I 4 processi del Capitano Ultimo

Il giallo che non e’ mai stato un giallo, una storia che nessuno ha voluto ascoltare, un epilogo pressoche’ scontato, che vede il Capitano Ultimo l’unica persona processata quattro volte per aver svolto il proprio lavoro nonostante abbiano fatto di tutto per impedirglielo.

Il primo processo: dall’arma dei carabinieri

Ultimo ha subìto il suo primo processo dalla sua famiglia, l’arma dei Carabinieri che ha servito con la massima professionalita’, lealta’ e a rischio della propria vita.

Subito dopo l’arresto di Riina il suo gruppo fu sciolto e furono abbassate le sue note caratteristiche da persona “eccellente” a “superiore alla media“. Dopo una serie di richieste che Ultimo fece all’arma per poter lavorare con il massimo rendimento, vedendo che l’unica cosa che otteneva era precariata’ e mancanza di strutture e di personale, il “capitano” chiede un trasferimento ad un altro reparto. In risposta ad Ultimo ci fu un comunicato all’ansa da parte dell’ex comandante del Ros Sabato Palazzo, in cui replica di aver dato la massima disponibilita’ a Sergio De Caprio. Il nome di Ultimo fino ad allora era sconosciuto per ovvi motivi di sicurezza.

A distanza di qualche anno, a seguito di un blitz anticamorra a Pozzuoli, Sabato Palazzo e’ chiamato a rispondere per reati quali corruzione, falso, favoreggiamento aggravato e abuso di ufficio.

Il secondo processo: giudiziario

Qui possiamo cominciare dalla fine: dopo un anno di processo e di tentativi di incriminare chi ha – di fatto – trovato e catturato il capo di Cosa Nostra, siamo tornati al punto di partenza. Il 19 febbraio 2005, esattamente un anno fa, i PM dichiararono “per noi sarebbe difficile andare a rappresentare un’accusa alla quale non crediamo“.

I PM avevano chiesto gia’ due volte l’archiviazione, il non luogo a procedere, perche’ “il fatto non costituisce reato, o, in subordine, il proscioglimento“, ma il Gip , la scaltra Vincenzina Massa, (che ha combattuto con le unghie e con i denti per farci assistere a questo penoso spettacolo da circo), espertissima di antimafia, evidentemente, impose ai pubblici ministeri l’incriminazione coatta con l’ipotesi di favoreggiamento aggravato nei confronti di Cosa Nostra, reato che non prevede prescrizione, stilando un rapporto in cui spiegava la assoluta necessita’ di incriminare i due ufficiali.

Nell’ordinanza di imputazione coatta il Gip fa riferimento al verbale di sopralluogo e alla documentazione fotografica che dimostrano l’esatto contrario di quel che sostiene nel provvedimento. In queste 35 pagine di motivazioni, la Gip si chiedeva che fine aveva fatto la cassaforte asportata dal muro, per esempio. Peccato pero’ che la cassaforte non e’ mai stata asportata, ne’ tantomeno e’ stata trovata aperta dai carabinieri quando il 2 febbraio poterono finalmente eseguire la perquisizione. Fu usata infatti la fiamma ossidrica per aprire la cassaforte dal retro.

Oggi, a un anno dal processo, i PM devono aver dimenticato il motivo del processo, perche’ il reato di cui vengono accusati gli imputati e’ quello di favoreggiamento a Cosa Nostra. Un solo reato, per cui pero’ vengono fatte due richieste: una di assoluzione perche’ il fatto non sussiste, e l’altra di prescrizione perche’ il favoreggiamento potrebbe essere semplice, e non aggravato, citando anche la discussa legge cirielli in realta’ inapplicabile per questo processo.

Una cosa ci sfugge: se, come dice Ingroia, “favoreggiamento nei confronti di Cosa Nostra non c’e’ stato” nei confronti di chi c’e’ stato? Addirittura il pm Prestipino apre la requisitoria con elogi nei confronti degli imputati: ‘«Quello che oggi si conclude e’ un processo particolare, sia per i due imputati rappresentanti delle istituzioni, le cui qualita’ professionali non sono mai state messe in discussione, sia per le note vicende procedimentali che lo hanno caratterizzato‘».

