Mobbing in redazione

Anche le redazioni dei giornalisti sono a rischio di mobbing

Ecco i dati allarmanti,risultato di un’indagine svolta in anonimato dallo”sportello mobbing romano”

a cura di Lisa Biasci

Dati alla mano. Punto primo. Una bella ricerca compiuta nelle redazioni romane di giornali, televisioni, agenzie stampa e basata su questionari proposti in forma anonima e discreta ha rilevato quanto basta. Il 53% dei giornalisti, secondo questi indicatori, è già portatore di sintomatologie tipiche del quadro clinico “del disturbo d’ansia”; mentre il 30% è portatore di sintomatologie tali da giustificare la necessità di un trattamento terapeutico e di sottoporre il soggetto in situazioni di “grave inabilità personale”.

Le giornaliste poi, hanno 17 possibilità in più dei colleghi uomini di essere mobbizzate, anche se risultano più preparate all’ingresso nel mondo dell’informazione e, rispetto ai colleghi maschi hanno più spesso una laurea o un diploma universitario.

Nonostante questi dati, il mobbing nelle redazioni con le situazioni di ansia e stress che si registrano, non è una prerogativa sicuramente femminile, anzi, si può davvero parlare di “pari opportunità” tra maschi e femmine.

Dai risultati di quasi 1000 questionari compilati in forma anonima dai giornalisti e analizzati dagli psicologi del lavoro Mariella Della Porta e Giacomo Rindonone e Franco Consonni si rileva che il mobbing, nella categoria dei giornalisti è quattro volte superiore a quello stimato in altri ambienti di lavoro. Risulta anche un numero davvero sconfortante di giornalisti mobbizzati o ad alto rischio. 36 i casi più gravi, su 270 esaminati.

La presenza complessiva del mobbing è dunque pari al 16%, dato quadruplo rispetto alla riconosciuta incidenza del fenomeno a livello nazionale.

Più della metà del campione dei giornalisti esaminati, dichiara e si lamenta che il “tempo lavorato è maggiore del tempo libero” e quasi la metà di essi, è convinto di svolgere mansioni modeste rispetto all’età, alla formazione, alle capacità professionali. Dall’analisi di Consonni, si delinea anche l’ambiente di lavoro delle redazioni che viene percepito come esasperato da una crescente competitività, con scarso rispetto reciproco e molto rigido e formale. Più della metà dei giornalisti denuncia e connota l’ambiente delle redazioni come generoso di pettegolezzi e di “chiacchere alle spalle” fra colleghi,amici e nemici.

Insomma, niente di nuovo per chi conosce e studia la fenomenologia del mobbing. Anche nelle redazioni il “male oscuro” ha attecchito, rendendosi contagioso, demotivante e riflettendosi sul lavoro e sulla qualità dell’informazione.

Disagio e comportamenti disturbati che parlano di stress, burnout e workalcholic anche nelle redazioni. Danni alla salute irreparabili che danno la cifra del clima aziendale creato all’interno di imprese ricche e forti sul mercato, aziende che producono “utili” veri e suonanti, come le aziende editoriali e mediatiche.
Quadro professionale sconsolante anche questo delle redazioni giornalistiche. Nessuna “isola felice” neanche per i contrattualizzati che lavorano all’interno di una redazione, figuriamoci per gli esterni. Categoria sempre in crescita, quest’ultima e costituita da freelance,da giovani pubblicisti e collaboratori mal stipendiati e sfruttati fino all’osso.

Ma tra presunti responsabili e vittime, (editori e giornalisti contrattualizzati e non ) e responsabilità diffuse,(quelle istituzionali e politiche ad esempio)che fine farà l’informazione del futuro? Chi farà che cosa? Quale sarà la prospettiva di coloro che vorranno fare questa professione?
Al web ed ai lettori, l’ultima parola….

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7 commenti

  1. Ho letto la storia del Sig.Antonino al quale porgo la mia solidarietà (ed un forte abbraccio).
    Purtroppo sono tempi molto duri.

    Sono un mobbizzato demansionato e quant’altro e ho aperto un blog che racconta la mia vicenda perchè ho davvero capito che “se vuoi sopravvivere devi condividere”.
    Se vi interessa dare uno sguardo sono su http://www.ildemansionato.net.

