Figlia di una vestaglia blu

L’autrice, Simona Baldanzi è la figlia di un’operaia della famosa marca di Jeans Rifle. Leggendo il suo libro può rispecchiarsi qualsiasi figlio di un operaio dal settore metalmeccanico al tessile, dal siderurgico al legno, ecc. Non conta la divisa, una vestaglia o una tuta, la sera i genitori rientrano stanchi, con i calli alle mani, con la schiena rotta, ma hanno sempre il tempo per la famiglia: per un abbraccio, per un bacio per raccontare.
Due storie vengono narrate in parallelo: Rifle e Tav.
La prima ha dato la possibilità agli abitanti del Mugello di poter essere impiegati quasi tutti lì, abitare nei palazzi che formano i quartieri dei lavoratori e tirar su i figli fino a quando non arrivano le imprese di fuori che per ristrutturazioni aziendali mettono in cassaintegrazione, mobilità, licenziamento. Oggi l’azienda è chiusa.
I minatori della Tav intanto da dieci anni lavorano per dare la vita al tratto di alta velocità per collegare Bologna e Firenze.
Simona ha un traguardo importante la tesi, e questa tesi la vuole fare sulle condizioni dei lavoratori dei cantieri Tav. Uomini che vengono da lontano, dal sud della nostra penisola. Lasciano moglie e figli piccoli per cercare di dar loro una vita dignitosa, sicuramente migliore dei padri.
Un libro che non racconta semplicemente la vita da operai, ma denuncia lo sfruttamento degli imprenditori senza scrupoli e l’opportunismo della politica. I primi costruiscono, guadagnano sulla pelle dei lavoratori. I secondi si fanno vivi solo nel periodo elettorale.
Un libro che si legge tutto d’un fiato, scorre fluido come un fiume con la sua semplicità romanzesca.

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