Se Ultimo non ha favoreggiato Cosa Nostra e nel caso del Covo di Riina ci sono delle ombre, chi sono i responsabili? Nel diario degli appuntamenti del sostituto procuratore Aliquo’ si legge in data 27 gennaio che nel corso di una riunione con i vertici del Ros, seppur la procura sollecitasse l’effettuazione di una perquisizione nella villa di via Bernini, l’allora colonnello Mori “sembra non avere urgenza e dice che l’osservazione del complesso di via Bernini stava creando tensione e stress al personale operante, accennando alla sua sospensione”.
Peccato pero’ che quel giorno il colonnello Mori stava interrogando Vito Ciancimino nell’aula bunker di Rebibbia, in compagnia proprio della sua pubblica accusa Antonio Ingroia (che tra le altre cose aveva lodato la “scrupolosa e minuziosa cronaca del dottor Aliquo’ in presa diretta“).
Diverse inesattezze sono riportate nel famoso e scrupoloso diario, compreso l’avvenuto arresto della Bagarella. Ma non era un errore di data. La famosa riunione con Mori non c’e’ mai stata, ed a documentare il tutto sono i registri con le autorizzazioni dell’arma sui vari spostamenti di tutti.

Aliquo’ ha quindi prodotto documenti falsi? Purtroppo per lui questa non e’ un’opinione, ma un fatto inconfutabile provabile dai verbali degli interrogatori con Ciancimino. E che sarebbe giusto approfondire.

La storia, quella vera, quella che nessuno ha potuto smontare per l’ovvieta’ dell’andamento logico dei fatti, e per i documenti presentati in questo processo, e’ che via Bernini, dopo l’arresto di Riina, doveva essere il punto di partenza di Ultimo per riuscire a catturare anche tutta l’imprenditoria che i fratelli Sansone stavano tenendo in piedi. Per continuare a tenere osservata via Bernini e a controllare le 8 utenze telefoniche riconducibili ai Sansone trovate in quel comprensorio, bisognava trovare un modo per depistare chi ci abitava dentro, per far credere che nessuno sapesse che quel covo era in una situazione di pericolo. Fu quindi deciso di fuorviare la stampa, di non dire che il covo di Riina era in via Bernini, e furono mandati inizialmente tutti i giornalisti altrove, mettendo cosi’ Ultimo e il suo gruppo in condizioni di poter fare i lavori di polizia giudiziaria per effettuare i dovuti accertamenti bancari, intercettazioni telefoniche, pedinamenti ecc. Malauguratamente all’interno dell’arma ci furono delle inopportune fughe di notizie che portarono giornalisti come Bolzoni e altri, a piantonare via Bernini, 54 per fare lo scoop, favoreggiando cosi’ Cosa Nostra. Chi viveva in quel comprensorio, ovviamente, avra’ avuto modo di fiutare il pericolo vedendo giornalisti curiosi nei dintorni a fare domande su Riina, bruciando cosi’ tutta la copertura. (Interrogatorio del 2003 durante le indagini preliminari: “[…]il Maggiore RIPOLLINO aveva avvisato i giornalisti di quale era l’abitazione di RIINA, mentre in Procura era stato deciso di non rivelarlo, infatti era stata fatta l’attivita’ su Fondo Gelsomino per non svelare che invece sapevamo dove stava RIINA e quindi una farsa totale, cioe’ se noi decidiamo di non dirlo, quello invece lo dice, mi dice che senso ha, comunque l’esigenza nostra era quella di sparire, lasciarli quanto piu’ possibile tranquilli e di riprenderli nel momento in cui loro, che sicuramente si saranno verificati cinquantamila volte, si ritenevano tranquilli, riprendevano la loro normale attivita’ di Cosa Nostra e noi allora saremmo dovuti essere li’ e avremmo fatto la stessa attivita’ che avevamo fatto sui GANCI. Questo e’ quello in cui credo e su questo mi ci sono giocato la mia vita, la mia professionalita’ “.)

Un’altra domanda lecita e’: se Ultimo non avesse insistito per tenere d’occhio via Bernini invece di Fondo Gelsomino, come richiesto dal procuratore aggiunto Aliquo’ e dal colonnello Cagnazzo, Riina sarebbe dietro le sbarre adesso?

Ci sono altri tasselli, oltre a tutto questo, meritevoli di attenzione. Un muratore, Angelo Parisi, ha raccontato che tra il 20 e il 22 gennaio gli venne confermato l’incarico dal padrone della casa di via Bernini, Giuseppe Montalbano, di svolgere di lavori di ristrutturazione ‘«del bagno, coloritura, togliere carta da parati, eliminare umidita’ dalle pareti‘». Per fare cio’ ‘«spostammo i mobili che abbiamo coperto per non impolverarli‘», ‘«lavorammo due o tre giorni‘», dopodiche’ «una mattina andammo in via Bernini 54 e trovammo un sacco di carabinieri‘». La perquisizione e’ del 2 febbraio. Tutto torna.

