Il prezzo del progresso

Pietro Mirabelli è operaio della TAV e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Da 12 anni è presente sul cantiere della Cavet, la ditta che ha vinto l’appalto per la realizzazione del tratto che permetterà di collegare Bologna a Firenze. In questi anni ha visto decine e decine di operai infortunarsi, diventare invalidi e morire. Manca poco alla fine della realizzazione, molti uomini e donne, saliranno sui treni e non immagineranno quanto sangue è stato versato, quante madri hanno pianto per i loro figli e quante mogli sono rimaste sole. L’attenzione sugli infortuni sul lavoro è forte quando ci sono incidenti nei luoghi di lavoro. «Se ne parla una settimana, e poi tutto viene messo nel conservatorio della dimenticanza. –afferma Pietro- Ma ogni giorno muoiono lavoratori, in aziende sconosciute, nell’edilizia, nell’agricoltura. Poi quando accadono, ad esempio stragi come quella di Torino, allora la stampa se ne occupa. Nel nostro caso, ci fu un incidente mortale nel tratto emiliano, neanche il nome è stato reso pubblico. Però il problema principale non lo affronta nessuno. Sulle procedure di sicurezze presenti sui piani operativi di sicurezza, ci sono scritte cose che si possono fare e cose che non si possono fare. Un lavoratore consapevole del rischio che va ad affrontare, volendo potrebbe non fare. Ma a pericolo individuato, si pensa alla famiglia, non si va a mettere a rischio il posto di lavoro, considerando quanto è difficile oggi trovare lavoro» Il Presidente del Consiglio Prodi nella trasmissione di Fazio “Che tempo che fa” del 16 dicembre, ha ricordato che fra poco ci sarà il collegamento veloce fra Bologna-Firenze, sottolineando 17 gallerie. Non un accenno ai lavoratori che hanno lasciato la vita per dare la possibilità a tutti gli italiani di accorciare le distanze. «Io mi sento parte fondamentale della nostra società. -continua Petro- Oggi però televisione e giornali parlano dell’Isola dei famosi. Mentre noi lavoriamo nel sottosuolo. Dove il pericolo può arrivare da qualsiasi parte. Dall’alto o dal basso. Ci sono macchine in movimento, esplosione di mine, fango, ecc. Una rls o una rsu dovrebbe essere presente per ogni squadra. A volte i preposti alla sorveglianza o sono poco formati, o sono parenti dei datori di lavoro. Se venisse riscontrata una situazione di rischio, non si può fermare subito la produzione, andiamo avanti piano, piano cercando di fare attenzione.» Si deve sperare che non succeda niente. E’ presumibile che il pericolo non finisca una volta che la Cavet riconsegnerà il lavoro terminato. «Quando ci vengono consegnati gli ordini di servizio, li firmiamo per ricevuta consegna. Poi ci viene data una mascherina antipolvere, un elmetto, guanti e tute ad alta visibilità. Facciamo un corso su come utilizzare (dopo pressioni fatte dagli Rls e Rsu). Queste protezioni per la salute mi domando se siano sufficienti. Mio padre era minatore, l’ho visto ammalarsi di Silicosi, l’ho visto spegnersi giorno dopo giorno all’età di 70 anni, un’agonia lenta. Io sono calabrese, della provincia di Crotone, dalle nostre parti non c’è occupazione. Metà del mio paese lavora nelle galleria. Un lavoro che non vuole fare più nessuno ed è comprensibile. Un lavoro usurante». Nel cantiere non è presente solo la Cavet, alcuni lavori sono stati subappaltati. Ci sono più squadre che lavoravano. «Io mi sono trovato a fare sopralluoghi per la sicurezza, -prosegue Pietro- dove c’erano squadre di aziende subappaltatrici, e non venivano rispettate le norme di sicurezza. Inoltre devo aggiungere che non c’è solo un problema di coordinamento fra squadre di operai che non si conoscono, ma anche di lingua. Perché ci sono molti extracomunitari, secondo me sfruttati perché li ho visti lavorare anche per 12/13 ore. Loro spesso non conoscono i loro diritti.» «Io nella mia esperienza di Rls, ho fatto piccole conquiste. Il Cavet ha capito l’esigenza di fare corsi, anche se di poche ore, sulla sicurezza e sulla formazione. Spero di aver insegnato a qualcuno l’importanza del rispetto delle leggi per la sicurezza di noi operai. Purtroppo l’applicazione delle norme è fondamentale, ed i sindacati devono impegnarsi. L’Italia paga milioni di euro a causa di infortuni sul lavoro. Più sicurezza e denunce rappresenterebbe, non solo un costo inferiore per lo Stato, ma anche un beneficio sulla qualità produttiva.» Bisogna aggiungere quanti sono rimasti delusi ed amareggiati dalla giustizia. Nel 2001 l’operaio Pasquale Adamo perse la vita mentre stava perforando il monte Morello con l’ausilio di uno speciale macchinario. Il giubbotto dell’operatore si impigliò nella trivella, lo avvolse e lo stritolò. La sentenza del giudice Masi: condanna a 8 mesi di reclusione Stefano Talone, il dirigente della Sgf di Roma, subappaltatrice della Cavet, società per quale lavorava la vittima. 4 mesi anche Marco Cammarone e Antonio Celot, allora responsabili del cantiere Cavet sul territorio di Sesto Fiorentino. Pietro Di Lauro, responsabile della Geomeccanica srl, la ditta produttrice del macchinario, è stato assolto. Conclude Pietro: «Non si può pagare una multa per una vita umana. Non è possibile che per omicidio colposo il massimo della pena sia 5 anni. Proviamo a pensare che il nostro lavoro non è stato scelto per piacere, ma perché non c’era alternativa. Quando un giovane laureato con 110 e lode si trova in un cantiere a fare una mansione obbligata da questa società, dove i figli dei ministri devono fare i consulenti, lavora in uno stato di malessere.»

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1 commento

  1. Devo aggiungere una notizia importante a questo articolo. Dietro la Tav, c’è Impregilo, ovvero la famiglia Agnelli. Questo per sottolineare che in Italia i grandi affari sono nella mani di pochi, che non solo hanno le tasche piene (vedi Caltagirone) ma pretendono anche di influenzare la politica, dunque l’economia di 60 milioni di disgraziati. Molti dei quali non possono permetersi di fare i furbi, ma pagano tutto fino all’ultimo centesimo di tassa!

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