999 si presentava con un legale a svuotare i predetti cassetti facendo un inventario dei beni presenti ed il giorno 27 luglio 1999 si recava nuovamente al circolo a riconsegnare una seconda chiave della cassaforte dell’ufficio che era rimasta nella sua disponibilità. In tale occasione le veniva notificata una contestazione disciplinare.
    La D’AMICO lamentava inoltre di avere presentato nel dicembre del 1998 una istanza per partecipare a corsi concorso di riqualificazione interni all’amministrazione. Nel maggio del 1999 (assente la D’AMICO per malattia) la VITALE preparava per sé stessa e per la D’AMICO due attestati di lodevole servizio, posti alla firma del presidente del circolo, cioè dell’imputato. DI GAETA si rifiutava di rilasciare l’attestato contestandone il contenuto. Tale fatto precludeva alla D’AMICO di partecipare ai corsi succitati.
    La D’AMICO lamentava che da tale situazione le conseguivano danni alla salute ed inoltre il licenziamento, in quanto l’ospedale militare la dichiarava permanentemente non idonea al servizio. La teste riferiva inoltre che da tale situazione conseguiva un grave stato di prostrazione, che si jipertì^Gteva sulla sua sola familiare, determinando alla fine la separazione dal marito. Anche suo figlio ne aveva risentito, in quanto a causa del grave clima familiare (ed anche del fatto che la D’AMICO era rimasta senza stipendio e non le venne erogata per un certo periodo neanche la pensione) aveva rinunciato agli studi universitari.
    Solo in data 1 settembre 1999 veniva a sapere da un sindacalista dell’esistenza di un ordine di servizio numero 2 bis datato 25 giugno 1999 che integrava l’ordine di servizio numero 2, nel senso che la sua sostituzione con la VITALE era da intendersi come temporanea. Il giorno successivo, il 2 settembre 1999, veniva in possesso di tale ordine di servizio.
    La D’AMICO riferiva inoltre dell’esistenza di un ordine di servizio numero 4 datato 14 luglio 1999 (documento n.28 delle produzioni di parte civile), peraltro a lei non notificato, con il quale venivano annullati gli ordini di servizio precedenti, ribadendo comunque che in assenza della D’AMICO le sue funzioni vengono eseguite dalla VITALE.
    A domanda della difesa, la teste riferiva di essere stata assente dal lavoro per patologie relative a stati ansiosi in varie occasioni fin dal 1987.
    Il teste e parte civile Nunzio CIFELLI, marito di Mirella D’AMICO, ha riferito di essere stato chiamato dalla moglie in data 8 luglio 1999 perché non riusciva ad entrare in ufficio. Non assisteva direttamente all’intervento dei carabinieri perché non fu fatto entrare. Tornava al circolo nel pomeriggio quando la D’AMICO veniva chiamata dal maresciallo PIPPI ed in quella occasione richiedeva insistentemente all’imputato di fare consegna dell’ordine di servizio con il quale la D’AMICO veniva demansionata. Alla fine l’imputato notificava alla D’AMICO tale ordine di servizio (il numero 2 del 24/06/1999).
    Il teste ha poi riferito che la moglie in precedenza aveva rilevato irregolarità contabili nella gestione del circolo, facendole presenti all’imputato, quale presidente del circolo stesso e che lui stesso, in qualità di sottufficiale della Marina e socio del circolo, aveva scritto una lettera al Capo di Stato Maggiore segnalando le irregolarità succitate.
    Il CIFELLI esponeva inoltre che dopo i fatti per cui è processo la D’AMICO si ammalava ed in particolare aveva crisi depressive. La D’AMICO veniva poi licenziata e rimaneva per 8/9 mesi senza stipendio né pensione. In conseguenza di tali fatti il figlio Romolo CIFELLI doveva cessare gli studi universitari, non potendo i genitori più mantenerlo agli studi, e gli stessi rapporti fra lui e la moglie si guastavano, al punto che gli stessi si separavano.
    Il tese Massimo PIPPI, in servizio ai carabinieri, ha confermato quanto riferito dalla D’AMICO, ovvero di essersi recato (il giorno 8 luglio 1999) al circolo sottufficiali per acquisire un documento nell’ambito dell’indagine per peculato che coinvolgeva vari sottufficiali del circolo stesso. Visto che non si trovava tale documento, il PIPPI chiedeva per telefono alla D’AMICO se poteva venire al circolo per aiutarlo a trovare detto atto. Nel frattempo il DI GAETA lo informava che era stato emesso un ordine di servizio per effetto del quale la D’AMICO era stata rimossa dall’incarico di segretaria economa. La D’AMICO venne con il marito. Il PIPPI, osservando che sulla porta dell’ufficio era apposto un cartello che limitava l’ingresso a determinate persone, chiedeva al DI GAETA l’autorizzazione
    ad entrare per sé e per la D’AMICO, visto che quest’ultima non era più segretaria economa. Ricordava che l’imputato voleva notificare l’ordine di servizio il giorno dopo ed il marito della D’AMICO si lamentava di tale fatto, e lui stesso chiese all’imputato di procedere subito alla notifica dell’ordine di servizio, cosa che l’imputato effettivamente fece.
    Il teste Tommaso SCARASCIA, all’epoca vicepresidente del circolo sottufficiali, ha riferito che un giorno del luglio 1999, mente stava prestando servizio in altro ufficio, fu chiamato al circolo perché vi era una discussione fra la D’AMICO e Pietro CIMINO, questore del circolo. Apprendeva così che la D’AMICO non poteva entrare nella sua stanza perché erano state cambiate le chiavi. Il CIMINO gli diceva altresì che c’era un ordine di servizio in conseguenza del quale la D’AMICO era stata rimossa dall’incarico. Lo SCARASCIA “cascava dalle nuvole”, ignorando del tutto l’esistenza di tale ordine di servizio (ed anche di quello che prevedeva che le chiavi si dovessero ritirare in portineria) e telefonava all’imputato DI GAETA, che si trovava per lavoro a Santo Stefano di Magra. L’imputato diceva che ci avrebbe pensato lui e di non preoccuparsi. Dopo un po’ di tempo l’imputato arrivava al circolo e cercava l’ordine di servizio, senza trovarlo. Diceva allora che forse lo aveva in altro suo ufficio e si allontanava.

