Padre negato e giustizia italiana

“Diritto di non genitorialità”: storia di un cittadino italiano

E’ italiano, paga le tasse, lavora come dipendente in una grande azienda italiana, ha la fedina penale pulita ma vive nel tunnel di una separazione giudiziale da tre anni e non vede suo figlio da due.
Una storia come le altre, direte, che assomiglia ad altre storie di ciascuno di noi ma che merita di essere raccontata da vicino.

Lo abbiamo già incontrato nelle pagine del nostro sito e la sua storia ha raccolto molta attenzione da parte di tutti voi (si vedano gli articoli: Mobbing, diritto di famiglia e Tribunali/ MOBBING psicologico, mobbing affettivo e Malagiustizia;Una “giustizia lenta”che non decide negli interessi del cittadino, che giustizia e’?)

La sua vita si è fermata ad una sentenza presidenziale (ndr.preliminare) del tribunale civile di Roma. L’uomo si è separato dall’ex coniuge nel marzo del 2005 e da allora versa un assegno di mantenimento di 4000 euro all’ex coniuge, pensionata dall’età di 39 anni (per quali patologie si chiede chi scrive?) e di 1000 al figlio; ha lasciato la casa di sua proprietà all’ex coniuge affidatario del minore ma da circa due anni non vede più il figlio. Da allora vive combattendo la sua ordinaria battaglia contro l’ex coniuge e contro il tribunale di questo paese. Una relazione dei Servizi Sociali e una successiva CTU promossa dal tribunale hanno certificato che è lui il genitore più idoneo all’affidamento del minore e che il minore è stato letteralmente alienato e coartato dalla madre contro il padre. La sindrome è riconosciuta come PAS (paternal alienation syndrom)ed è un fenomeno che è stato ampiamente studiato e circoscritto da molti esperti internazionali tra cui il Prof.Gardner. La madre è stata definita come un soggetto borderline, oppositiva e vendicativa nei confronti dell’ex marito e capace di plagiare il figlio di 13 anni e armarlo contro il padre.

Nell’aprile scorso, il tribunale di Roma aveva preso atto delle due relazioni degli operatori e stabilito che il minore restasse domiciliato dalla madre ma affidato ai Servizi sociali per un intervento psicosociale e terapeutico che dovesse portare alla ripresa della relazione tra padre e figlio e all’intervento psicoterapeutico del minore.
Ma, come prevedibile in questi casi così gravi, anche i servizi non hanno potuto lavorare in alcun modo. La madre si è opposta a qualunque intervento clinico, il minore si è rifiutato di incontrare gli psicologi e il padre, aggravando fortemente il suo già precario stato di salute e di malessere.
Come si fa a impedire ad un figlio di incontrare il padre che lo ama e che non ha fatto niente di cui essere colpevole, se non separarsi dalla madre?Ma soprattutto, perché in tre anni dalla separazione, nonostante una, due, tre perizie che denunciavano la situazione grave di alienazione del minore dalla figura paterna, il tribunale non è intervenuto in maniera correttiva? Perchè nessuno tra i soggetti istituzionali incaricato si è preso a cuore della situazione del minore? Perchè si è lasciato che il tempo e le lungaggini del tribunale allungassero l’agonia di questo ragazzino?

Tra alcuni giorni ci sarà l’udienza in riferimento all’affidamento del minore e al mancato intervento dei servizi sociali. Cosa accadrà di nuovo? Si lascerà ancora che per legge, un cittadino italiano si separi, paghi 5000 euro mensili di mantenimento all’ex coniuge (nullatenente e pensionata in età giovanile), perda la propria casa, non veda suo figlio, sia ritenuto idoneo lui e lui solo all’affidamento del minore e continui a sperare nella giustizia di questo malcapitato paese?

A distanza di otto mesi dalla presa incarico dei servizi sociali dell’affidamento del minore, ora il tribunale di Roma ha il compito di dare una svolta a questo processo e di porre fine a questa vergogna, perpetuata ai danni di un cittadino onesto che si è rivolto al tribunale civile di questo paese per chiedere che sia fatta giustizia.

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