Il reato di “Trattativa”: come è andata e come l’abbiamo vissuta

Ricordo come fosse ieri una giornata passata a Palermo, nel 2011, dopo aver ascoltato l’ennesima udienza in Tribunale, durante il processo contro Mori (nello specifico era il processo che vedeva coimputato il colonnello Obinu).

Era un periodo in cui il pm Ingroia parlava di Massimo Ciancimino come di un’ “icona dell’antimafia” (cito testuale lo stesso Ingroia).

E quel giorno c’era un uomo, in tribunale, era il perito di parte del generale Mori. Si chiama Antonio Marras, un uomo che ha lavorato a titolo gratuito, come ex carabiniere e per il profondo rispetto delle istituzioni e stima verso il generale Mori. Ricordo che disse di devolvere la sua parcella “qualora – riportiamo testualmente – il Tribunale dovesse decidere di porre l’importo in conto ad altri soggetti e/o all’Erario, in parti uguali ai figli delle vittime di mafia e alla ricerca sulle cellule staminali, in egual misura“. Questo è Antonio Marras. (*)

Questo perito di parte ci diede, ai fini di studio e verifica, un tomo di dimensioni enormi, con allegato un cd in cui si descriveva nel dettaglio come fossero state effettuate in maniera anche piuttosto grossolana, manipolazioni su documenti, atti processuali, manoscritti taroccati, carta originale vecchia con firma originale di Don Vito ma con il testo scritto postumo.

Di lì nacque anche un satirico concorso “scrivi il tuo papello”, pubblicando il foglio in bianco con la firma autografa di Don Vito Ciancimino e il foglio in bianco.

Ecco, questa la premessa. Lessi attentamente tutta la perizia, che era chiara e trasparente anche agli occhi di una persona non esperta. Tutto chiaro, cristallino.

Ero molto contenta del fatto che davanti a questi documenti che potevano essere spunto per un’indagine per falso materiale contro Massimo Ciancimino (cosa che noi andavamo urlando da tempo), e che finalmente anche Antonio Ingroia, magistrato a nostro avviso non esattamente brillante, avrebbe dovuto tener conto degli elementi di falsità oggettivi evidenziati in perizia e quindi rivedere le infamanti accuse. Quindi ero pronta ad annunciare una vittoria della verità sulla menzogna. I documenti tecnico/scientifici al carbonio14 non potevano mentire.

I magistrati non hanno smentito il dott. Marras. Hanno solamente preso atto, nella persona del presidente Montalto nelle motivazioni della sentenza Trattiva, che i documenti del figlio di don Vito, il portalettere dei mafiosi, erano dei falsi grossolani.

DALLA SENTENZA n°2-2018 Bagarella +9 – processo “TRATTATIVA” – pag. 786: “Ad un certo punto, infatti, Massimo Ciancimino, verosimilmente prigioniero egli stesso del vortice di dichiarazioni che rischiava di travolgerlo e preso da una incontenibile ed irrefrenabile spinta ad alzare sempre più il tiro sia sul fronte istituzionale che su quello dell’organizzazione mafiosa per accreditarsi come testimone insostituibile delle vicende oggetto del presente processo (ruolo che gli ha consentito di acquisire grande notorietà abilmente sfruttata), ha iniziato ad “integrare” la documentazione ereditata dal padre CON ALCUNI PALESI FALSI (…). Ciò è avvenuto con quell’elenco di nomi, peraltro materialmente redatto dallo stesso Massimo Ciancimino, cui quest’ultimo ha aggiunto il riferimento a De Gennaro (…) ed è anche avvenuto, secondo la convinzione maturata da questa Corte, anche con altri documenti, quali, per quanto si dirà, i “pizzini”, attribuiti a Bernardo Provenzano con l’intento di riscontrare passo passo la riferita ricostruzione dei contatti di questi con Vito Ciancimino, E, SOPRATTUTTO, IL C.D. “PAPELLO” ATTRIBUITO A RIINA.”

Quindi il quadro era: giustizia finalmente è fatta. La scienza non mente. Non fa politica, non vende copie. Non fa tifoserie da stadio. La scienza è asettica. Imparziale. E spietata.

Attendevo con ansia i giornali del day-after.

E il giorno dopo invece mi resi conto che non era vero che Ingroia non fosse esattamente brillante come pensavo. Lui, pur avendo percepito quali conseguenze potesse comportare fidarsi di Ciancimino junior (vale a dire le conseguenze che poi si sono puntualmente riscontrate), è partito a corna dritte ad accusare nuovamente gli accusati preferiti del suo testimone. I titoli dei giornali il giorno dopo infatti parlavano di Ingroia che avrebbe aperto un’indagine contro il generale Mori per la famosa trattativa Stato-Mafia. Questo dopo aver letto i documenti che provavano la cialtroneria del figlio di Ciancimino e la sua forma di pensiero emersa dai verbali di intercettazione ambientale (pag. 74 Massimo CIANCIMINO: Che loro acquistano potere e visibilità… il vero potere è poi potersi sedere al tavolo della trattativa con grossi che gestiscono il potere.. per loro questo è…).