  4. Si invia di seguito l’atto d’Appello EVIDENZIANDO che, nonostante la condanna penale, il Giudice non ha riconosciuto alle parti civili il RISARCIMENTO RELATIVO AL DANNO MORALE che, come dicono gli addetti ai lavori, è sempre in re ipsa….ma non questa volta !!!

    ECC.MA CORTE D’APPELLO DI GENOVA
    Sezione penale
    Atto di impugnazione in appello ex artt. 568, 571 e 574 c.p.p.
    Il sottoscritto Avv. Prof. Roberto Valettini del foro di Massa, quale difensore di fiducia ex artt. 100 e 101 c.p.p. e procuratore speciale ex art. 120 c.p.p.
    – del Signor Nunzio CIFELLI, nato ad Isernia (IS) il 28.07.1948 ed ivi residente in Largo Padre Giacinto n. 1,
    – del Dottor Romolo CIFELLI, nato ad Isernia (IS) il 04.06.1974 e residente alla Spezia alla Via Di Murlo n. 12,
    entrambi ai fini del presente atto elettivamente domiciliati in Genova alla Via XX Settembre nn. 4-7 (Studio legale Avv. Francesca Roccella), danneggiati dal reato e parti civile costituite nel procedimento penale rubricato ai nn. 6429/00 R.G.N.R. e 392/03 Reg. Gen. attivato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Penale della Spezia nei confronti dell’imputato Pasquale DI GAETA, in virtù di nomine a difensore di fiducia ex artt. 100 e 101 c.p.p. con procura speciale ex art. 120 c.p.p. poste in calce al presente atto, del quale costituiscono parte integrante
    dichiara
    a norma degli artt. 568, 571 e 547 c.p.p. di proporre impugnazione, anche ai sensi e per gli effetti degli artt. 548 num. 3 e 585 num. 2 lett. d) c.p.p.,
    avverso
    l’allegata Sentenza del Tribunale Penale della Spezia n. 10019/07 Reg. Sent. emessa all’udienza del 30.03.2007 dal Tribunale in composizione collegiale (presidente Dott. Vincenzo Faravino, estensore Dott. Mario De Bellis, a latere Dott.ssa Marta Perazzo), con motivazioni depositate in cancelleria il 31.05.2007 entro il termine di giorni 90 indicato dal Giudice ai sensi dell’art. 544 comma 3 c.p.p., con la quale il Signor Pasquale DI GAETA veniva condannato per i reati di cui agli artt. 323 e 81 c.p. e di cui agli artt. 479 e 61 n. 2 c.p., in particolare ex artt. 533 e 535 c.p.p. “dichiarava Pasquale DI GAETA colpevole del reato di abuso di ufficio di cui al capo a), limitatamente al contestato mutamento di mansioni, nonché del reato di falso ideologico di cui all’art. 479 c.p. in relazione all’art. 476 co. 1 c.p., con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p. e ritenuta la continuazione tra tali reati, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l’art. 31 c.p. condanna Pasquale DI GAETA all’interdizione temporanea dai pubblici uffici per anni uno. Visti gli artt. 163 e 178 c.p.p. concede i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziario. Visto l’art. 537 c.p.p. dichiara la falsità dell’ordine di servizio n. 2 bis del 25.06.1999 e dispone la cancellazione dello stesso da effettuarsi mediante annotazione sull’originale da parte dell’Amministrazione militare competente. Visto l’art. 538 c.p.p. rigetta le domande di risarcimento del danno di Nunzio CIFELLI e di Romolo CIFELLI”.
    La presente impugnazione viene pertanto proposta dalle parti civili costituite Nunzio CIFELLI e Romolo CIFELLI nei confronti dell’ultimo capo della sentenza, che riguarda il rigetto della loro domanda di risarcimento del danno e delle relative spese legali e di giudizio, per i seguenti
    motivi d’appello
    ( I )
    Premessa in fatto
    La Signora Mirella D’Amico è dipendente civile del Circolo Sottufficiale della Marina Militare della Spezia con inquadramento di operatore amministrativo contabile di V livello, ma ha svolto sin dal 1985 mansioni di segretario economo di VII livello.
    Nel 1998 la Signora Mirella D’Amico ha denunciato al presidente (Pasquale DI GAETA) ed al questore (Francesco Cinque) del circolo sottufficiali e successivamente anche al Capo di Stato Maggiore (Angelo Donini) alcune irregolarità da lei riscontrate nell’esercizio delle sue funzioni nella contabilità della struttura.
    Nel maggio 1999, in conseguenza del procedimento penale radicatosi per i fatti da lei denunciati, il Signor Pasquale DI GAETA ha immotivatamente e quindi illegittimamente rifiutato di sottoscrivere l’attestato di lodevole servizio della Signora Mirella D’Amico, predisposto dalla Signora Argentina Vitale per sé e per la collega malata al fine di partecipare ai prossimi concorsi per gli inquadramenti superiori.
    La mancata sottoscrizione del predetto documento ha di fatto impedito alla Signora Mirella D’Amico di partecipare ai successivi corsi-concorsi.
    Il giorno 7 luglio 1999, al rientro da un periodo di ferie, non è riuscita ad aprire la porta del proprio ufficio con la chiave in dotazione e vi è potuta entrare soltanto nel corso della mattinata avendo trovato aperto l’uscio.
    La mattina successiva, il giorno 8 luglio 1999, la porta è nuovamente chiusa a chiave e sulla stessa è affisso un cartello indicante le qualifiche autorizzate all’accesso.
