no al mobbing

di Lisa Biasci

NO al mobbing: dice la Cassazione. Ma no anche ai colleghi insopportabili: diciamo noi.

 

Dopo la sentenza della Cassazione, una domanda dal mondo del lavoro: è giusto proteggere i più deboli, ma gli “stronzi”come li trattiamo?

 

 

E’ notizia di pochi giorni fa’ ed ha creato un certo scompiglio. La Cassazione ha deciso che “il mobbing non è più reato” o meglio”che il mobbing non è più perseguibile”. In realtà, come ha spiegato il procuratore Marcello Maddalena alla Stampa, “La Cassazione ha ribadito che non c’e reato penale di mobbing e quindi sarebbe opportuno, per il Legislatore, disciplinare questa figura”.

 

Il solito vuoto normativo all’italiana, insomma. Noi contro tutti. Ahimè. L’Italia come il fanalino d’Europa, un brutto esempio di civiltà e di malagiustizia.

Ma vediamo come si comportano i paesi civili vicino a noi.

Scopro su Wikipedia, che in Germania sono sparsi centri d’ascolto sul territorio a cui rivolgersi in caso di molestie morali e personali, nelle divisioni delle aziende di maggiori dimensioni (come la Volkswagen).
Sempre in Germania è previsto ilprepensionamento a carico dell’azienda per i dipendenti riconosciuti vittime di mobbing. In Svezia c’è, invece, la prima e più avanzatalegislazione che prevede un reato di mobbing.

La Svezia ha in generale un’attenzione particolare ai diritti umani che ha favorito il dibattito sulle molestie morali.

Gli Stati Uniti hanno una delle prime e più severi leggi sulle molestie sessuali sul posto di lavoro, ma poca attenzione per questa materia.

In Italia, se pur, la Costituzione (artt. 2-3-4-32-35-36-41-42) tuteli la persona in tutte le sue fasi esistenziali, da quella di cittadino a quella di lavoratore, siamo ancora indietro.

Certo, sul datore di lavoro grava l’obbligo contrattuale, derivante dall’art. 2087 cod. civ. di tutelare la salute e la personalità morale del dipendente.
Ma è anche vero, che la Corte di Cassazione ha ritenuto (Sezione Lavoro n. 12445 del 25 maggio 2006, Pres. Ciciretti, Rel. De Luca) che un’iniziativa diretta alla repressione, non già alla prevenzione dei fatti mobbizzanti non è idonea a costituire adempimento agli obblighi previsti dall’art. 2087 del codice civile.

C’è ancora molto da fare, per noi, in questa materia.

Molti comportamenti che caratterizzano il mobbing trovano certamente una precisa connotazione in numerosi articoli del codice penale (abuso d’ufficio, percosse, lesione personale volontarie, ingiuria, diffamazione).

Così sono sempre perseguibili, per legge, anche in Italia, le ingiurie, la violenza, la diffamazione, le molestie, sul luogo di lavoro: basta poterlo dimostrare. Prova su prova: attraverso testimonianze di amici e colleghi, registrazioni, lettere, email, telefonate, sms, insomma, qualunque cosa abbia una valenza legale e sia, per questo, inconfutabile, come prova provata.

Il concetto di mobbing, come vediamo dalle pagine di questa rubrica è un concetto sottile, difficile da dimostrare, ma negli ultimi anni è stato perseguito anche in un paese lacunoso come il nostro.

Diverse aziende negli ultimi cinque anni sono state condannate a risarcire dipendenti vessati o umiliati: sicuramente meno di quante lo meriterebbero, dico io.

 

Resta il ritardo del legislatore italiano. Ma a questo punto,anche dopo questa ultima “cassata” la parola passa alla politica. Ahinoi.

 

E nell’attesa che ci sia una legge seria in materia, per i poveri mortali costretti alla “colleganza” che attendono risposte concrete non resta che vivere tra il martirio e la tolleranza. Dove inizia l’uno e finisce l’altro? Perchè devo sorbirmi tante ore al giorno con un collega che non ho scelto? Che magari è aggressivo o puzzolente o semplicemente “stronzo”?

 

Bel dilemma. Io dico, che come sempre è questione di equilibrio e di sensibilità. Per usare una sintesi delicata:i deboli vanno protetti e i diritti dei lavoratori vanno certamente tutelati ma gli “stronzi” no. Proporrei leggi speciali e pene severissime o programmi rieducativi.

 

A voi, lavoratori felici ed infelici, mobbizzati e non, l’ardua sentenza. Rimandiamo, parole e riflessioni, all’ultima uscita in libreria di Robert I. Sutton “Il metodo antistronzi:come creare un ambiente di lavoro più civile e produttivo o sopravvivere se il tuo non lo è” con la prefazione di Pier Luigi Celli.(www.ilmetodoantistronzi.it)

Buona lettura a tutti!

 

 

 

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