Ingroia e la maledizione della nomina

459-0-20130110_151139_C4A96F93[1]L’avevamo lasciato ad iniziare la sua fulminante carriera politica, dopo averci mentito circa il suo percorso che lo portò in Guatemala prima ed a iniziare la sua campagna elettorale poi. Una campagna elettorale non brillantissima da parte sua, sfociata in dichiarazioni ombrose circa la possibile introduzione di “reato presunto” con onere di prova a carico dell’imputato, in particolare parlando del reato di evasione fiscale. L’abbiamo sentito anche invocare un solo grado di giudizio per i reati di mafia, come se le cronache giudiziare non fossero pieni di omonimi condannati in primo grado e scagionati in secondo o in terzo grado. Un delirio giurisprudenziale, culminato con un misero 2% alle elezioni.

E se la campagna elettorale è stata delirante, il destino post sconfitta di Ingroia è stato pure peggiore. Siamo partiti ancora in campagna elettorale, con dichiarazioni tipo “Se perdo torno in Guatemala!“, “Lì hanno bisogno di me“. Inutile dire che questa ipotesi è naufragata in fretta, giusto il tempo di ricevere i risultati finali delle elezioni. “Tornare in Guatemala? In vacanza, forse, ma no, non torno. Resto qui, a fare il presidente di Rivoluzione Civile” aveva detto a caldo, quando i giornalisti chiedevano ancora cosa avrebbe fatto dopo un disastro elettorale del genere.

A chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto della sua carriera, rispondeva prima che aveva ancora tempo per decidere (dal 26/02 all’11/03 per la precisione, data in cui terminava l’aspettativa in Italia) e poi che per il bene del Paese avrebbe continuato con la politica e che avrebbe rassegnato le dimissioni da magistrato. Ovviamente questo non è successo. Ingroia non ha mai rassegnato le sue dimissioni e dall’11/03 era in attesa di una ricollocazione in servizio.

Il 14/03/2013 arriva la conferma ufficiale della natura dell’incarico in Guatemala di Ingroia, per bocca della Dott.ssa Carmen Ibarra del Movimiento Pro Justicia, una ONLUS che opera da anni al fianco della Agenzia Onu presso cui lavorava il PM: nessuna nomina, Ingroia ha passato un lungo processo di selezione, anche grazie ad una fama di super PM antimafia e allievo di Falcone e Borsellino per poi piantare in asso una popolazione intera. La Dottoressa arriva addirittura a domandarsi che credibilità può avere un magistrato che accetta un incarico così importante nonostante non si sia mai visto all’opera per 2 mesi se non in TV, costando comunque alla comunità internazionale 20 mila dollari. Una posizione “tappabuchi” insomma, usando le parole della Ibarra, in attesa della sua discesa in campo.

Trombato dal Guatemala e dal popolo italiano, non avendo mai dato le dimissioni da Magistrato, il CSM inizia la ricerca di una nuova sede per il reintegro, allo scadere dell’aspettativa. Come ben sappiamo, Ingroia non poteva prestare servizio in nessuna corte italiana se non quella di Aosta (ai sensi dell’articolo 8 del DPR 30 marzo 1957 n. 361), in quanto unica circoscrizione italiana dove Ingroia non era candidato ed il trasferimento sembrava già cosa fatta. Una certezza che portò politici, comici e lo stesso Questore di Aosta, Maurizio Celia, ad ironizzare su questa nuova “location”, tutt’altro che affine all’habitat ingroiano.

Il colpo di scena arriva in sordina, all’ombra della notizia della lettera minatoria a Di Matteo: Ingroia potrebbe essere salvato dalle cime Valdostane per climi più miti. In primis, cambia nome al suo vecchio partito. Rivoluzione Civile era sottoposto al vincolo dell’unanimità della coalizione, quindi cambia nome in “Azione Civile” per appoggiare il candidato alle comunali romane Marino. Poi interviene Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia e amico di lunga data di Antonio Ingroia per tentare di salvarlo da Aosta. Come prima ipotesi viene ventilato un incarico di rappresentanza della Regione Sicilia a Roma, subito abbandonato.

Alla fine l’idea: Crocetta aveva denunciato giorni prima all’opinione pubblica lo stato vergognoso in cui versava Riscossioni Sicilia, società incaricata per la riscossione tributaria regionale. La ristrutturazione aziendale, in una sorta di “operazione credibilità” era già pronta, tutta all’insegna della giustizia: Ingroia, PM fuori ruolo, presidente; Lucia di Salvo, moglie di un non meglio specificato magistrato, vicepresidente e Maria Mattarella, avvocato e figlia di Piersanti, membro del CDA. Ingroia aveva salutato la nomina dichiarando, sollevato “Sono più utile nella mia Sicilia che ad Aosta”.

Mancava solo il benestare del CSM, atteso per oggi. Prima del Plenum però non sono mancate le proteste. Ieri il Codacons ha inviato una diffida al CSM al concedere il nulla osta in quanto l’incarico era incompatibile con la sua passata attività da PM, in cui potrebbe aver appreso informazioni pregiudicanti il futuro lavoro di riscossione, oggi la commissione consiliare della Provincia di Catania ha voluto puntualizzare il proprio dissenso cambiando il nome del gruppo da “Rivoluzione Civile” a “Sinistra Indipendente IDV”.

Infine, finalmente, la decisione del CSM: un NO UNANIME e secco contro quell’impiego fuori ruolo. La motivazione è semplice: per avere un incarico fuori ruolo, l’incarico deve avere in qualche modo a che fare con l’amministrazione della giustizia. La decisione poi verte su tre precedenti, tutti respinti. Si tratta della richiesta del magistrato Sergio Casarella, che chiedeva l’aspettativa per guidare la direzione del personale dell’agenzia delle entrate.; di quella di Maria Cristina Motta, chiamata a fare il direttore amministrativo della Asl 20 di Verona e di quella di Salvatore Cirignotta, per il quale era stato proposto l’incarico di direttore generale della Asl di Palermo. Una parabola, quella del PM, che si dovrebbe chiudere con il trasferimento di Ingroia ad Aosta, presente sull’ordine del giorno della seduta di oggi ed il ritorno del magistrato alle sue funzioni.

Una sit-com che dura da quasi un anno e che ha coinvolto due paesi, un movimento di soldi cospicuo (si pensi alle diarie ONU, agli stipendi che ha continuato a percepire, ai rimborsi elettorali etc etc etc), il CSM, le meningi di un Presidente di Regione e i moti rivoluzionari di mezza Italia. Uno spreco che non è passato inosservato neppure agli amici. Un gelido Salvatore Borsellino dichiarava ieri: “Per la verità preferivo Ingroia quando faceva il suo lavoro di magistrato e lo faceva in maniera egregia, mentre su Ingroia politico preferisco non pronunciarmi“.Vedremo se il suo operato raccoglierà giudizi altrettanto positivi ad Aosta. Sempre se non ci saranno altri colpi di scena.

 

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