    Avendo udito voci di corridoio secondo le quali la qualifica necessaria ad accedere alla propria stanza le sarebbe stata revocata, onde non porre in essere un’attività illegittima, la Signora Mirella D’Amico ha ritenuto necessario chiamare i Carabinieri per far loro verificare il suo diritto/dovere di accedere a quella stanza ove ha sempre espletato di fatto mansioni di VII livello quale dipendente del Circolo Sottufficiali M.M. della Spezia in qualità di Segretario Economo.
    Gli stessi Carabinieri, al termine del loro intervento, sentiti i sottufficiali di marina presenti – il questore del circolo Pietro Cimino ed il sottufficiale al dettaglio e capo carico Ciro Galasso, responsabile anche della sicurezza sul luogo di lavoro – e tramite loro il DI GAETA telefonicamente, le comunicano che effettivamente non ricopre più il ruolo di segretario economo e che le chiavi debbono essere riconsegnate in portineria per la registrazione.
    Tuttavia l’ordine di servizio n. 13 del 01.06.1999 (peraltro anch’esso successivamente corretto dall’originario n. 002), utilizzato strumentalmente dai superiori della Signora Mirella D’Amico per conferire un’apparenza di correttezza al loro operato, successivamente venuto a conoscenza della Signora Mirella D’Amico, al contrario, stabilisce invece che le chiavi ed il relativo registro debbano essere affidate non alla portineria, ma bensì al sottufficiale al dettaglio e responsabile della sicurezza sul luogo di lavoro Ciro Galasso, che è sempre stato presente in ufficio durante gli accessi della Signora Mirella D’Amico senza mai far presente la predetta disposizione.
    Di questa circostanza è data conferma diretta anche nella relazione sui fatti che lo Stato Maggiore della Marina invia al Ministero della Difesa a seguito della disperata richiesta di intervento della Signora Mirella D’Amico, in condizioni di salute sempre più gravemente compromesse, datata 2 agosto 1999.
    Nessuno quella mattina è stato in grado di esibire né ai Carabinieri intervenuti né alla Signora Mirella D’Amico gli ordini di servizio che hanno disposto le predette modifiche alle norme di accesso agli uffici amministrativi del circolo.
    Soltanto con l’intervento del Maresciallo dei Carabinieri Massimo Pippi la Signora D’Amico ha ricevuto il pomeriggio dell’8 luglio 1999 l’ordine di servizio n. 2 datato 24.04.1999, versato in atti, mediante il quale il DI GAETA, con il visto del Capo di Stato Maggiore Angelo Donini, il quale ha anche la responsabilità di vigilare sul circolo medesimo, ha disposto il passaggio dell’incarico di segretario economo dalla Signora Mirella D’Amico (formalmente operatore amministrativo contabile di V livello, ma di fatto segretario economo di VII livello da ben quattordici anni) alla Signora Argentina Vitale (coadiutore amministrativo di IV livello).
    Il successivo 9 luglio 1999 l’imputato DI GAETA ha notificato alla Signora Mirella D’Amico l’ordine di servizio n. 3 datato 08.07.1999, pure in atti, con il quale ha attribuito alla stessa D’Amico le mansioni precedentemente svolte dalla collega Vitale.
    Il giorno 10 luglio 1999 la Signora Mirella D’Amico, in conseguenza delle condotte illecite poste in essere dal Signor Pasquale DI GAETA lesive della sua salute psicofisica e della sua dignità personale e professionale, è caduta in malattia per sindrome ansioso depressiva connessa all’ambiente di lavoro, certificata dal medico dell’Ospedale della Marina Militare della Spezia con quindici giorni .
    L’insorgenza di questa psicopatologia in conseguenza delle condotte illecite del Di GAETA è stata ampiamente dimostrata dalla copiosa documentazione medica in atti tra cui il referto del Dottor Michele Moscatelli (dal quale si evince l’assenza di disturbi precedenti), la Consulenza Tecnica d’Ufficio della Dott.ssa Alessandra Benedetti (nell’ambito della causa di lavoro per mobbing celebrata con esito positivo davanti al Giudice Unico del Lavoro della Spezia, Dott.ssa Pasqualina Fortunato), le Consulenze Tecniche di Parte del Dott. Fulvio Mafera e del Prof. Renato Gilioli, il quale in particolare conclude più volte le sue visite con la seguente diagnosi “quadro in evoluzione verso un disturbo post-traumatico da stress con prevalente componente occupazionale. Si riconferma l’opportunità di trattamento psicoterapeutico”.
    Anche l’Ospedale della Marina Militare della Spezia, sin dal 10.07.1999, ha subito riconosciuto lo stato ansioso depressivo collegato all’ambiente di lavoro, come risulta dai molteplici certificati medici in atti, tutti attestanti “lo stato ansioso depressivo reattivo” progressivamente peggiorato.
    Lo stesso 10 luglio 1999 la Signora Mirella D’Amico, per il tramite dell’Avvocato Umberto Burla, rende noto al presidente del circolo DI GAETA, al questore del circolo Pietro Cimino, nonché al capo di stato maggiore Angelo Donini di essere caduta in malattia per grave stato di stress, ancora sotto accertamento medico specialistico.
    La medesima circostanza della malattia della Signora Mirella D’Amico è nuovamente comunicata al Maresciallo Pasquale DI GAETA con nota del 20 luglio 1999.
    Nel procedimento penale immediatamente aperto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale della Spezia contro ignoti per le lesioni da mobbing patite dalla Signora Mirella D’Amico la consulenza tecnica del pubblico ministero del 22.05.2000 ha confermato il compromesso stato di salute psicofisica in ragione delle condotte illecite poste in essere dall’imputato Pasquale DI GAETA.
    Il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale della Spezia, Dott. Massimo Scirocco, ha incaricato infatti il consulente tecnico Dott. Alessandro Lezza, il quale ha concluso che “la recente situazione conflittuale lavorativa ha determinato un rilevante stress psicofisico e ha inciso sull’equilibrio della Signora Mirella D’Amico”.
