“faccio più audience di Celentano e dico più minchiate” (Massimo Ciancimino)

Ottobre per Massimo Ciancimino è un mese nefasto. Esattamente un anno fa, varie testate giornslistiche riportavano la notizia del ritrovamento di oltre 60 milioni di euro, barche, ferrari e altri beni di lusso. Ora a un anno esatto dal sequestro, ci risiamo. Tutte le testate ripubblicano la notizia che circa 140 milioni di euro del tesoro di don Vito si trovano in Romania, investiti nella discarica più grande d’Europa. Ma non siamo affatto stupiti che Massimo Ciancimino mafiosamente ricicli i soldi che suo padre espropriò agli italiani, ai siciliani, perchè in fondo è un mafioso e fa solo il suo lavoro: il mafioso, appunto. Che fanno i mafiosi? Riciclano soldi sporchi, investono, Falcone ci diceva che per capire Cosa Nostra bisognava SEGUIRE I SOLDI. E i soldi li ha seguiti il capitano Ultimo, che ha evitato che il tesoro di don Vito si dissolvesse per la vendita di quote azionaria in società di comodo tramite prestanome. La notizia però non è che il mafioso fa il mafioso, ma che da un anno a questa parte, nonostante fosse accertato che facesse affari con il noto boss della ‘ndrangheta Girolamo Strangi, questo mafioso ha continuato a rilasciare interviste, a fare il vip e soprattutto a fare la vittima di una persecuzione giudiziaria. Alcuni magistrati infatti l’hanno PERFINO messo sotto processo per la detenzione di una dozzina di candelotti di dinamite che lui aveva custodito gelosamente in giardino. La notizia grave è il reiterarsi di alcuni fatti. Nelle intercettazioni della DDA di Reggio Calabria dello scorso anno, infatti lui dichiarò “io mica mi nascondo, io faccio quello che minchia voglio là dentro (in procura a palermo, n.d.r.), peggio per loro che mi lasciano”. Ovviamente le varie testate “antimafia duemila”, “il fatto quotidiano”, a modo loro hanno ripreso l’argomento, ma hanno trovato sempre tutte le giustificazioni del mondo per assolvere Ciancimino da questi peccatucci veniali. Che vuoi che sia, un riciclaggio o un accesso alla banca dati della DDA di Palermo. In fondo Travaglio diceva anche che Ciuro, la talpa della Procura che riferiva le indagini ad Aiello, prestanome di Provenzano, era un pesce piccolo piccolo. Una talpina, usando le sue parole, (forse perchè era il braccio destro di Ingroia e si è fatta una vacanza con lui. Immaginate se Napolitano avesse trascorso le proprie vacanze insieme a un uomo condannato per reati di mafia che titolone bello che sarebbe apparso sul Fatto). Bene, queste sono le premesse. Se quello dichiarato pocanzi vi sembra grave, mettetevi seduti, perchè sotto i nostri occhi si è perpetrata e si sta tuttora perpetrando la beffa del secolo. Il circo è tornato. Ed è pieno di pagliacci.

Secondo le intercettazioni uscite questo mese, il gioco diventa pesante, perchè non è più una guerra per accaparrarsi i soldi e basta, ma c’è in gioco anche un meccanismo di poteri forti, e per me poteri forti equivale a magistrati  che obbediscono alle richieste di un mafioso per paura che poi non dirà quello che DEVE. Avete letto bene, QUELLO CHE DEVE, non QUELLO CHE SA. Perchè le danze sono aperte, c’è in gioco il processo del secolo che vede tirati dentro anche il presidente della Repubblica, il capo dei servizi POLLARI ecc. Nelle intercettazioni non si leggerà mai Ciancimino dire “io dico quello che so”, ma si legge sempre e solamente “se dico questo, la Procura fa questo, io mi paro il culo, se non fanno come dico io, al processo RITRATTO TUTTO”, detto in sintesi. Si legge un Ciancimino che non è proprio una volpe, ma è molto furbo, e sa che l’unico suo interesse è deviare l’attenzione sui procedimenti a suo carico. E’ il teste principale del processo Mori-Obinu e il teste principale per il processo sulla trattativa che partirà il 29 ottobre prossimo. E quindi si sente intoccabile, perchè quello che emerge, è che l’andamento del processo è nelle sue mani. Fatto ancora più grave è che la consulta non ha ancora potuto visionare le intercettazioni del presidente della Repubblica (perchè i magistrati l’hanno vista come un’ingerenza), ebbene, Ciancimino aveva già letto tutte le intercettazioni, e le riporta al telefono, via skype. E qui torniamo a quanto detto l’anno scorso nelle passate intercettazioni “io là dentro faccio quello che minchia voglio”. E lo continua a fare. Tanto che il tesoro del padre, è stato ritrovato non certo per volontà di quella Procura di Palermo che per più volte ha voluto archiviare e si è vista respingere l’archiviazione. Secondo le intercettazioni, Ciancimino racconta che era lui che dettava cosa si dovesse fare e cosa no.