Per quanto riguarda invece l’altro giallo, quello della mancanza di osservazione con le telecamere in via Bernini, il punto e’ che il metodo che Ultimo ha usato (e sempre con successo) non e’ quello di tutti, e cioe’ per tenere sotto controllo un’abitazione, non solo non e’ necessario tenere puntate le telecamere 24 ore su 24, ma e’ un modo di fare vivamente sconsigliato. Un’attivita’ consecutiva con il furgone per troppi giorni porta solo ad insospettire la “preda”, quindi per tenere sotto controllo costante la zona, bisognava pedinare, fare richerche bancarie (infatti il 26 fu trasmessa alla procura tutta la situazione patrimoniale dei Sansone che era stata richiesta) ascoltare le telefonate, seguire, all’occasione usare le telecamere, ma non in maniera troppo presente e ossessiva, perche’ se l’osservazione doveva essere costante nel tempo non potevano permettersi di farsi beccare in maniera idiota, magari montando un carrello elevatore sul palo della luce per montare una telecamera all’interno del comprensorio. Questo si, sarebbe stato deleterio, oltre che stupido. Ma queste cose non sono informazioni che si sanno adesso, perche’ c’e’ il processo. Sono tutti fatti che in fase istruttoria hanno convinto i PM alla non colpevolezza dei due ufficiali. Gli stessi fatti, poi, che hanno convinto i PM delle loro colpevolezza, e poi ancora della loro innocenza e “indiscussa capacita’ “.

Il fine di Ultimo insomma, non era la cattura di Riina e basta, ma seguire i Sansone, e ricostituiremo i circuiti politico imprenditoriali. Un’operazione questa che in Sicilia deve essere o bloccata. I metodi sono stati quelli che vediamo adesso. Teniamo anche conto che questo processo ha giovato a Cosa Nostra perche’ adesso sanno come il gruppo di Ultimo opera (operava, e’ meglio), sanno anche i nomi e i cognomi di tutti gli appartenenti all’operazione dell’arresto di Riina.

Il terzo processo: da Cosa Nostra

“Numerosi collaboratori di giustizia dal 1993 al 1997 riferiscono dell’esistenza di un progetto “aperto” di Cosa Nostra (Bernardo Provenzano e eoluca Bagarella), finalizzato all’uccisione di Ultimo. Secondo Gioacchino La Barbera, Leoluca Bagarella avrebbe offerto ad un carabiniere (mai indentificato) un miliardo di lire per ottenere notizie utili all’individuazione dell’ufficiale (fonte: L’azione – tecniche di lotta anticrimine)”.

Ora pero’, dalle ultime testimonianze dei pentiti, Ultimo non doveva essere ucciso, doveva essere solo sequestrato. Per fare una partitina a carte, magari. A tressette col morto, forse. Pare che ad ogni modo, a quanto risulta dai pentiti, l’ufficiale e’ stato individuato, e il progetto di “sequestro” fosse avallato anche dallo stesso Provenzano.

Brusca pero’ di cose ne dice tante. Ha riferito che molti pensavano che Provenzano fosse un confidente dei Carabinieri. Ad ogni modo, chiedendo allo stesso Ultimo cosa pensasse delle esternazioni di Brusca su presunte collaborazioni di Provenzano, Ultimo risponde: “in Cosa Nostra non esiste il sospetto, se uno e’ sospettato di essere collaboratore, muore. Non si fa salotto, li’, quella e’ una guerra. Si ammazzano tra familiari consanguinei stretti, solo per il sospetto che ci sia collaborazione con i Carabinieri. Ad ogni modo, se Provenzano, il capo di Cosa Nostra, fosse un nostro collaboratore, non ci sarebbe neanche la lotta alla mafia, non ci sarebbe la mafia. Ma poi, come mai Provenzano collabora con i carabinieri e Brusca lo cattura la Polizia, Bagarella la Dia, ecc ecc?

E come Brusca, Giusy Vitale e’ stata una delle protagoniste di questo spettacolo, di cui vorro’ farmi restituire il biglietto, perche’ e’ stato uno spettacolo niente affatto divertente, niente affatto giusto, a prescindere dalle decisioni del giudice.