    Nello stesso senso anche la consulenza tecnica resa dal medico militare dell’Ospedale della Marina Militare della Spezia il 26.10.1999.
    Il 21 luglio 1999 Carabinieri le notificano l’ingiunzione dei superiori di presentarsi in ufficio per liberare la scrivania; l’incombente è svolto il giorno 23 luglio 1999, alla presenza del difensore di fiducia, con redazione del relativo inventario.
    Il giorno 27 luglio 1999 si è recata a riconsegnare il doppione di una chiave della cassaforte e in quella occasione riceve la notifica di una contestazione disciplinare, palesemente strumentale (viene contestato l’aver inutilmente distolto i carabinieri dal loro servizio per futili motivi, come i superiori hanno giudicato il non poter accedere al proprio ufficio da parte della Signora Mirella D’Amico per espletare le sue mansioni).
    In data 1 settembre 1999 un sindacalista, delegato al ritiro dello stesso presso l’ufficio del capo di stato maggiore del Dipartimento Militare Marittimo dell’Alto Tirreno C.V. Angelo Donini dalla stessa Signora Mirella D’Amico, le ha riferito dell’esistenza di un ordine di servizio n. 2 bis datato 25.06.2007 con il quale si integra il precedente ordine di servizio n. 2 nel senso di definire temporanea la sostituzione della Signora Mirella D’Amico con la Signora Argentina Vitale.
    Il successivo giorno 2 settembre 1999 la Signora Mirella D’Amico è entrata materialmente in possesso del falso ordine di servizio n. 2 bis.
    Soltanto il successivo 3 novembre 1999, nonostante le inutili molteplici richieste di accesso alla documentazione ai sensi e per gli effetti della legge 241/90, la Signora Mirella D’Amico è venuta a conoscenza dell’esistenza di un ordine di servizio n. 4 del 14.07.1999, alla stessa non notificato, con cui si sono annullati i precedenti ordini di servizio nn. 2, 2 bis e 3, pur ribadendo che le funzioni dell’operatore amministrativo contabile Mirella D’Amico sarebbero state svolte in sua assenza dal coadiutore amministrativo Argentina Vitale.
    La parte civile costituita, Signor Nunzio CIFELLI, è danneggiato dal reato in ragione del fatto che lo stesso, all’epoca dei fatti coniuge convivente, e oggi marito separato della parte offesa (vittima del reato) Signora Mirella D’Amico.
    Peraltro la separazione dei coniugi è sopravvenuta proprio a causa delle condotte poste in essere contro la Signora Mirella D’Amico, i quali ne hanno sconvolto in modo serio lo stato di salute e di conseguenza anche la relazione coniugale.
    Di tali problemi di salute i diretti superiori della Signora Mirella D’Amico sono da subito portati a conoscenza mediante la nota dell’Avvocato Burla, con la quale si chiede di cessare le condotte lesive illecite e ripristinare la situazione anteriore al 7 luglio 1999.
    L’atto di costituzione di parte civile è stato tempestivamente depositato all’udienza preliminare e la costituzione di parte civile è stata ammessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare con decreto che dispone il giudizio del 24.01.2003.
    Nel ridetto decreto che dispone il giudizio il Giudice per l’Udienza Preliminare, Dott. Alessandro Ranaldi, ha proceduto al rinvio a giudizio del Signor Pasquale DI GAETA per i seguenti fatti di reato di cui ai capi a) e b) del capo di imputazione:
    “a) artt. 323, 81 c.p. per aver, con più azioni/omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso, abusato del proprio ufficio al solo fine di danneggiare ingiustamente D’AMICO Mirella, più specificatamente in qualità di Presidente del Circolo Sottufficiali della M.M. della Spezia sostituiva immotivatamente la D’AMICO, la quale svolgeva (da oltre 15 anni mansioni di cassa al predetto Circolo in qualità di Segretario Economo e si trovava in assenza giustificata dal lavoro, con persona a lei preposta e di livello impiegatizio inferiore, in violazione dello Statuto degli impiegati civili dello Stato e del Regolamento Ente Circoli Marina Militare di Roma, la estrometteva dall’ufficio e dalle relative mansioni dando disposizione che venisse sostituita (proprio durante l’assenza della D’AMICO dal lavoro) la serratura della porta d’accesso al Circolo Sottufficiali e cha la D’AMICO non venisse ricompresa tra le persone autorizzate ad accedervi, rifiutava e/o ometteva di rilasciare l’attestato di lodevole servizio per le mansioni superiori di segretario economo, documento necessario alla D’AMICO per poter partecipare ai concorsi banditi dall’Amministrazione della Difesa per il passaggio al livello retributivo superiore, in violazione delle disposizioni vigenti (circolare n. B2/17 in data 07.04.1999 della Direzione Generale per il Personale Civile) a causandole un danno anche di natura patrimoniale”,
    alla Spezia dal giugno 1999;
    b) artt. 479, 61 n. 2 c.p. per avere, in qualità di Presidente del Circolo Sottufficiali della M.M. della Spezia, formato falsamente un atto nell’esercizio delle funzioni di pubblico ufficiale, attestante fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità (nella specie redigeva in epoca successiva all’08.07.1999 l’ordine di servizio n. 2 bis il quale rettificava il contenuto dell’ordine di servizio n. 2 datato 24.06.1999, datandolo 25.06.1999 per fargli assumere valenza retroattiva e porlo temporalmente tra gli ordini di servizio n. 2 e n. 3 quest’ultimo emesso in data 08.07.1999) per perpetrare il reato di cui al capo a)” alla Spezia in epoca successiva all’08.07.1999.
    Alla prima udienza dibattimentale del 11.04.2003 la difesa dell’imputato Pasquale DI GAETA ha chiesto l’esclusione della parte civile già costituita in udienza preliminare, adducendo che le condotte ascritte all’imputato non sarebbero state idonee a danneggiare il Signor Nunzio CIFELLI.