CIANCIMINO MASSIMO: io gli ho fatto patti chiari!
SIDOTI Santa: mh!
CIANCIMINO MASSIMO: gli ho detto che negherò tutto se non mi aiutano! “In udienza nego tutto” gli ho detto!

Oppure

CIANCIMINO MASSIMO: e vabbè no! Ma pure la prevenzione loro mi devono levare per cui la SAGUTO se ne deve andare! Cioè oggi gliel’ho detto chiaro!

Eccolo, l’uomo sulle cui dichiarazioni si basa l’impianto accusatorio nel processo Mori-Obinu e per il futuro processo per la trattativa. Ma c’è un fatto ancora più grave. Nelle intercettazioni lui si sente sicuro, sereno, perchè sa che anche se lo indagano, poi archivieranno, e se non si fa così c’è il rischio che il processo sulla trattativa non abbia più il suo teste chiave. Perchè, sempre secondo le intercettazioni, Morosini ha dato l’ok per indagare su di lui, ma solo per poter poi dire “ecco, più di questo non potevo fare, ho chiesto indagini, non è uscito niente, quindi archiviamo”. Ovviamente questo è il pensiero di Ciancimino che racconta agli amici al telefono, non vuol dire che il GIP Morosini sia il corrotto che viene descritto, quello che vuole questo processo per motivi di carriera. Non ci vogliamo pensare nemmeno lontanamente, ci limitiamo a riportare le parole di Ciancimino nelle intercettazioni telefoniche.

La Saguto, invece, quella che secondo Ciancimino se ne deve andare, è il magistrato che ha curato il sequestro della discarica, strappando di bocca al piccolo mafiosetto, un bocconcino di oltre 100 milioni di euro. Ed è così abituato a scegliersi i giornalisti che preferisce o i magistrati che preferisce, che lo dice anche nelle interviste “E’ inopportuno che su di me indaghi Ultimo, che mi ha definito mafioso”, ha dichiarato ai giornalisti suoi amici. I giornalisti suoi amici, si leggono nelle intercettazioni, così come si leggono quelli contro cui è arrabbiato e che vuole denunciare. Non capendo, che una denuncia da parte di Ciancimino, per un giornalista, equivale ad un bollino blu, è un attestato di NON MAFIOSITA’, un po’ come se Totò Riina querelasse un giornalista. Ma la differenza tra Riina e Ciancimino è tanta. Uno è la mente, uno è il bracccio. In fondo quello di ascoltare Ciancimino fu un CONSIGLIO dato da Riina alla procura di Firenze, nel 2005. E quando Riina da un ordine, qualcuno che lo esegue c’è sempre. L’ordine è stato eseguito, ciancimino è diventato quasi l’icona dell’antimafia, scriveva libri, andava ai convegni, spiegando come ci si comporta.. e lo spiegava a gente onesta, perchè tra chi gli ha creduto c’è molta gente in buona fede. A gente che non ha mai riciclato nemmeno i soldi del monopoli. Il tutto con la compiacenza dei magistrati BRAVI (nel senso manzoniano del termine) di palermo.

Tornando alle intercettazioni, è venuto fuori che c’è uno sporco gioco di ricatti, coperture, io ti do questo e tu mi concedi una vita nuova. Giudici condiscendenti e giornalisti che sanno ma non dicono. Si limitano ad ammonirlo con “non fare cazzate o finisci come tuo padre”. Ma la storia di Ciancimino non è finita con il ritrovamento del tesoro in Romania, né con le intercettazioni di Napolitano. Addirittura adesso si urla al complotto. “Fanno così per non farlo parlare”. Così dicono i “cianciminiani” (neologismo di procuratore Grasso). Praticamente, secondo i “cianciminiani”, i giudici non possono idagare Ciancimino per falsa testimonianza, né per frode processuale dei documenti taroccati, né per aver fatto il nome di un innocente quale “signor Franco”, nessun fascicolo è stato aperto dopo che ha dichiarato “in Procura faccio quello che minchia voglio”. Non può essere nominato per la dinamite che allegramente trasportava da una città all’altra, si chiedono se fosse pericolosa ma non si scava a fondo sul COME E DOVE l’abbia presa. Ciancimino, insomma, ha l’immunità per tutto, perchè se qualcuno lo ostacola, lui non appoggia più le ipotesi di accusa della Procura nei vari processi in corso.

Ci viene da chiedere, a margine di tutto questo, se la trattativa non sia una cosa che c’è stata, ma sia un losco affare tuttora in corso, tra poteri forti e Cosa Nostra. E per poteri forti non intendiamo lo Stato, perchè lo Stato siamo tutti noi, ma intendiamo chi protegge attività malavitose al solo fine di portare avanti un processo mediatico senza fine, voluto da Riina Salvatore nel momento in cui ha deciso di mettere in mezzo Massimo Ciancimino. In cambio Junior pretende solo di curare i suoi affari di famiglia. Per un buon periodo c’è riuscito.

Massimo CIANCIMINO: Hanno chiesto l’archiviazione per tutte le ipotesi di riciclaggio..
RONCHI FERNANDO A Milano?
Massimo CIANCIMINO: Tutte. Io c’avevo Milano, a L’Aquila.. ne avevo una marea..
RONCHI FERNANDO Si?
Massimo CIANCIMINO: E adesso dobbiamo cominciare a lavorare io te.