Ora, se si interpreta bene lo schema delle assoluzioni e delle condanne, siamo praticamente ritornati alle conclusioni della sentenza del 20/02/06, quella del processo contro Ultimo e Mori, dove si era riscontrato, come ora pare anche in questa sentenza d’appello sulla “trattativa”, che l’operazione tentata con don Vito era lecita, realizzata in buona fede per scopi investigativi e non per fare baratti con la mafia, ma percepita probabilmente dai mafiosi come qualcosa capace in qualche modo di motivare o co-motivare gli attentati, con responsabilità univoca dei mafiosi (che infatti sono stati condannati), mentre ogni elemento “aggiunto” o aggregato a questa tesi, dopo il 2006, per provare il dolo e l’effettivo coinvolgimento dei carabinieri in trattative e concessioni illegali, ed in particolare ogni apporto del DICHIARANTE Massimo Ciancimino, è sostanzialmente stato rigettato come falso o non accreditato, o comunque non accreditabile.. Siamo tornati quaindi a punto a capo, a 15 anni fa, alla sentenza di assoluzione di Ultimo e Mori, senza che alcun elemento oggettivo di crimine perpetrato, aggiunto dopo quella data, non fosse risultato falso o non riscontrato e quindi da rigettare. Quindi 15 anni di puro fango.

Per questo motivo, ci urge RICORDARE alla parte di popolo senza memoria, che dei colloqui svoltisi tra De Donno, Mori e Don Vito, i carabinieri avvisarono la dott.ssa Ferraro e quindi il dott. Borsellino e che successivamente all’inizio del 93, essi furono illustrati nel dettaglio a CASELLI e INGROIA che da quel momento in poi gestirono il potenziale collaboratore personalmente. Di come andò la trattativa i magistrati furono messi a conoscenza dettagliatamente da Mori e da Don Vito negli stessi termini (e non batterono ciglio, non si scandalizzarono, non contestarono, non sbuffarono neppure), e come andarono le cose lo sappiamo dal memoriale di Don Vito che pubblicammo già nel lontano 2013 in questo articolo (mentre in Sicilia si vendeva come allegato alle riviste) e citiamo il passaggio incriminato dal manoscritto di Dov Vito: Pag. 10

Questo capitolo che ho titolato “I CARABINIERI” è stato copiato dal verbale redatto il giorno 17 marzo 1993 nel carcere romano di Rebibbia, innanzi al Procuratore Distrettuale della Repubblica di Palermo, dott. Giancarlo CASELLI e al sostituto Procuratore dott. Antonio INGROIA, assistiti per la redazione dal capitano Giuseppe DE DONNO in servizio presso il Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri (si tratta proprio del capitano di cui parlo nel capitolo “I CARABINIERI”. Come dire che quello che ho raccontato sui carabinieri è da loro stessi firmato e sottoscritto in un verbale giudiziale, in presenza del Procuratore Distrettuale Giancarlo CASELLI”.

Ora: questo, e solo questo, è stato considerato TRATTATIVA, che comunque viene vista mediaticamente come REATO solo quando i carabinieri (ma dimenticando i magistrati) cercano di fermare le stragi parlando (senza concedere favori) con Vito Ciancimino.

Il reale reato contestato a Mori infatti non era “TRATTATIVA” (pensare che questa parola possa essere reato fa già ridere da se), bensì MINACCIA A CORPO DELLO STATO, che, sentenza dice, non fu mai perpetrata dai carabinieri. Viceversa, l’unico vantaggio di cui usufruì don Vito, fu una revoca dal 41bis (alleghiamo documento ufficiale del DAP) che, sicuramente, non ordinarono i carabinieri. Semplicemente non rientra nelle loro mansioni. Quindi, un vantaggio lo ottenne, Vito Ciancimino, e in quell’unico caso, non fu concesso dai carabinieri, ma richiesto espressamente dalla DDA di Caselli:

Per questo motivo Travaglio e i suoi compagni di merende, insistono nel dire che trattativa ci fu ma il fatto non costituisce reato. Perché è esattamente così, PARLARE non è mai stato reato. Si auspicò anzi che nel caso Moro ci fosse stata, una trattativa, che purtroppo non ci fu, e sappiamo tutti come andò a finire. Solo che nel caso Moro, si sbaglia a non trattare con i terroristi. Nel caso mafia, si sbaglia a trattare.

Il che ci fa pensare decisamente a quell’informazione da tifoseria che punta alla pancia delle persone, che invoca allo scandalo anche quando lo scandalo non c’è, perché quel famoso incontro, non solo non è mai stato fatto di nascosto, anzi autorizzato dalle procure, ma fu sempre dichiarato, in tutti i tribunali, e mai negato agli organi di stampa. Perché di illegale non c’era assolutamente nulla.

