Mobbing e salute: diagnosi clinica in lista di attesa

Sei mesi per avere una diagnosi per le oltre ventimila segnalazioni degli ultimi sei anni.
Dati e statistiche da allarme sociale

a cura di Lisa Biasci

Che sconforto, per l’esercito dei mobbizzati d’Italia, c’è una lista di attesa di almeno sei mesi per farsi diagnosticare il mobbing.Questo è quanto emerge dai dati forniti dalla Clinica del lavoro di Milano ”Luigi Devoto”, la prima nata in Italia e la più importante per numero di casi trattati. Chi prenota oggi, insomma, sarà ricevuto e visitato non prima del mese di giugno prossimo.
E’ il segnale più evidente del moltiplicarsi dei casi di mobbing nelle aziende italiane, della loro ribalta pubblica e soprattutto della volontà da parte delle vittime di denunciare e portare alla luce le proprie storie di aggressività e di soprusi sul luogo di lavoro. Mobbing o bossing che sia, i dati evidenziano il dilagarsi incontrastato del fenomeno: i lavoratori ricevuti ogni giorno alla clinica di Milano sono tre. Considerando che a Natale il centro è chiuso, a fine anno sarà superata quota settecento. Dati davvero allarmanti e che devono far riflettere. Diagnosi e denunce alla mano.

I pazienti che denunciano casi di mobbing, sono sottoposti a test psichiatrici, con ricoveri in day hospital di due giorni e sono visitati da un’equipe di esperti di rango, perlopiù composte da psicologi, psichiatri, medici del lavoro e di altre discipline.
Nell’ultimo dossier presentato dall’Istituto milanese, datato 15 settembre 2007, 4037 sono i casi di mobbing trattati, dieci gli anni di esperienza considerati e tantissimi e rilevanti, i risultati raccolti. Vediamo nello specifico.

I più colpiti dai soprusi in ufficio e dal mobbing, sono gli impiegati (57,3%) seguiti a ruota dai quadri (21.3%), dai dirigenti (10%), dagli insegnanti (4.6%), dagli operai( 5,3%) e dai liberi professionisti (1,3%).Penalizzate, oltremodo, le donne, vittime di molestie nel 53% dei casi, contro il 47% degli uomini. La provenienza geografica dei casi di mobbing, secondo il dossier della Luigi Devoto, sono per l’85% persone che lavorano nel nord ovest, mentre il 9% dei casi si registra nel nord est e il 3% si registra sia al centro che al sud d’Italia.

Ergo, al centro sud si lavora bene, meglio e più felici che nel resto del paese?Diremo di no, forse, la percentuale così bassa evidenzia ancora una certa ritrosia alla denuncia del fenomeno da parte dei lavoratori, visti i tempi lunghissimi per arrivare ad una soluzione del problema sia per le vie legali che sindacali.”Il dramma è che alle cliniche del lavoro-sostengono alla Luigi Devoto- arrivano solo una minima parte degli episodi di mobbing” e questo, evidenzia ancora di più che le vittime percepiscono la scarsezza delle poche vie d’uscita e dei tempi e costi enormi per arrivare ad una soluzione. Tutti a solo svantaggio del lavoratore.

Le cause scatenanti il fenomeno, secondo il dossier della Devoto, sono molteplici: dalle ristrutturazioni aziendali (32,7%), all’arrivo di un nuovo superiore(19,9%) fino alla richiesta della promozione (13,3%), al cambio di lavoro (11,5%), a novità che riguardano la sfera privata come l’arrivo di un figlio (8,8%) e ai conflitti interpersonali (9,7%).

Va anche detto, che si è più a rischio nei primi quattro anni di lavoro e in percentuale tra i tredici e i sedici anni di lavoro, quando il lavoratore ha acquisito una certa esperienza e “anzianità” di posizione e inizia a costare di più all’azienda. Le diagnosi, infine, nei casi di mobbing rilevano che l’88,1% sono casi di disturbo dell’adattamento, il 6,6% casi di disturbo post traumatico da stress e il 5,3% si tratta di crisi d’ansia e depressione. I principali sintomi legati al disturbo sono: l’aumentata sospettosità e diffidenza verso gli altri,un certo senso di estraneità sia sul lavoro che fuori,vissuti di aggressività,rabbia e volontà di giustizia e una certa perdita di autostima,di risorse,di capacità progettuale.

Il fenomeno di grande attività della Luigi Devoto è un caso campione d’eccellenza tra le cliniche del lavoro in Italia, che ha contribuito alla nascita di altri centri di diagnosi e prevenzione delle malattie legate al mobbing, un grande network di cliniche e di centri specializzati.
Dal 2000 se ne contano almeno una ventina tra quelle pubbliche. Nel giro di sei anni hanno ricevuto oltre ventimila denunce. All’ambulatorio per lo studio dei disturbi da disadattamento lavorativo dell’ospedale universitario di Pisa, per citarne uno tra di essi, dal 2002 ad oggi, i pazienti sono quadruplicati da 50 a 200 e due mesi sono il tempo minimo necessario per avere un appuntamento.

Diagnosi e giurisprudenza a confronto,rilevano infine che i tempi medio-lunghi per avere una diagnosi e il vuoto normativo che esiste in Italia sul fenomeno del mobbing rischiano di vanificare il lavoro degli esperti. Da noi, non è ancora contemplato il reato di mobbing come in Francia anche se restano perseguibili tutti i reati connessi agli atteggiamenti mobbizzanti, ai maltrattamenti, agli abusi alla violenza privata, alle molestie, alla lesione personale. Resta ancora molto da fare anche sul piano della prevenzione, anche se la legge 626, sulla sicurezza nei posti di lavoro prevede obblighi di prevenzione anche per il mobbing. Una sentenza della Cassazione che sta facendo giurisprudenza, afferma in sintesi,che il datore di lavoro deve adottare misure di prevenzione contro il mobbing, il rischio professionale contro il rumore, l’amianto, l’esposizione a sostanze chimiche etc…Una rivoluzione perché indica come rischi emergenti,anche in Italia, quelli di natura psico- sociale.

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