11 marzo 2007 n. 351

La scelta era fra subire una prepotenza oppure una botta in testa. La prepotenza è il “fazo tuto mi”, il “lasciatemi fare”, l’ “un giorno mi ringrazierete”; la botta in testa è il ritorno dell’estrema destra al governo, Dell’Utri in testa. Fra le due ovviamente c’era poco da scegliere e la sinistra giustamente ha calato le brache. Un Follini vale più di tutta la sinistra, poiché la sinistra rispetta i patti ed è dunque indifesa. Un Andreotti è determinante non perché l’andreottismo abbia riguadagnato terreno nella società ma perché il centrosinistra ha (ri)scelto di farne l’interlocutore principale. Il dato più rimosso – elettoralmente – degli ultimi dieci anni è che Berlusconi, di solito, non ha vinto ai Parioli ma nelle borgate.

Il centrosinistra s’è rassegnato tranquillamente a questo dato,
approfondisce ai Parioli e fugge dalle borgate. Alla fine, a farlo
cadere non sarà un Turigliatto o un Pallaro ma il semplice calo
sociologico del consenso: un governo che riesce a perdere quasi venti
punti in sondaggio fra luglio e novembre è un governo che si candida a
scomparire.
Poiché Prodi ne è il premier, e anzi – nelle intenzioni – il sovrano
assoluto – la responsabilità principale è di sua. Su di lui
evidentemente ci siamo illusi: sarà anche simpatico ma non è un
politico. E’ un semplice manager (onesto) come tanti altri e sarebbe
stato un ottimo ministro dei Trasporti o delle Partecipazioni
Pubbliche in un vero governo di centro-sinistra.

A Vicenza – ad esempio – si è comportato puerilmente. Vicenza è stata
una giornata cattolica, con molto più Woytila che Che Guevara. Un dc
dei bei tempi se ne sarebbe accorto, avrebbe preso tempo con gli
americani, avrebbe trattato coi vicentini. Lui no, ha dovuto fare
l’uomo forte, alla disperata ricerca di una qualunque occasione per
alzare la voce e farsi finalmente ascoltare. Veltroni, in tutta la
crisi, è rimasto zitto e chiotto. Chi dei due è il più democristiano?
Chi sarà al governo fra un anno o due?

* * *

Non possiamo mandare a casa Prodi perché dall’altro lato c’è
Berlusconi. Dobbiamo tenerci Hindenburg perché altrimenti c’è Hitler.
Dobbiamo tenerci Facta perché altrimenti arriva Mussolini. Va bene.
Sano realismo. Finora però, non ha funzionato. Il problema vero,
quello che prima o poi bisognerà pur affrontare, è: come siamo
arrivati a questo punto?

Forse abbiamo perso un’occasione ai tempi della “società civile”.
Democrazia non è tanto una forma di governo quanto la difesa degli
interessi dei molti – lavoratori, commoners – contro quelli dei pochi.
Allora, rozzamente, l’avevamo capito e ce l’eravamo presa con i poteri
dei pochi (mafia, simbolicamente, in testa). Poi ci siamo persi nelle
formalità. E i pochi hanno ricominciato a gestire il gioco. Adesso,
si parla di metafisica (partito “democratico”, “riforma” elettorale) e
non più di interessi: ma la metafisica, in politica, è sempre di
destra. Partito democratico, del “demos”, è quello che in una forma o
l’altra comprende la maggior parte dei lavoratori dipendenti e li
contrappone ai pochi. Giusta elezione è quella in cui i cittadini
scelgono (dando le preferenze) da chi vogliono essere rappresentati.
Non sembra che queste due cose siano più molto importanti, oggi.

“Zitti e muti: decido io. Se vi piace bene. Se non vi piace, arriva
Berlusconi col manganello”. Prodi non è un democratico: è
semplicemente meno non-democratico di Berlusconi. Democrazia non è
votare candidati bloccati, decisi arbitrariamente dai vertici dei
partiti. Non è sciogliere – dopo cent’anni – il partito della sinistra
per avere in cambio un Blair o un Kerry. Non è neanche “o fate come
dico io o salta tutto”. Prodi va tollerato, votato, fiduciato e tutto
quello che volete perchè qui e ora l’alternativa è peggiore. Ma non è
più un nostro amico. Bisogna fare in fretta a unire i movimenti, le
piccole sinistre e la società civile.