    Nella stessa udienza il Tribunale della Spezia ha respinto la richiesta di esclusione della odierna parte civile avanzata dalla difesa dell’imputato, assumendo che allo stato il Signor Nunzio CIFELLI era titolare di una posizione giuridica soggettiva in astratto eziologicamente collegata ai fatti oggetto dei capi d’imputazione.
    Il Tribunale ha esplicitamente assunto che tale circostanza ben avrebbe potuto legittimare una sua richiesta di risarcimento dei danni subiti a causa dei comportamenti delittuosi posti in essere dall’imputato.
    All’udienza del 06.05.2005 il Tribunale ha quindi ammesso, tra le altre, anche la lista testi della parte civile, con l’esclusione di tre testimoni, ritenuti sovrabbondanti.
    Di conseguenza nel corso dell’intero processo di primo grado sono stati acquisiti agli atti del fascicolo dibattimentale diversi documenti allegati dalle parti e sono stati inoltre escussi i testimoni dedotti dal Pubblico Ministero, dai difensori delle parti civili, dal difensore dell’imputato: Mirella D’Amico, Rodolfo Mariani, Massimo Pippi, Tommaso Scarascia, Nunzio Cifelli, Mariella Concetta Argentieri (mediante l’acquisizione ex art. 512 c.p.p. delle spontanee dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari, stante la sopravvenuta irreperibilità), Angelo Donini, Aldo Andrenelli, Argentina Vitale, Candida D’Imporzano, Pietro Cimino, Ciro Galasso, Francesco Cinque.
    I testimoni dedotti dalla pubblica accusa e dalle parti civili hanno sostanzialmente confermato con le loro dichiarazioni l’impianto accusatorio, mentre i testi della difesa dell’imputato non sono riusciti a suffragare in maniera idonea e convincente le fantasiose tesi difensive.
    La teste Argentina Vitale, anzi, smonta inconfutabilmente la tesi della difesa dell’imputato circa il presunto “blocco contabile”, di fatto mai avvenuto, che avrebbe asseritamente portato alla sostituzione della Signora Mirella D’Amico.
    La stessa teste Vitale conferma anche la pretestuosità e la falsità degli ordini di servizio emessi dal condannato Di Gaeta, dei quali sono a conoscenza anche i superiori gerarchici dello stesso (con funzioni e poteri di vigilanza): il Donnini, che addirittura ne firma uno, ed il Galliccia, del locale MARIDIPART La Spezia.
    Il processo è stato quindi discusso all’udienza del 31 gennaio 2007 con l’esito più sopra dettagliatamente descritto.
    ( II )
    Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in particolare degli artt. 192 e 194 c.p.p., in relazione alle risultanze istruttorie
    Se, come ovvio e come appare dalla lettura della motivazione, gli elementi utilizzati dal collegio giudicante per addivenire alla pronuncia della sentenza sono stati la valutazione degli atti prodotti e delle testimonianze escusse risulta del tutto evidente la violazione dei principi di cui all’art. 192 c.p.p., laddove si pensi che tre testi dedotti dalla parte civile costituita, tempestivamente e regolarmente inseriti nella sua lista testi ex art. 468 c.p.p.: Aldo ANDRENELLI, Angelo DONINI e soprattutto Candida D’IMPORZANO, inizialmente ritenuti immotivatamente sovrabbondanti e quindi esclusi, sono stati escussi soltanto successivamente e dietro le forti insistenze delle parti civili stesse.
    A pagina 37 delle motivazioni dell’appellata sentenza il collegio prende in esame la richiesta di risarcimento danni avanzata dalle parti civili.
    Preliminarmente “riconfermata la valutazione di ammissibilità della costituzione di parte civile a suo tempo effettuata” passa quindi a pronunciarsi nel merito della domanda di risarcimento del danno patito.
    Più oltre “Il Tribunale osserva che il danno lamentato dalle parti civili costituite è indiretto, sostenendo in sostanza le stesse che a seguito delle tormentate vicende lavorative di Mirella D’Amico quest’ultima andava incontro a crisi depressiva e questa situazione si riverberava sulla vita familiare nel suo complesso, determinando una conflittualità fra la D’Amico ed il marito Nunzio CIFELLI, i quali alla fine pervenivano a separazione, danneggiando anche il figlio Romolo Cifelli”.
    Sul punto letteralmente prosegue “Il Tribunale non esclude che le problematiche relative alla situazione lavorativa della D’Amico abbiano avuto un riflesso sulla vita familiare della stessa”.
    Sin qui dunque appare tutto molto chiaro: il Signor Pasquale DI GAETA ha posto in essere le condotte integranti entrambi i fatti di reato allo stesso contestati, tanto che viene dichiarato penalmente responsabile degli stessi e condannato alla pena detentiva di un anno di reclusione; conseguentemente si è verificata la lesione del diritto soggettivo della parte offesa Mirella D’Amico, vittima di tali comportamenti illeciti; tale lesione ha evidentemente comportato un danno indiretto anche sulla sfera privata della parte civile costituita Nunzio CIFELLI, regolarmente ammessa.
    Non si vede quindi come poi in sede di richiesta di risarcimento del danno subito il medesimo Tribunale possa non riconoscere alcunché, neppure strettamente a titolo di danno morale naturalmente derivato dalla commissione dei reati accertati, a titolo di provvisionale.
    Motiva il Tribunale che “oggetto del processo è una limitata vicenda risoltasi in breve arco temporale nel senso che la D’Amico veniva a sapere dei provvedimenti a lei sfavorevoli nei giorni 7 e 8 luglio 1999 e gli ordini di servizio per cui è processo venivano annullati con l’ordine di servizio n. 4 del 14.07.1999”.
    L’Amministrazione Difesa non ha a tutt’oggi provveduto a rimuovere e/o annullare nessuno dei provvedimenti illegittimi dalla stessa emessi in violazione di legge in danno della Signora Mirella D’Amico.