Oltretutto sono recenti le dichiarazioni di Ingroia (Neftlix, documentario La Vendetta, serie tv sul caso Maniaci-Saguto) in cui dichiara con un certo orgoglio di essere stato l’artefice del processo del secolo. E rimescolando le torbide acque su quanto, a suo dire, i servitori dello Stato siano stati asserviti ad altri poteri occulti non collaborando con l'”antimafia di quelli bravi”. Quindi alludendo a pezzi dello Stato che vanno a braccetto con la mafia. Ecco: su questo continuo vantarsi di aver imbastito un processo CON SPRECO DI SOLDI PUBBLICI (il popolo paga) solo per aver ascoltato il figlio di un mafioso solarmente inattendibile, noi tutti di censurati.it avremmo molto da dire, ma come vedete dagli allegati mostrati, al primo accenno di procura che sbaglia, scatta la querela.

Poco importa se si è colpevoli o innocenti. Il magistrato che ha massacrato Tortora non è mai stato punito. E’ stato PROMOSSO; e uno dei procuratori di Caltanissetta che negli anni 90 gestirono ed accreditarono il depistatore Scarantino, reduce da un decreto di archiviazione per quelle condotte che ha deluso molto i famigliari del magistrato, oggi occupa il posto di Procuratore Generale di Palermo, e dovrà decidere sul ricorso in Cassazione avverso a questa sentenza. Per come la vediamo noi, redazione di censurati.it, questa assoluzione del generale Mori, non è stata una vittoria al 100%. La vera vittoria sarebbe stata non aver mai dovuto assistere a una pagliacciata del genere. E se proprio avessero voluto fare giustizia, avrebbero dovuto quanto meno valutare l’opportunità di provvedimenti verso chi ha permesso la produzione agli atti di documenti farlocchi modificati in maniera grossolana, per mettere alla gogna ufficiali dei Carabinieri. Eppure le nostre leggi dicono: Articolo 374 bis ( False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria). “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque dichiara o attesta falsamente in certificati o atti destinati a essere prodotti all’autorità giudiziaria condizioni, qualità personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro in essere o da instaurare, relativi all’imputato, al condannato o alla persona sottoposta a procedimento di prevenzione. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria

Oppure avremmo gradito vedere aperti fascicoli su chi ha permesso a Massimo Ciancimino di essere in condizione di dire “in procura faccio quello che minchia voglio“.

Oppure ci sarebbe piaciuto che fosse stato aperto un fascicolo su quei magistrati che, stando agli atti, avrebbero isolato Borsellino prima della sua morte a causa del suo interesse per l’inchiesta “mafia e appalti”, e su chi gestì quell’inchiesta in maniera quanto meno “riduttiva”, in procura, fatto per il quale risulta che Borsellino si fosse lamentato con la procura stessa.

Ma ovviamente nulla di tutto questo accadrà. E quindi una vittoria si, ma amara, a caro prezzo, quella del Generale Mori, a cui va la nostra indiscussa stima e gratitudine.

(*)Sulle manipolazioni di Ciancimino ne parlammo già nel 2013, quando facemmo notare come mai un documento integrale viene pubblicato sul suo proprio libro, mentre viene consegnato in tribunale tagliato a metà. Nessuno ha chiesto conto e ragione di dove fosse l’altro pezzo del documento, del perché risultasse tagliato, nessuno fu interrogato in merito. Ci chiediamo se sia normale per un PM girare la testa dall’altra parte e far finta di niente. Ci siamo interrogati e, nella nostra ignoranza, ci risponde il c.p.p. con l’art. 358 che ricorda ai magistrati il dovere di “ svolgere altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”. I magistrati quindi, non sono pubblica accusa a prescindere. O meglio non dovrebbero. I magistrati dovrebbero cercare la verità. Anche se non gli piace “quel tipo di verità”. E’ il loro lavoro.

CURIOSITA’

Nel ricercare il documento ufficiale, che ricordavo essere stato pubblicato su L’Unità da Nicola Biondo, incappiamo nella pagina, attualmente rimossa, a questo indirizzo: http://www.unita.it/polopoly_fs/1.413305.1337673827!/menu/standard/file/PDFMODIFICATOProcura%20PA%20il%2016-12-10.pdf in cui si legge il nome del FILE che è stato rimosso insieme alla pagina. Lo pubblichiamo perché un file chiamato PDFMODIFICATOProcuraPA è da considerare notizia.

Comunque, vista la mancanza di volontà nel voler indagare sull’inchiesta che più stava a cuore a Falcone e che dopo morto, a Borsellino (fino ad avvenuta archiviazione richiesta a cadavere ancora caldo e concessa in tempo record sotto ferragosto, rendiamo pubblica l’informativa di Mori e De Donno su Mafia e Appalti. La trasparenza aiuta la verità (e ci rimane sempre quel dubbio sul PDFMODIFICATO pubblicato da L’Unità, sicuramente ci sarà una spiegazione. Noi ci limitiamo a rendere pubblica anche questa curiosità).

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violinista per hobby, giornalista per dovere civico e morale, casalinga per lavoro, contadina del web e "colpevole" di questo sito antonella@censurati.it