Il quarto processo: mediatico

“I carabinieri del Ros che arrestarono Toto’ Riina abbandonarono la postazione nascondendo al procuratore Caselli che se n’´erano andati, che avevano lasciato libera una squadretta di mafiosi di infilarsi la’ dentro e svuotare il covo del boss dei boss. Questa e’ una vicenda molto italiana, Leonardo Sciascia l’avrebbe chiamata una “storia semplice”. Questo e’ un pezzo di articolo di Bolzoni preso da antimafiaduemila. Ma dove le abbiamo sentite queste parole? Ah, si, da Ingroia, nella requisitoria. (La mancata perquisizione del covo del boss mafioso Toto’ Riina subito dopo il suo arresto e la cessazione dell’attivita’ di osservazione decisi dal Ros senza avvertire la Procura ”altro non e’ che ‘Una storia semplice”). Si fara’ forse preparare i testi da Bolzoni? Scherzi a parte, Bolzoni non ha fatto altro che parlare di Ultimo come “l’uomo famoso grazie alla fiction”, l’uomo che senza una soffiata non avrebbe mai preso Riina, affermando il falso con la storia dei mafiosetti entrati a svaligiare casa, ha solo buttato fango, mettendo a caratteri cubitali le colpe additate ai due ufficiali, perche’ “cosi’ dicono i pentiti”. Questo perche’? Perche’ ha scritto un libro che avalla la tesi della trattativa tra Stato e Mafia. Su queste dichiarazioni non ha mai voluto rilasciare nessuna fonte avvalendosi della facolta’ di non rispondere tutelata dal segreto professionale. Un po’ come se si dicesse che Ferrara e’ un pedofilo senza poter mai provare nulla. Intanto il dubbio rimane, il libro vende, guadagna, ma la persona rimane infangata agli occhi di chi non ha fonti alternative ai giornali “enbedded”, gli autorizzati a parlare di questi argomeni. Durante le udienze, tra bolzoni e Lodato c’era la gara tra i “non so, non ricordo”. Addirittura Bolzoni non ha potuto confermare quanto scritto in un suo libro perche’ non l’aveva riletto!!! (leggi verbale)

Il processo mediatico non finisce con i giornali “Repubblica” o “L’unita’ “, che titola l’articolo della requisitoria “Mori salvato dalla Cirielli” sapendo benissimo che la Cirielli non e’ neanche applicabile ne’ a questo processo ne’ per questo tipo di reato.

Il processo mediatico va oltre.

Il giorno che e’ iniziato il processo, anticipando il palinsesto di una settimana, viene mandato in onda il film “L’uomo sbagliato”, la storia di Daniele Barilla’ , condannato per errore giudiziario in una operazione portata avanti con l’aiuto dello stesso capitano Ultimo. Una cosa strana e’ che il regista del film e’ lo stesso che ha diretto la fiction “Ultimo”, la prima serie, poi scalcato da Michele Soavi. Dopo essere stato scalzato da un altro regista, stranamente, fa un film che narra le gesta sbagliate del capitano di cui ha raccontato l’arresto di Riina.

Rivalsa?

Non si sa. Una cosa che si dovrebbe sapere, pero’ e’ che l’avvocato del Barilla’ martire assolto in appello, e’ stato denunciato dalla procura della repubblica per aver prodotto documenti falsi per tutelare e “aggiustare” la situazione del suo assistito. E che l’appello e’ stato vinto perche’ il quantitativo di cocaina di cui fu trovato in possesso, non era di 50 kg ma di qualcosa in meno.

On line da oggi la denuncia della procura da domani la sentenza di condanna in primo grado. Se vuole dire la sua gli diamo anche spazio per parlare. Ci faremo spiegare che lavoro faceva, quanto tempo sono andate avanti le indagini, quali erano le persone che frequentava. Magari potra’ smentire che la sua cricca era fatta di assassini, spacciatori, ecc ecc.

Girava voce che anche su Giusy Vitale stanno preparando un film (non sappiamo quanto sia vera la notizia, l’abbiamo scoperta con una notifica di google. Il giorno in cui il Newsweek parlava della Vitale come l’aspirante boss di Cosa Nostra che ambirebbe alla Cupola, su repubblica on line si leggeva la notizia che la storia della pentita sara’ un film).


Il crimine che e’ stato compiuto dali animatori della campagna stampa che ha prodotto questo processo e’ stato quindi, ed e’ tuttora, quello di legittimare l’associazione mafiosa Cosa Nostra e le sue opinioni.

Clicca qui per scaricare alcuni mp3 delle udienze e i documenti riguardanti Barilla’

Clicca qua per vedere le foto del giallo del Covo

p.s. questo post scriptum e’ stato scritto il 9 marzo, come aggiornamento che non pensavo dovesse essere utile. Tra i giornalisti che fanno di tutto per screditare Ultimo, anche a processo finito (non quello mediatico, evidentemente), c’e’ anche Sandro Provvisionato, che qualche mese fa si vanto’ con me, la scrivente, di essere stato l’artefice dei dubbi innescati sul covo. Dopo una serie di scambi epistolari in cui in anteprima esponevo i fatti che sono nell’articolo di sopra, concluse con un “sei solo una povera sfigata”. Pensavo fosse chiuse li’ il discorso, ma oggi e’ stata inviata la newsletter di misteriditalia, in cui si innesca il dubbio (fondato da nulla, come tutte le accuse giornalistiche, in fondo) che probabilmente le stragi del ’93 potevano essere evitate se Ultimo avesse perquisito il covo. Le email scambiate con Provvisionato non le ho mai cancellate, in caso dovessero servire per accertarne l’esistenza a causa di denuncia per diffamazione. La trasparenza e’ la nostra migliore arma.