    Nonostante le molteplici pronunce di illegittimità degli stessi, tali provvedimenti (compresa la cancellazione dai ruoli dell’amministrazione difesa, che tanto ha danneggiato sul piano emotivo la parte offesa e l’intera sua famiglia) debbono quindi ritenersi tuttora operanti.
    In realtà la vicenda professionale della D’Amico non può essere temporalmente limitata né ridotta a singole episodicità, ma investe tutta una serie di condotte lesive comprensive dell’illegittima dequalificazione professionale e dell’illegittimo demansionamento e culminanti nell’illegittimo licenziamento avvenuto nell’ottobre 2000 (quando è addirittura dichiarata inidonea ad alcun proficuo lavoro), ma costituite altresì da una estrema pluralità di condotte, tutte illecite, tutte astrattamente integranti la fattispecie illecita del mobbing sia dal punto di vista penale sia dal punto di vista giuslavoristico.
    Inoltre dell’esistenza degli ordini di servizio de quibus la D’Amico è venuta a conoscenza non nell’immediatezza degli eventi, ma bensì con la loro successiva notifica nel mese di settembre del 1999 e nel mese di novembre 1999 (cioè rispettivamente due mesi e quattro mesi dopo l’evento lesivo che ha causato la malattia psicofisica della dipendente D’Amico), con il che l’arco temporale di estrinsecazione della vicenda non può davvero essere definito breve.
    Vi sono comunque le univoche certificazioni specialistiche che attestano, senza alcun dubbio, che la malattia che ancora oggi affligge la parte offesa Mirella D’Amico, ma anche quella della parte civile Nunzio CIFELLI, sono causate dai comportamenti tenuti dai superiori gerarchici della Signora D’Amico presso il circolo sottufficiali della Spezia a partire dai giorni 7 luglio e 8 luglio 1999.
    Infine è del tutto fuori luogo, è senz’altro eccedente le reali contestazioni di cui al capo di imputazione, è comunque indimostrato quell’assunto del Tribunale secondo il quale i danni lamentati dalla parte civile deriverebbero non dalle condotte contestate, ma bensì dalla successiva circostanza del licenziamento illegittimo.
    Ciò contrasta con la lettera e lo spirito dello stesso capo di imputazione, così come formulato dal Sostituto Procuratore della Repubblica e trasfuso nel decreto che dispone il giudizio del Giudice per l’Udienza Preliminare.
    Infatti il reato di abuso di ufficio viene contestato con la continuazione a partire dal giugno 1999, quindi da un momento precedente ai giorni compresi tra il 7 ed il 14 luglio 1999 presi in esame dal collegio, e con termine quanto meno alla data della richiesta di rinvio a giudizio resa il 27.02.2002.
    Il reato di falso viene contestato con l’aggravante della finalità di perpetrazione del primo in epoca successiva al giorno 8 luglio 1999 e quindi anch’esso potenzialmente sino al 27.02.2002.
    In ogni caso il periodo di tempo interessato dalle condotte criminose e lesive della salute della parte offesa Mirella D’Amico, sono iniziate il 7 luglio 1999 e sono proseguite nell’ambito del medesimo disegno criminoso che qui interessa quanto meno sino al 3 novembre 1999, come emerge chiaramente anche dalla ricostruzione cronologica di cui in premessa, che corregge quella completamente errata del collegio.
    Come si vede non può certo condividersi la tesi del Collegio di primo grado secondo cui si tratterebbe di un periodo di tempo irrilevante.
    Del resto i danni biologici cagionati alla salute della Signora Mirella D’Amico sono stati ritenuti gravi da tutti i medici-legali che l’hanno visitata nel corso dei diversi procedimenti penali e civili instaurati in questi anni, con il riconoscimento formale e non controverso di una invalidità permanente quantificabile almeno tra il 15% e il 20%.
    Proprio in questo senso si è espressa la Dott.ssa Benedetti, perito nella causa di mobbing “diagnosi di disturbo post-traumatico da stress cronico, di gravità lieve/moderato. Il danno si può quindi stimare in una fascia compresa tra il 15% e il 20%”.
    Le condotte attive ed omissive, esecutive del medesimo disegno criminoso, integranti il reato di abuso d’ufficio sono esplicitamente e chiaramente integrate sin dal momento della immotivata sostituzione della Signora Mirella D’AMICO.
    L’attività criminosa si è estrinsecata la sostituzione della collega sottordinata in violazione della normativa vigente, con l’estromissione dall’ufficio e dalle relative mansioni mediante la sostituzione della serratura in sua assenza, per ferie, con l’illecito rifiuto del rilascio dell’attestato di lodevole servizio.
    La falsificazione dell’ordine di servizio n. 2 bis retroattivamente formato e temporalmente inserito tra gli ordini di servizio nn. 2 e 3 ha avuto per lo stesso collegio giudicante la palese finalità di porre in essere il reato di cui all’art. 323 c.p., tanto che il Tribunale di prime cure ne ha dichiarato in sentenza la falsità, disponendone la cancellazione ai sensi dell’art. 537 c.p.p..
    Alla luce di quanto sopra non è condivisibile l’assunto del tribunale spezzino, peraltro indimostrato, che i danni morale, biologico ed esistenziale nonché il danno alla salute patiti dalla Signora Mirella D’Amico, conseguentemente anche i danni morale e patrimoniale dei suoi familiari e del Signor Nunzio Cifelli in particolare, sarebbero tutti da attribuirsi all’evento successivo del licenziamento.
    Tale assunto non emerge da alcuna prova del procedimento penale de quo e, anche nel caso, non potrebbe comunque escludersi a priori una corresponsabilità derivante dal concorso di cause diverse ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p.
    Anche in virtù del predetto assunto, illogico, infondato e comunque errato nelle sue premesse, il collegio ha ritenuto di rigettare la domanda di risarcimento del danno della parte civile, con l’insolito risultato di avere un processo penale concluso con una condanna, ma senza alcun risarcimento per la parte civile regolarmente ammessa.