    Per Antonella: mi rendo conto che però per chi è disoccupato è dura sentir parlare di mobbing. In bocca al lupo

  2. C’è poco da fare.
    Ormai è uno schifo dappertutto.
    Si calpesta tutto in nome del potere e del denaro.
    Gli unici valori che vengono trasmessi sono quelli che permettono la piena soddisfazione. Il rispetto, la giustizia, il diritto, vengono calpestati particolarmente proprio dalla classe dirigente imprenditoriale. Fare esempi sarebbe sciocco.
    Io ho scelto perlomeno di non far calpestare la mia dignità.
    Se vuoi dai uno sguardo a http://www.ildemansionato.net
    Ciao

  3. ho letto il suo sito, mi sembra di leggere la storia di tantissime persone che conosco.
    Se il tuo lavoro lo fai per passione, non ti pagano, se ti va bene non ti pagano solo gli straordinari. Nel tuo caso ti è andata semi-bene. Non lo dico per sottovalutare la tua storia ma per farti sapere che sei in compagnia di centinaia di migliaia di persone che vivono la tua stessa situazione.
    Io addirittura ho una sentenza di una vertenza sindacale in cui si legge che “la gratuità del rapporto era chiara e che io (noi, anzi, perchè era una causa di gruppo) non avendo sollecitato prima i pagamenti, sarei (saremmo) stata accondiscendente alla gratuità, avendo in cambio la visibilità del nome su una testata”

    Se un giudice ha il coraggio di dire questo, preferisco lavorare gratis sempre, ma per me e per nessun altro.

    un caro saluto
    antonella

    “A coloro che potendo intervenire non sono intervenuti, tutti il nostro disprezzo””
    Ultimo

  4. E’ dura, lo so bene.
    Anche perchè come dici giustamente tu ormai il non vedere gli straordinari pagati rientra nella normalità in moltissimi casi.
    Ma ciò che mi ha fatto male (e parlo di salute fisica) non sono gli straordinari non pagati e neanche il demansionamento.
    Ciò che può veramente far male (e a me ne ha fatto tanto) è il mobbing. E inizierò a descriverlo meglio….
    E mi auguro che non siano tantissime persone ad averlo provato in modo così duro….

    Un abbraccio a te e a coloro che condividono le loro esperienze, a chi ha la dignità di non farsi schiacciare senza fare nulla.

    A presto

  5. Riprendo dall’ ultima riga: A coloro che potendo intervenire non sono intervenuti,vada il nostro profondo disprezzo””(mi son permesso una correzzione) : e Voi, pensate che il disprezzo , risolva la questione? Il disprezzo puo’ essere recepito (in qualche misura) soltanto da chi ha una certa sensibilità, dignità. E non è detto che a questa consapevolezza dei propri limiti, segua un’ azione correttrice ovvero , che riabiliti chi ha sbagliato. Quelli di cui, quì si parla, pero’ , non sono che individui insensibili , opportunisti, inaffidabili. Ah, per rimanere in tema: ho sentito dire (da più parti)che il Mobbing non è più reato. Questo, per come l’ho capita io, significa che chi ha ‘potere’ potra’ impunemente agire , verso i loro sottoposti? Personalmente, per me , non cambia nulla: coloro che hanno fatto dell’ inaccettabile mobbing , nei miei confronti, non rimarranno comunque impuniti.Infatti, il mio motto personale è : Nemo me impune lacessit. Che in parole povere, significa : Nessuno che mi rompa le….. resta impunito. Legge o non legge. Se è vero che il mobbing non è più reato, chiunque abbia approvato questo decreto, è un abominevole individuo!!Ma siccome ha il Potere, crede di farla franca… ah ah , che ridere!

    Spartacus

  6. il mobbing non è mai stato reato penale.
    il mobbing diventa penale quando il mobbizzato viene maltrattato o vengono prodotte lesioni psicofische dolose o colpose.
    Il Pubblico Ministero ha cazzato – volutamente a parer mio anche per sollecitare una legge ad hoc – ad imputarlo come reato e, non avendo provato che le lesioni derivavano da azioni mobbizzanti, il giudice di cassazione non poteva non fare quello che ha fatto: cassare la cazzata del P.M.

    Questo però non esclude il risarcimento in sede civile per mobbing.

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