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Informazioni su Antonella Serafini 149 articoli
violinista per hobby, giornalista per dovere civico e morale, casalinga per lavoro, contadina del web e "colpevole" di questo sito antonella@censurati.it

18 commenti

  1. di travaglio voglio credere che ci sia la buona fede, perchè lui è convinto davvero che quello che ha scritto è vero. L’unica cosa è che il libro “gli intoccabili”, l’ha scritto con lodato, che è stato uno degli artefici di questa campagna stampa. Probabilmente ha solo sopravvalutato Lodato.
    Si è sopravvalutato anche da solo, Lodato, perchè dagli interrogatori in tribunale, non è che ne esca molto bene 🙂

  2. Cara Anto, questo Travaglio mi sa che vuole somigliare a Berlusconi.. si crede un Dio in terra….che sa tutto .. così facendo non si rende conto che invece, a volte l’uomo può anche sbagliare e lui in questo caso ha TOPPATO DI GROSSO!!
    Spiegaglielo tu, va…
    Grazie!
    Saluti a tutti e… Viva la giustizia! Viva il Capitano Ultimo!
    Stefania

  3. http://www.antimafiaduemila.com/modules.php
    ?op=modload&name=News&file=article&sid=932&mode
    =thread&order=0&thold=0

    L’Ultimo apra la porta
    di Marco Travaglio (dal “l’Unità” del 15 febbraio 2006)

    «Ragion di Stato» e «altre sedi». Sono le parole chiave della requisitoria dei pm di Palermo che l’altroieri hanno messo la parola fine, per quanto riguarda l’accusa, al processo al generale Mori e al capitano De Caprio (alias «Ultimo») per la mancata perquisizione del covo di Riina poche ore dopo l’arresto del boss il 15 gennaio 1993. Un processo che è un caso di scuola per distinguere le responsabilità penali da quelle morali, politiche e istituzionali. Sul piano penale, i pm Ingroia e Prestipino hanno chiesto al Tribunale di assolvere i due ufficiali dal favoreggiamento a Cosa Nostra e di dichiarare commesso, ma prescritto, l’altro favoreggiamento: quello che consentì ai mafiosi della famiglia Sansone, che avevano in carico la latitanza di Riina, di portar via la moglie e i 4 figli del capomafia, di svuotare l’appartamento da cima a fondo, di farlo ritinteggiare e ristrutturare, il tutto nella certezza di non essere arrestati, nè filmati, nè osservati. Ma a ben guardare, sul piano penale, il processo nasceva morto: quando i primi pentiti parlarono dei torbidi retroscena di quella clamorosa defaillance del Ros era già il 1997 e non c’era più tempo per celebrare tre gradi di giudizio prima che scattasse la prescrizione per il favoreggiamento semplice. Salvo dimostrare che Mori e Ultimo non perquisirono il covo per fare un favore alla mafia. Il che è indimostrabile. Anzi, come han detto i pm, quella scelta non fu fatta per «ragion di mafia», ma per «ragion di Stato». Traduzione: un possibile servizio reso a quei pezzi di Stato che avevano «trattato» con Cosa Nostra durante e dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, dunque potevano temere che il blitz portasse alla luce qualche traccia di quell’inconfessabile trattativa. Titolo del film: «Non aprite quella porta».
    Giornalisticamente, ci sono elementi sufficienti per avanzare questo sospetto. Si sa che le trattative ci furono. Ma, penalmente, non possono essere attribuite con certezza a questo o quell’imputato. Bene han fatto i pm a tener fuori dal tribunale ciಠche non è documentalmente dimostrato, limitandosi a evocare la «ragion di Stato». Ma, mentre si chiude la questione penale, il caso non si chiude, anzi si apre sul piano politico, istituzionale e anche morale. Non ci sono solo le aule di giustizia per accertare la verità , come ha ricordato Antonio Ingroia evocando le «altre sedi» che, 13 anni dopo, dovrebbero finalmente fare chiarezza. O, almeno, liberare gli ufficiali dall’imbarazzante consegna del silenzio che li ha costretti per anni ad arrampicarsi sugli specchi con versioni risibili o fasulle, che han reso quella scelta investigativa vieppiù incomprensibile e sospetta. E assurdo sostenere, come fanno Mori e Ultimo, che mantenere il servizio di osservazione e di teleripresa dinanzi al covo dopo la cattura di Rima era ormai «impossibile» e comunque «non sarebbe servito a nulla». Anche perchè le due affermazioni si contraddicono l’una con l’altra. Se davvero era impossibile restare lì davanti a osservare e filmare quel che avveniva nella casa del boss appena arrestato, anche un bambino imbranato l’avrebbe subito perquisita, prima di andarsene. E oggi, se Riina teneva carte importanti in cassaforte, queste sarebbero in mano allo Stato, anzichè alla mafia di Bernardo Provenzano, che potrebbe usarle come assicurazione sulla vita. Se invece l’appostamento fu annullato perchè ritenuto inutile, chi prese quella decisione meriterebbe una perizia psichiatrica, visto che restando lì si sarebbero potuti avvistare, e dunque catturare, i fratelli Sansone e i loro uomini, cioè i favoreggiatori di Riina. I quali invece agirono indisturbati, svuotando la casa e scampando all’arresto.