    Quindi resta comunque inspiegabile la decisione di condannare il Signor Pasquale DI GAETA e di ammettere la costituzione del Signor Nunzio CIFELLI e del Signor Romolo CIFELLI quali parti civili, senza riconoscere loro neppure il risarcimento del danno morale strettamente derivato dall’illecito penale riconosciuto commesso ed attribuito al condannato ed il rimborso delle spese di costituzione in giudizio.
    Sul punto la Suprema Corte di Cassazione si è già chiaramente pronunciata secondo una giurisprudenza ormai consolidata “In tema di risarcimento del danno, il soggetto legittimato all’azione civile non è solo il soggetto passivo del reato, ma anche il danneggiato, ossia chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione od omissione del soggetto attivo del reato” (Cass. pen. sez. VI n. 7259 del 04.11.2004), “Il danneggiato, cui ai sensi degli artt. 185 c.p. e 74 c.p.p. spetta il risarcimento e che si può, ma non si deve necessariamente identificare col soggetto passivo del reato in senso stretto, è chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione o all’omissione del soggetto attivo del reato” (Cass. pen. sez. VI n. 10126 del 20.10.1997, conforme a Cass. pen. sez. VI n. 1266 del 21.03.1996).
    Tra i danni patrimoniali e non patrimoniali ex art. 2059 c.c. (compreso il danno alla vita sessuale) personalmente patiti dal Signor Nunzio Cifelli vi sono tra gli altri le conseguenze giudiziarie in cui è rimasto coinvolto suo malgrado a seguito dei fatti sopra detti patiti dalla moglie Mirella D’Amico (i quali fatti successivamente hanno anche cagionato la separazione legale tra coniugi D’Amico e Cifelli, il quale, con una pensione mensile di 2.000,00 € scarsi si vede costretto a pagare pure gli alimenti).
    Nel processo penale cui il Signor Nunzio Cifelli è stato sottoposto per ingiurie nei confronti di Pietro Cimino, Stefano Togo e Ciro Galasso, tutti coinvolti nelle amare vicende di cui sopra ed a loro volta indagati in altri procedimenti penali attivati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Penale della Spezia, lo stesso, pur essendogli stato riconosciuto l’aver agito in stato d’ira derivante dal fatto ingiusto altrui a persona cara (la moglie separata Mirella D’Amico), è stato condannato dal Giudice di Pace della Spezia alla multa di 1.200,00 € nonché al versamento di una provvisionale pari a 5.000,00 € ciascuno senza alcuna prova del presunto danno lamentato (a fronte di una richiesta di ben 50.000 € ciascuno), benché l’imputato fosse ammesso al patrocinio a spese dello stato.
    Peraltro i Signori Cimino e Galasso, pubblici ufficiali con responsabilità precise in tema di sicurezza sul luogo di lavoro e di personale dipendente, con la sentenza num. 294/2005 sono stati individuati personalmente dal Giudice del Lavoro della Spezia, Dott.ssa Pasqualina Fortunato, come coautori dei comportamenti mobbizzanti ed altamente lesivi sul piano psicofisico posti in atto, con azioni omissive e commissive, nei confronti della Signora Mirella D’Amico, tutti lesivi di diritti costituzionalmente garantiti e protetti, quali il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto alla salvaguardia della reputazione.
    Diritti alla cui protezione i Signori Cimino e Galasso avrebbero dovuto provvedere attivamente per evitare responsabilità civili e penali (Cass. civ. sez. III n. 12111 del 23.05.2006 e Cass. sez. unite penali n. 30328/2002).
    Il Giudice di Lavoro esplicitamente afferma “Ritiene questo giudice che la Signora D’Amico sia stata vittima di un processo denigratorio della sua personalità morale attraverso frasi ingiuriose quali risultano dalle testimonianze precedentemente indicate e i comportamenti così come sono stati descritti che risultano antigiuridici anche singolarmente considerati ed a maggior ragione se valutati nel insieme rendono evidente la volontà persecutoria in suo danno. Si tratta di condotte contrarie ai più elementari canoni di buona fede e correttezza contrattuale, scientemente realizzate per mortificare la lavoratrice dimostrando che ella conta così poco da non meritare neppure di essere informata su scelte che la riguardano direttamente. E’ la prima volta che questo giudice in venti anni di lavoro vede un accanimento così pervicace nei confronti di una lavoratrice da parte di funzionari della pubblica amministrazione che si rifiutano anche di adempiere l’ordine del giudice”.
    In conseguenza di quanto sopra il giudice ha riconosciuto in capo al datore di lavoro della Signora D’Amico la responsabilità di cui all’art. 2087 c.c..
    Giova ricordare che si tratta di un banalissimo processo per il reato di ingiurie p. e p. dall’art. 595 c.p., per il quale lo stesso Pubblico Ministero d’udienza ha chiesto la condanna alla pena di 172,00 € (diconsi centosettantadue/00 euro) di multa.
    La recentissima giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che “la persona offesa dal reato che invoca in sede penale l’accertamento del fatto costitutivo del suo diritto al risarcimento non è esonerata dall’obbligo di provare la portata lesiva del fatto, la specie e l’entità delle lesione subita, la riconducibilità della lesione al fatto reato e di fornire gli elementi indispensabili alla quantificazione del danno. In relazione al danno non patrimoniale comunque la valutazione del giudice del merito non può essere analitica, ma è rimessa in via equitativa al suo prudente apprezzamento” (Cass. pen. sez. V n. 9182 del 31.01.2007, conforme a Cass. pen. sez. V n. 38948 del 27.10.2006).
    In proposito si deve osservare che il Signor Nunzio CIFELLI ha allegato al fascicolo di primo grado copiosa documentazione, anche medico-specialistica, attestante la natura e l’entità dei danni subiti sia da lui sia dalla moglie a causa delle condotte illecite dei di lei superiori gerarchici, nonostante ciò sia ritenuto superfluo dalla giurisprudenza: “Ai fini della pronuncia della condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non è necessario che il danneggiato provi la effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l’azione dell’autore dell’illecito, essendo sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronunzia infatti costituisce una mera declaratoria juris da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione”.