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Dico. I gay si chiamano finocchi perché alle volte, al momento di
bruciarli vivi per ordine dei preti, il boia gettava sul fuoco anche
qualche mazzo di finocchi: così la cerimonia veniva resa più
tollerabile olfattivamente, visto che la carne bruciata per molti ha
un odore fastidioso. Bruciarli, non se ne poteva fare a meno perché
altrimenti il Signore si sarebbe irritato e avrebbe mandato cataclismi
e terremoti: questi ultimi venivano generalmente attribuiti
esattamente a ciò, e le autorità religiose e civili non mancavano di
tenerne conto. Altre categorie molto antipatiche erano sindacalisti,
ebrei, protestanti e donne sapute: questi però venivano messi a fuoco
più rudimentalmente, visto che le storie in questi casi non parlano di
finocchi. (Nessuno di quelli che un tempo bruciavano i gay gli ha mai
chiesto scusa. Anzi, sono tuttora impegnati a dire che certo bruciarli
non si può più ma insomma).

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Alla base. Secondo il pentito Marino Mannoia fra il ’79 e l’80 diversi
carichi di eroina, da Cosa Nostra siciliana a Cosa Nostra Usa, sono
partiti dalla base americana di Sigonella.

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Bambini. Uno parlava troppo e gli hanno tagliato la lingua. Uno faceva
chiasso in biblioteca e gli hanno puntato una pistola in testa. I
grandi si fanno sempre più nervosi.

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Memo. Nel 1976 il Pci era al 34,37 per cento. Nel ’78 al 30,38 per
cento. Nell’84 al 29,89. Attualmente, gli ultimi sondaggi danno il Ds
al 17,5 per cento.

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Burns. La signora Bertolino, a uno dei processi per la distilleria:
“Non sono mai stata condannata per inquinamento. Solo per disastro
ambientale”.

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Alma mater. Catania. Verranno versate direttamente al feudatario della
città, Mario Ciancio, le centomila monete raccolte ogni anno fra i
familiari dei giovani dell’Università degli Studi “Ciancio
Sanfilippo”, fondata nel 1434 da Ciancio d’Aragona. Gli scudi verranno
consegnati alla tesoreria di Mario Ciancio in cambio di alcune pagine
del giornale di Mario Ciancio. Gli avventori della Casa dello Studente
saranno inoltre muniti di copia del foglio di propaganda di Ciancio,
senza il quale non potranno accedere alla colazione mattutina. Le
svanziche, i dirham, gli scudi, gli euri, i talleri e il valsente non
sono che “un doveroso omaggio – precisa il rettore Recca Sanfilippo –
alle istituzioni cittadine a partire dal City Owner”. “Eccellente”
commenta Ciancio. “Teologicamente corretto” sentenzia il Collegio
della più prestigiosa Facoltà locale, quella di Scienza del Pizzo.

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Binario. Dal primo ottobre aumentano del dieci per cento i biglietti
dei treni di centrosinistra. I treni di destra subiranno invece
rincari pari a un decimo del prezzo d’ammissione. Il precedente
aumento (del dieci per cento al sud e di 100 per mille al nord) era
stato deliberato per far fonte alla buonuscita di un supermegamanager
che andava in pensione. Per venire incontro ai pendolari e agli utenti
più disagiati è stata tuttavia esclusa dagli aumenti la tratta
Decimomannu-Perdasdefogu.

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Giornalismo. “Non so davvero se stamperemo ancora il Times tra cinque
anni, e, se vuole proprio saperlo, non me ne importa nulla. Internet è
un posto meraviglioso e noi lì siamo leader” (Arthur Sulzberger,
direttore del New York Times).

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L’eccezione e la regola. 3 marzo, Tg1 delle 20. Un militare donna
spiega quanto sia importante la presenza dei militari italiani in
Afghanistan, parlando di progetti di cooperazione come se avesse
studiato scienze sociali e non tecniche militari. Un brivido mi
percorre la schiena: se con la destra all’opposizione c’e’ bisogno di
propaganda cosi’ palese e grossolana per continuare ad occupare
l’Afghanistan, vuol dire che siamo messi proprio male. Non faccio in
tempo a riprendermi che nel servizio successivo mi ritrovo davanti
Massimo D’Alema: per lui un vergognoso insabbiamento diventa una
“occasione mancata” per gli Stati Uniti, e ricorda come in occasione
della strage del Cermis ci sia stata invece una “piena assunzione di
responsabilita’”.
Ci vuole la fantasia di un grande statista e tanto pelo sullo stomaco
per definire “piena assunzione di responsabilita’” la sottrazione ai
tribunali italiani dei militari statunitensi che hanno impunemente
tranciato una funivia uccidendo 20 persone. In questo momento ho
davanti a me il sito dei familiari delle vittime del Cermis, e per un
attimo sono stato tentato di chiamare al telefono qualcuno di loro per
commentare queste dichiarazioni, ma queste persone hanno gia’ sofferto
tanto e spero che la sparata del ministro degli Esteri non li abbia
raggiunti. Decido quindi di esercitare quel rispetto e quel silenzio
che altri hanno negato, e il mio telefono rimane muto. La ciliegina
finale sulla torta del Tg1 e’ un servizio sulla manifestazione di
Bologna contro i CPT, dove i contenuti dell’iniziativa sono del
oscurati per fare spazio alla narrativa del disordine, e le telecamere
inquadrano piu’ poliziotti che manifestanti. Non mi sorprende che un
organo di informazione governativo sia intriso di propaganda. Quello
che mi spaventa e’ il silenzio che accompagna
l’informazione-spazzatura, e la rassegnazione di chi ormai considera
il giornalismo corretto come l’eccezione e non come la regola da
rispettare. [carlo gubitosa]
Bookmark: /www.valdifiemme.it/comitato3febbraio

