Mitakuye Oyaisin

Siamo parte della Terra

“No alla guerra, sÏ all’America” ho letto su un manifesto che una fazione politica non fra le pi? “illuminate” d’Italia ha diffuso nei giorni scorsi. SÏ all’America perchÈ in America si puÚ se non altro protestare contro la guerra dell’America, sÏ all’America perchÈ… e via cosÏ con la solita storia dell’America culla della libert‡ e della democrazia, dell’America giusta e buona, dell’America faro di luce per il mondo.

Come se questa fosse la prima guerra dell’America, come se il bombardiere e il puntello al dittatorello di turno non ne fossero sempre stati parte integrante, metodo sistematico di azione.

E allora mai come oggi Ë pertinente ricordare come questa “culla della libert‡” che noi oggi chiamiamo America sia nata dal genocidio di un popolo e dalla devastazione di un ecosistema.

Mai come in questi giorni di ennesimo sterminio Ë attuale ricordare un testo vecchio di un secolo e mezzo ma che pare scritto… domani, da un uomo di un lontano domani, vistosi chiamare selvaggio da un’orda di selvaggi che ne aveva invaso e calpestato la casa. E che, nel trattare da quel che era, null’altro che un volgare commerciante, il “grande” capo bianco che quel mondo aveva l’inaudita pretesa di “comprare”, ha saputo, con parole di grande suggestione e consapevole profondit‡, esporre una visione del mondo di cui solo oggi, rozzamente, cominciamo a comprendere l’esattezza.

Filippo Schillaci

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Nel 1854, pochi anni prima del trattato di Fort Laramie, che avrebbe sancito la fine dell’indipendenza indiana, il “grande capo bianco” di Washington (il Presidente degli Stati Uniti, Franklin Pierce del New Hampshire) si offrÏ di acquistare una parte del territorio indiano e promise di istituirvi una “riserva” per i pellirosse. La risposta del capo indiano Seattle, che segue, Ë stata definita come la pi? bella e la pi? profonda Dichiarazione mai fatta sullíambiente.

Il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. Ma come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? Líidea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dellíaria, lo scintillio dellíacqua sotto il sole, come potete chiederci di acquistarli? Ogni zolla di questa terra Ë sacra per il mio popolo. Ogni ago lucente di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura ed ogni ronzio di insetti Ë sacro nel ricordo e nellíesperienza del mio popolo. La linfa che scorre nel cavo degli alberi reca con sÈ le memorie dell’uomo rosso.

I morti dellíuomo bianco dimenticano il loro paese natale quando errano tra gli spazi siderali. I nostri morti non dimenticano mai questa terra magnifica, perchÈ essa Ë la madre dell’uomo rosso. Siamo parte della terra, e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli; il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli; le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore dei corpi dei cavalli e líuomo, tutti appartengono alla stessa famiglia.

Per questo, quando il Grande Capo Bianco di Washington ci manda a dire che vuole acquistare la nostra terra, ci chiede una grossa parte di noi. Il Grande Capo ci manda a dire che ci riserver‡ uno spazio ove muoverci affinchÈ si possa vivere confortevolmente fra di noi. Egli sar‡ nostro padre e noi saremo i suoi figli. Prenderemo, dunque, in considerazione la vostra offerta, ma non sar‡ facile accettarla.

Questa terra per noi Ë sacra.

Questíacqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non Ë solamente acqua, per noi Ë qualcosa di immensamente pi? significativo; Ë il sangue dei nostri padri. Qualora acconsentissimo di vendervi le nostre terre, dovrete ricordarvi che esse sono sacre, dovrete insegnare ai vostri figli che si tratta di suolo sacro e che ogni tremolante riflesso nellíacqua limpida dei laghi parla di eventi e di ricordi della vita del mio popolo. Il mormorio dellíacqua Ë la voce del padre di mio padre. I fiumi sono nostri fratelli, ci dissetano quando abbiamo sete, sostengono le nostre canoe, sfamano i nostri figli. Se vi vendiamo le nostre terre, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli, e i vostri, fratelli e dovrete provare per i fiumi lo stesso affetto che provereste nei confronti di un fratello.

L’uomo rosso si Ë sempre ritirato davanti all’avanzata dell’uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira davanti al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro.

Noi sappiamo che líuomo bianco non comprende il nostro modo di pensare. Per lui una parte della terra Ë uguale allíaltra, perchÈ egli Ë come uno straniero che irrompe furtivo nel cuore della notte e carpisce alla terra quel che pi? gli conviene. La terra non Ë suo fratello, ma anzi un suo nemico e quando líha conquistata va oltre. Abbandona la tomba dei suoi avi alle sue spalle e ciÚ non lo turba. Toglie la terra ai suoi figli, e ciÚ non lo turba. La tomba dei suoi avi, il patrimonio dei suoi figli cadono nellíoblio. Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo come cose che possono essere comprate, sfruttate, vendute come si fa con le pecore o con le pietre preziose. La sua ingordigia divorer‡ tutta la terra ed a lui non rester‡ che il deserto.

Io non so. I nostri costumi sono diversi dai vostri. La vista delle vostre citt‡ ferisce gli occhi dell’uomo rosso. Ma forse ciÚ avviene perchÈ l’uomo rosso Ë un selvaggio e non puÚ capire!