    Quindi anche in questo caso, alla luce delle predette pronunce di legittimità, il Collegio avrebbe dovuto, a seguito della condanna, limitarsi a liquidare una provvisionale (con rimborso delle spese di costituzione in giudizio), quanto meno per il danno morale naturalmente conseguente al fatto di reato, rimandando al giudice civile la valutazione, qui invece illegittimamente fatta, circa esistenza a quantificazione del danno.
    La diversa risposta dell’Amministrazione della Giustizia nei due casi di cui sopra è immotivata ed infondata e come tale palesemente lesiva dei diritti costituzionalmente garantiti del cittadino Nunzio Cifelli, vittima, insieme con l’intera famiglia, di una vicenda dai toni kafkiani che lo ha travolto, sconvolgendogli per sempre la vita.
    Anche il Dottor Romolo Cifelli ha subito gravi danni a causa degli illeciti patiti dalla di lui madre sul posto di lavoro.
    All’epoca dei fatti egli è studente universitario a Firenze ed è costretto ad interrompere gli studi per fare ritorno a casa alla Spezia al fine di assistere i genitori.
    Inoltre gli stessi, a causa del danno economico e patrimoniale derivante dalle condotte illecite del circolo sottufficiali della Spezia (ente dotato di ampi poteri di rappresentanza, riconosciuti dallo statuto dell’Ente Circolo Marina Militare), non sono più in grado di fare fronte alle spese di istruzione universitaria del figlio.
    A causa delle molte ingiustizie lungamente patite la famiglia Cifelli – D’Amico ancora oggi subisce conseguenze negative di ordine esistenziale, patrimoniale e giuridico.
    I Signori CIFELLI, dunque, in qualità di danneggiati dal reato e di parti civili costituite sono legittimati ad impugnare la sentenza di primo grado nel capo civile in cui viene respinta la sua domanda di risarcimento dei danni patiti.
    La Suprema Corte di Cassazione sul punto ha affermato che “In tema di impugnazioni la parte civile è legittimata a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento ed a chiedere la condanna dell’imputato alle restituzioni ed al risarcimento del danno, senza che possa essere di ostacolo l’inammissibilità o la mancanza dell’impugnazione del pubblico ministero, posto che l’art. 576 c.p.p. prevede una deroga rispetto a quanto stabilito dall’art. 538 dallo stesso codice per il giudizio di primo grado ed in tal modo legittima la parte civile non solo a proporre impugnazione contro la sentenza di proscioglimento o di assoluzione pronunciata nel giudizio, ma anche a chiedere l’affermazione di responsabilità penale dell’imputato ai soli effetti dell’accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento del danno” (Cass. pen. sez. V n. 12359 del 06.02.2001, conforme a Cass. pen. sez. IV n. 35584 del 07.05.2003).
    Tanto premesso si rassegnano le seguenti
    conclusioni
    Piaccia a Codesta Ecc.ma Corte d’Appello di Genova – Sezione Penale, in parziale riforma della Sentenza del Tribunale Penale della Spezia in composizione collegiale n. 10019/07 Reg. Sent. del 30.03.2007:
    A) condannare il condannato Pasquale DI GAETA all’integrale risarcimento dei danni morali, biologici, esistenziali e patrimoniali tutti patiti e patiendi dalle parti civili costituite Nunzio CIFELLI e Romolo CIFELLI in conseguenza delle condotte delittuose poste in essere dallo stesso DI GAETA, nella misura che sarà determinata in sede di separato giudizio civile;
    B) condannare sin d’ora il DI GAETA alla corresponsione in favore delle parti civili costituite di una somma provvisionale ai sensi dell’art. 540 co. 2 c.p.p., dichiarando immediatamente esecutivo questo capo della sentenza, in misura almeno non inferiore ai 50.000,00 €;
    C) condannare infine Pasquale DI GAETA alla liquidazione delle spese processuali e legali per la costituzione di parte civile sostenute dai danneggiati Nunzio CIFELLI e Romolo CIFELLI nei due gradi di giudizio;
    D) subordinare ex art. 165 c.p.p. il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso al condannato ai sensi degli artt. 163 e 178 c.p.p. con la sentenza di primo grado al risarcimento del danno riconosciuto alla costituita parte civile appellante entro il termine fissato, quanto meno nella misura della provvisionale e del rimborso spese.
    Aulla – Genova, lì 30.08.2007
    Nunzio Cifelli

    Romolo Cifelli

    Sono vere ed autentiche
    Avv. Prof. Roberto Valettini

    Nomina con procura speciale
    I sottoscritti Nunzio Cifelli, nato ad Isernia (IS) il 28.07.1948 ed ivi residente in Largo Padre Giacinto n. 1 e Romolo CIFELLI, nato ad Isernia (IS) il 04.06.1974 e residente alla Spezia alla Via Di Murlo n. 12
    nominano
    quale difensore di fiducia ex artt. 100 e 101 c.p.p. e procuratore speciale ex art. 120 c.p.p., per il giudizio d’appello nanti Codesta Ecc.ma Corte d’Appello di Genova proposto con il presente atto avverso la Sentenza del Tribunale Penale Collegiale della Spezia n. 10019/07 Reg. Sent. del 30.03.2007 depositata il 31.05.2007 l’Avv. Prof. Roberto Valettini del foro di Massa, con studio in Aulla (MS) Viale della Resistenza n. 40, conferendo allo stesso tutti i più ampi poteri previsti dalla legge e dal codice di procedura penale, compreso quello di deposito del presente atto di appello datato 31.07.2007, anche mediante domiciliatari, colleghi o collaboratori di studio.
    Aulla – Genova, lì 30.08.2007
    Nunzio Cifelli

    Romolo Cifelli

    Sono vere ed autentiche
    Avv. Prof. Roberto Valettini

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