    Se il tribunale accoglierà la richiesta dell’accusa, non sarà un’assoluzione, come immancabilmente racconteranno tg e gran parte dei giornali. Ma conterrà una prescrizione per un reato commesso. E, chiuso il processo, bisognerà chieder conto non più ai due ufficiali, che presumibilmente obbedirono a ordini superiori. Ma a chi (le «altre sedi») quegli ordini impartì e poi nascose la mano. La «ragion di Stato», se può essere un’attenuante per i due ufficiali è un’aggravante per lo Stato. Da quello Stato (che nel ’92-’93 non si chiamava ancora Berlusconi) i parenti delle vittime delle stragi attendono da 13 anni una risposta. Semprechè esista ancora uno Stato.

    federico

  4. da repubblica.it

    PALERMO – Il Tribunale di Palermo, presieduto da Raimondo Lo Forti, ha assolto il direttore del Sisde, prefetto Mario Mori, e il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, il capitano Ultimo, imputati di favoreggiamento aggravato (in favore di Cosa Nostra) per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina, subito dopo l’arresto del boss il 15 gennaio del 1993.

    La sentenza, ampiamente attesa, è stata pronunciata dopo poco meno di due ore e mezzo di camera di consiglio. Nè Mori nè De Caprio erano presenti in aula.

    I giudici si erano ritirati per decidere pochi minuti prima delle 13, a conclusione delle arringhe dei difensori, gli avvocati Piero Milio per Mori, e Francesco Romito per De Caprio. I legali avevano chiesto “una sentenza definitiva, chiara, che fughi le ombre che non ci sono” e che “attesti che questi uomini egregi sono immuni da sospetti”.

    Lunedì scorso anche i pm Antonio Ingroia e Michele Prestipino avevano chiesto l’assoluzione perchè il fatto non sussiste dall’accusa più grave: quella di favoreggiamento aggravato di Cosa Nostra. E la prescrizione per le restanti imputazioni.

    ******************************************************************

    la prescrizione per le restanti imputazioni!!!
    No ci sono proprio altre imputazioni!
    il processo mediatico non è finito, amici
    vedremo che altro sono capaci di inventarsi, i giornalisti bravi, quelli che hanno reso impossibile l’attività di controllo di via bernini.
    Lo scoop viene prima di tutto, prima anche dell’antimafia

  5. mi sono appena riletta tutto l’articolo…per la centesima volta credo. e poi tutti i commenti di seguito…sempre con la stessa attenzione. e sempre con maggiore ammirazione nei confronti di antonella..che stimo e alla quale voglio moltissimo bene. voglia di imparare da lei ne ho tanta…spero di possederne anche la capacita’. comunque sia…grazie…perche’ in mezzo a Voi mi sento una persona migliore. un caro saluto…e un inchino.
    piccola apache

  6. il motivo della mancata perquisizione e’ pienamente spiegato nell’articolo di censurati, e ci possono arrivare tutti se invece di leggere le ipotesi di travaglio si andasse a leggere i documenti del processo, scaricare mp3, ecc ecc ecc.
    Capisco che puo’ essere lungo, come lavoro. Quello che scrive travaglio e’ il riassuntino (suo) ma sempre il riassunto di uno che ha scritto un libro in merito e la faccia la puo’ perdere se la verita’ si viene a sapere.
    Non mi e’ capitato di vederlo ai processi, travaglio.
    Cmq, visto che il mio compito non e’ convincere, ma spingere alla verita’, o quanto meno alla curiosità, tu leggi quello che vuoi, ma parallelamente ho il dovere di dirti che la verita’ la puoi scoprire solo tramite gli atti del processo.
    Saluti
    anto
    p.s. la prossima volta, prima di scrivere, leggilo l’articolo che scriviamo, magari tante scemenze che dicono i giornali possono avere una risposta chiara

  7. Sono entusiato che non si sia chiuso un giudizio per decorrenza dei termini quale decorrenza, la giustizia e l’assoluzione per fatti non commessi è un atto dovuto nei confronti di chi come Ultimo a solo svolto il suo dovere e forse anche di più. per i Media e i giornalisti posso solo dire due parole IMPARATE DA ANTONELLA!!!
    BY OMBRA

  8. non mi pare che i TG parlino molto di assoluzione

    continuano a parlare di verità nascoste… Se non erro Ingroia ha fatto un interrogatorio serratissimo a Ultimo. Sarebbe possibile avere on line anche quello?
    Perchè lì ci sono domande e risposte, e spesso si capisce se le spiegazioni sono campate in aria o vere.