Non cíË un posto tranquillo nelle citt‡ dellíuomo bianco. Non esiste in esse un luogo ove sia dato percepire lo schiudersi delle gemme a primavera, o ascoltare il fruscio delle ali di un insetto. Ma forse ciÚ avviene perchÈ io sono un selvaggio non posso comprendere. Solo un assordante frastuono sembra giungere alle orecchie e ferirne i timpani. E che gusto cíË a vivere se líuomo non puÚ ascoltare il grido solitario del caprimulgo o il chiacchierio delle rane attorno ad uno stagno? Io sono un pellirossa e non comprendo. Líindiano preferisce il suono dolce del vento che si slancia come una freccia sulla superficie dello stagno, e líodore del vento stesso reso terso dalla pioggia meridiana o profumata del pino.

Líaria Ë preziosa per l’uomo rosso, giacchÈ tutte le cose condividono lo stesso respiro. Líuomo bianco non sembra far caso allíaria che respira e come un individuo in preda ad una lenta agonia Ë insensibile ai cattivi odori. Ma qualora vendessimo le nostre terre dovreste ricordarvi che líaria per noi Ë preziosa, che líaria condivide il suo soffio con tutto ciÚ che essa fa vivere, che possiede lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento che diede il primo alito al nostro avo Ë lo stesso che raccolse il suo ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai nostri figli lo spirito della vita. E qualora vi cedessimo le nostre terre voi dovrete custodirle in modo particolare, e considerarle come un luogo dove anche líuomo bianco puÚ andare a gustarsi il vento che reca le fragranze del prato.

Prenderemo in esame la vostra offerta di acquistare le nostre terre. Ma qualora decidessimo di accettare tale proposta io porrÚ una condizione: líuomo bianco dovr‡ rispettare gli animali che vivono su questa terra come se fossero suoi fratelli.

Io sono un selvaggio e non conosco altro modo di vivere. Ho visto migliaia di bisonti imputridire sulla prateria abbandonati dallíuomo bianco che gli aveva sparato da un treno che passava. Io sono un selvaggio e non comprendo come il “cavallo di ferro” fumante possa essere pi? importante dei bisonti che noi uccidiamo solo per sopravvivere.

Cosa sarebbe líuomo senza gli animali? Se tutti gli animali sparissero, líuomo soccomberebbe in uno stato di profonda solitudine. PoichÈ ciÚ che accade agli animali prima o poi accade allíuomo. Tutte le cose sono collegate. Dovrete insegnare ai vostri figli che il suolo che calpestano Ë fatto delle ceneri dei nostri padri. AffinchÈ i vostri figli rispettino questa terra, dite loro che essa Ë arricchita dalle vite della nostra gente. Insegnate ai vostri figli ciÚ che noi abbiamo insegnato ai nostri: che la terra Ë la madre di tutti noi. Tutto ciÚ che di buono accade alla terra, accade anche ai figli della terra. Se gli uomini sputassero sulla terra sputerebbero su se stessi.

Noi sappiamo almeno questo: non Ë la terra che appartiene allíuomo ma Ë líuomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono collegate come i membri di una famiglia sono collegati da un medesimo sangue. Tutte le cose sono collegate. Tutto ciÚ che accade alla terra accade anche ai figli. Non Ë líuomo che ha tessuto la trama della vita: egli ne Ë soltanto un filo. Tutto ciÚ che egli fa alla trama lo fa a se stesso.

Importa poco dove spenderemo il resto dei nostri giorni. l figli hanno visto i padri umiliati nella sconfitta. Ma perchÈ dovrei piangere la scomparsa del mio popolo? Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Lo stesso uomo bianco, che dialoga con il suo Dio come da amico ad amico, non puÚ sottrarsi al destino comune. Dopo tutto, forse, noi siamo fratelli. Vedremo.

CíË una cosa che noi sappiamo e che forse líuomo bianco scoprir‡ presto: il nostro Dio Ë il suo stesso Dio. Voi forse pensate di possederlo adesso come volete possedere le nostre terre; ma non lo potete. Egli Ë il Dio degli uomini, e la sua misericordia Ë uguale per tutti: tanto per líuomo bianco quanto per l’uomo rosso. Questa terra anche per lui Ë preziosa ed il recar danno alla terra Ë come disprezzare il suo Creatore. CosÏ se noi vi venderemo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Conservate in voi la memoria della terra come essa era quando l’avete presa e con tutta la vostra forza, con tutta la vostra capacit‡, e con tutto il vostro cuore conservatela per i vostri figli e amatela come Dio ci ama tutti. Anche i bianchi spariranno; forse prima di tutte le altre trib?. Contaminate i giacigli dei vostri focolari e una notte vi ritroverete soffocati dai vostri stessi rifiuti. Ma mentre morirete voi brillerete bruciati dalla forza dello stesso dio che vi ha condotto qui.

Per un disegno particolare del fato siete giunti a questa terra e ne siete divenuti i dominatori, cosÏ come avete soggiogato l’uomo rosso. Questo destino Ë per noi un mistero, perchÈ non riusciamo pi? a comprendere quando i bisonti vengono tutti massacrati, i cavalli selvaggi domati, gli anfratti pi? segreti delle foreste invasi dagli uomini, quando la vista delle colline in piena fioritura Ë imbruttita dai fili che parlano. DovíË finito il bosco? Scomparso. DovíË finita líaquila? Scomparsa. Eí la fine della vita e líinizio della sopravvivenza.

http://www.gondrano.it/diritti/seattle.htm

“Quello che accade, accade non tanto perchÈ una minoranza vuole che accada, quanto piuttosto perchÈ la gran parte dei cittadini ha rinunciato alle sue responsabilit‡ e ha lasciato che le cose accadessero”

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