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elixescrivimi@tiscali.it wrote:
< A proposito della Corda Frates, ho trovato su Google quanto segue:
“Esposti nel museo etnografico di Barcellona Pozzo di Gotto (Me) i
resti dell’auto in cui si trovavano, il giorno della strage di Capaci,
gli agenti della scorta di Giovanni Falcone. L’iniziativa, che si deve
al circolo Corda fratres di Barcellona, ha suscitato qualche
perplessità. Polemica Sonia Alfano, figlia di Giuseppe, il giornalista
ucciso nel gennaio del ’93, che ricorda che del circolo faceva parte
il capomafia Giuseppe Gullotti, condannato come mandante dell’omicidio
di Alfano e che avrebbe fornito il telecomando per la strage di
Capaci. Il sostituto procuratore generale di Messina, Franco Cassata,
animatore del “Corda fratres”, precisa che Gullotti è stato espulso
dal circolo appena si è saputo che è un mafioso” >.

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La Catena. Tardi, male e in fretta. Stavolta stiamo uscendo così: è
tanto per dire che ci siamo ancora. A presto. 🙂 [r.o.]

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Ultimo wrote:

< Noi ci saremo ogni volta
che gli altri scappano,
ci saremo con gli occhi splendenti
di chi sa sognare e vuole sognare
perchè è realista e con realismo disprezza questa realtà , questa
antimafia di salotto, gestita
da professorini elitari e snob,
da toghe grige che alla lotta di strada
preferiscono la dialettica unilaterale
dell’ insinuazione e della celebrazione
retorica. Questa antimafia arrogante
buttata nei programmi TV per fare audience offendendo
persone che non possono rispondere
e strumentalizzando eroi e martiri a loro uso e consumo.
A questo loro parlare per parlare, noi rispondiamo con il coraggio
di fare azione, ribellazione contro la mafia.
E come sempre guardiamo alle generazioni più giovani,
alla ribellione all’ ingiustizia che vive e deve vivere senza
mediazioni nel cuore dei giovani , dei ragazzi del nostro Paese >

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Per collaborare a questa e-zine, o per criticarla o anche
semplicemente per liberarsene, basta scrivere a
riccardoorioles@sanlibero.it — Fa’ girare.
“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)

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4 commenti

  1. questi promemoria ci ricordano sempre che la merda non è calata…non è che percaso ci stiamo abituando al fetore?

  2. piuttosto, penso che serve riconoscerla, la merda, per levarla di torno e far tornare l’aria fresca.
    Nel tuo piccolo, fuego, stai già dando una mano per darci una boccata d’ossigeno in più.
    Un abbraccio
    anto

  3. A VOLTE CREDO CHE IL NEMICO SIA UN GIGANTE SANGUINARIO DI 2 METRI, CANNIBALE, CON ZANNE E ARTIGLI CHE GUARDA TORVO NELLA MIA DIREZIONE…MA POI MI RENDO CONTO CHE E’ SOLO IGNORANZA, CHE I NEMICI PIù GRANDI SONO LA SOLITUDINE E L’IPOCRISIA…CHE SE SIAMO UNITI E ONESTI VINCEREMO!

  4. un amico etiope di raccontava che quando in etiopia in un paese misero arrivava in una capanna un uomo con giacca e cravatta, gli indigeni lo guardavano diffidenti. L’uomo in giacca e cravatta è il pericolo.

    Il tutto e subito, la fretta, la sudditanza, l’arroganza… posso continuare all’infinito, cosa è il mostro lo si può descrivere in mille modi diversi. A volte è la Chiesa, pensa un po’….

    onesti fino in fondo, solo così si sconfiggono paure e mostri.
    baci
    anto

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