  9. cara antonella, io e te abbiamo proprio difficolta’ nel comunicare 🙂

    comunque, il riassuntino di travaglio (con cui ha collaborato al libro di cui parli e non scritto come invece inciucio, regime, l’amico degli amici ecc) afferma una cosa molto diversa.

    provo a spiegarmi meglio.
    […]un possibile servizio reso a quei pezzi di Stato che avevano «trattato» con Cosa Nostra durante e dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, dunque potevano temere che il blitz portasse alla luce qualche traccia di quell’inconfessabile trattativa.[…]
    poi continua
    […]Ma, mentre si chiude la questione penale, il caso non si chiude, anzi si apre sul piano politico, istituzionale e anche morale.
    “Il piano politico” e’ quello che da sempre (e basta leggere il libro) hanno messo in evidenza i due autori.
    […]E, chiuso il processo, bisognerà chieder conto non più ai due ufficiali, che presumibilmente obbedirono a ordini superiori. Ma a chi (le «altre sedi») quegli ordini impartì e poi nascose la mano. La «ragion di Stato»[…]
    e’ questo quello che vogliono dire e cioe’ che qualcuno ha trattato con la mafia, secondo loro.
    e questo qualcuno si e’ ben insabbiato. ma sicuramente, come hanno gia’ anticipato nel libro, non centrano mori e de caprio anche se “[…]Giornalisticamente, ci sono elementi sufficienti per avanzare questo sospetto.[…]“. ma questo l’hanno scritto e quello che oggi come dici tu tenta di giustificare travaglio e’ solo quello che hanno sempre scritto.
    poi, visto che si tratta di comporre un pazzle ed anche molto intricato, ti ricordo solo quello che di recente sta succedendo in sicilia, dove, mai come in questo periodo, stanno venendo a galla intrecci di tipo politico-mafioso da tutte le parti e a tutti i livelli.
    evidentemetne che lo stato, sotto forma di istituzioni, abbia in qualche modo trattato con la mafia, e’ il vero problema di cio’ che e’ accaduto. e non sarebbe la prima volta sia ben chiaro. lo dimostrano le sentenze su andreotti, le concussioni ormai certe tra camorra e stato nell’immediato dopo guerra o nel sequestro di politici (vedi i lcaso moro dove si tento’ di arrivare alla br tramite la mafia) e cosi’ via.
    il problema c’e’ e non e’ una sentenza di assoluzione che potra’ negarlo.
    ben venga allora travaglio che queste cose, seppur in maniera non proprio facilmente reperibile, le scrive. lui o chi per lui.

    federico

  10. giornalisticamente io diffiderei di chi non risponde agli interrogatori e di chi falsifica i documenti e di chi ha compromesso l’operazione, piuttosto che di Ultimo e Mori, non credi?
    Ad ogni modo, se Ultimo non era responsabile, sotto processo c’è finito lo stesso.
    Purtoppo ho messo on line solo la sua deposizione spontanea, mi manca l’interrogatorio di Ingroia. Dammi un po’ di tempo pure per quello, non mancherò di mettere on line anche quello, parola mia.

    Ad ogni modo, giornalisticamente parlando (anche se, ripeto, non sono una giornalista) se la procura decide di tenere nascosto il covo e invece i giornalisti vanno lì perchè qualcuno “vuole partecipare” un po’ di più, nell’arma, io un po’ di indagini le farei, ma su chi ha commesso queste cose.

    E con le mie scuse a Ultimo, oltretutto, uno che ha dato il culo (perdona il francesismo) per arrestare Riina, lottando per poterlo fare, e facendolo nonostante gli ostacoli interni ed esterni.

    Un processo a chi si è rifiutato di parlare, non sarebbe proprio male

    Tu che dici?

    Facile, adesso, dire che ultimo non è colpevole, dopo aver detto e fatto capire l’esatto contrario dai giornalisti. Addirittura sul tempo si accomuna Ultimo ad Andreotti, come perseguitati politici!