Purtroppo il figlio d’arte non ha potuto mettere le briglie a Ultimo, quindi adesso si ritrova di nuovo indagato, insieme a tutti i suoi amici prestanome, per riciclaggio, nonostante gli innumerevoli tentativi di archiviare da parte della Procura. Nella richiesta di archiviazione si leggeva infatti che “non sono stati rilevati elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio” . Preferiamo pensare che le indagini a cui si riferiscono i pm quando hanno tentato di archiviare, siano state condotte con IMPERIZIA, perchè se ci fosse il dolo – come si potrebbe sospettare leggendo le intercettazioni – il processo del secolo, voluto per fini mediatici e politici, sarebbe in mano a un mafioso che ha sotto scacco una parte della procura di Palermo, che tratta con i mafiosi e sta alle loro regole. Ma i meccanismi di questo sistema li conosce bene Ciancimino quando riferendosi agli intoccabili dice “cane non morde cane”. Quindi da tutto questo si evince che Ciancimino tirerà dentro al processo, personaggi politici, presidente della Repubblica, capo dei servizi segreti Pollari, perchè “così poi si chiede il segreto di Stato”. E l’ombra rimane. E così occupati ad avviare un processo sul nulla, che nessuno si ricorderà più dei milioni di euro che il piccolo Cianci intasca, o meglio, avrebbe intascato, con il passaggio di quote azionarie dalla Ecorec (società che gestisce la discarica) alla Ecovision, e altre società con sede legale all’estero.

Più passa il tempo e più ci è chiaro il passaggio dell’email privata che Ciancimino scrisse alla scrivente, Antonella Serafini, quando diceva “sicuramente devo darti ragione sul fatto di aver pensato che la procura di Ingroia ed altri fosse al di sopra di ogni sospetto”. Però pubblicamente dice tutt’altro, perchè abbiamo fondati motivi per pensare che su Ciancimino la procura di Ingroia non ha mai voluto indagare con convinzione, non sappiamo se  ha mai aperto un fascicolo sull’intrusione vera o falsa che sia, dei computer della DDA, e non ci è ancora dato da capire come sia possibile che un mafioso conosca i contenuti di intercettazioni del presidente della Repubblica quando la Procura di Palermo ha fatto storie anche quando la consulta ha chiesto di visionarne una copia.

Da tutto questo qualcosa di buono c’è, e sono i fatti. Ciancimino ha prodotto in giudizio documenti taroccati. Un fatto. Ciancimino possedeva dinamite in casa. Un fatto. Ciancimino non ha consegnato tutto quello che aveva. Un fatto. Ciancimino ha attribuito a persone vere ed innocenti l’identità del signor franco. Un fatto. Ciancimino disse a BlogSicilia di “non avere nessun tesoro del padre”, ma poi sono stati ritrovati milioni di euro. Un fatto. Ciancimino ricatta la procura di palermo innescando il meccanismo “o fate come dico io, o ritratto tutto”. E’ un fatto. Ha ritrattato molte volte nelle udienze passate, dicendo tutto e il contrario di tutto. Un fatto. Le dichiarazioni ad antimafia duemila in cui dice che è inopportuno che su di lui indaghi Ultimo (tale forse l’abitudine a scegliersi gli inquirenti). Un fatto. Le società riconducibili a lui in romania. Un fatto. L’amore per il protagonismo e la mediaticità del personaggio (“faccio più ascolti di celentano e dico più minchiate di lui”). Un fatto. La conoscenza dei contenuti delle intercettazioni sottoposte a segreto istruttorio. Un fatto. La telefonate con certi giornalisti del Fatto Quotidiano e della redazione di Santoro. Un fatto. Ma credo siamo siamo solo all’inizio, perchè il 29 cominciano le danze. Nel frattempo, lo sputtanamento di Ciancimino a seguito di queste operazioni di riciclaggio, per il processo Mori-Obinu è spuntato un nuovo pentito fresco fresco. Insomma, le indagini proprio non le vogliono fare. Quello che dirà il pentito non lo sapremo dopo gli accertamenti, come faceva Falcone, ma lo sapremo in tempo reale, e avranno OVVIAMENTE più validità di tutti i carabinieri del mondo. Perchè ormai funziona così.

E chiudo con un pezzettino di stralcio per farvi divertire:
assimo CIANCIMINO: Mah.. io sono vendibile, subito. Se vogliono mettere a posto mi rimangio tutto.
Santa SIDOTI: (ride)
Massimo CIANCIMINO: Io sono in vendita.

e poi ancora…
Massimo CIANCIMINO: perchè se ancora la Procura deve accertare quali sono sti conti e deve fare la rogatoria significa, come a Verona, che mi danno in anticipo la notizia per….farmi levare le cose!

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violinista per hobby, giornalista per dovere civico e morale, casalinga per lavoro, contadina del web e "colpevole" di questo sito antonella@censurati.it