    Ma andiamo, su… andreotti non è stato assolto. Non è stato condannato, ma neanche assolto, e i contatti con la Mafia li ha avuti davvero

    un carissimo saluto 🙂
    anto

  11. sono daccordo con te, ma su una cosa no: i giornalisti non fanno ne gli avvocati ne i giudici.
    se sono bravi (ed io credo che lodato, travaglio, veltri, gomez ecc lo sono) fanno delle inchieste.
    e bada bene, non sono neache dei periti.
    sono dei “semplici” giornalisti che mettono insieme i fatti di cui sono a conoscenza e qualcuno poi, se lo ritiene opportuno, ne trae le conseguenze.
    lo facciamo sempre tutti noi, indipendentemente dal nostro ruolo sociale.
    anch’io dopo aver letto i libri di travaglio, mi sono fatto un’idea secondo me piu’ vera della nostra vita politica.
    evidentemente non faccio il giudice ma prendo delle decisioni su argomenti che mi vengono esposti.
    due osservazioni in par codicio pero’ te le faccio.
    la prima:
    se lasciamo perdere mori e ultimo, anche tu, e paradossalmente, SOLO a causa di questo processo, sei stata costretta ad ammettere che all’interno dell’arma sono successe delle cose definiamole “strane” e credo che anche tu sei daccordo sul fatto che le istituzioni di questo paese (non parlo della sola sicilia) spesso si sporcano con le organizzazioni mafiose;
    la seconda:
    che la verita’ a cui si e’ arrivati oggi, non e’ la stessa verita’ a cui si poteva arrivare senza questo processo. alcune anomalie sono venute fuori (non fosse altro per la denucia che stesso tu hai fatto sulle talpe, piuttosto che meri problemi logistici-organizzativi dei ros).

    io quindi dividerei l’aspetto giornalistico, da quello legale, da quello morale-politico. poiche’ in questa cosa probabilmente ci sono tutti e tre ma, mentre:
    su quello giornalistico ci possiamo non trovare daccordo (ma penso che sia piu’ divertente cosi’);
    su quello legale, i due sono stati assolti;
    su quello morale e politico qualche riflessione, come ha sempre detto lodato, secondo me c’e’ ancora da fare.

    e forse una condanna da questo punto di vista, potrebbe fare piu’ bene a questo paese, di una condanna ad un processo.
    (soprattutto fino a quando in questo paese c’e’ chi crede al portatore “nano di democrazia” circa i giudici e le leggi di questo stato).

    federico

  12. il tutto sulla pelle di ultimo, però

    non mi piace scrivere cose false (come hanno fatto i giornalisti di cui parli) solo per poter mettere un dubbio alla gente

    Lodato, che è tanto bravo, ha scritto un articolo sull’unità che titola “mori salvato dalla cirielli”. Scusami, ma sarebbero questi i giornalisti bravi?

    allora faccio bene io, a non dichiararmi giornalista.

    Sul piano morale, il PM ha chiesto che gli imputati chiedessero scusa al paese. Per cosa, per aver fatto i capri espiatori di una situazione anomala?
    E se ci sono state delle anomalie, non sarebbe stato più giusto parlare di quelle giuste? No, perchè (ma questa è solo una mia opinione) una delle fonti che bolzoni si è rifiutato di citare, secondo me è proprio il procuratore aggiunto, che se ha prodotto documenti falsi adesso, può benissimo aver fatto la soffiata ai giornalisti sul vero covo di Riina facendo saltare tutte le altre operazioni.

    E’ umana l’unvidia, in fondo. Ultimo in tre mesi ha preso una persona che lì nessuno era stato in grado di prendere, un po’ la sua figuraccia Aliquò l’ha fatta, secondo me. Sempre che sia stato per imperizia o svogliatezza, ma lui che era del posto non sapeva neanche dove cercare. Mi auguro che se non hanno preso riina prima del 93 sia solo per imperizia, altrimenti il vero favoreggiamento possiamo pensare che ci sia stato da altre persone.

    Sulla pelle di ultimo
    i bravi giornalisti dicono tutto quello che sanno, e se sanno più di quello che dicono, anche loro favoreggiano (favoreggiare=appoggiare chi delinque) cosa nostra.

    spero che gli errori fatti da questi “bravi giornalisti” siano solo stati fatti per mancata accortezza (lodato stesso, ha detto che in fondo erano inesperti, all’epoca, o qualcosa del genere. Ma ho messo gli interrogatori on line, leggili)

    Se, come fa travaglio, scrive un libro come Regime, per me uno dei più belli sulla censura italiana, e poi scrive un libro come “gli intoccabili”, in cui fa pensare che mori e ultimo hanno fatto gli interessi della mafia (rifletti: uno che vuole favorire riina lo prende lontano da casa e non rivela il nascondiglio, no? visto che lui e i suoi uomini erano gli unici a conoscerlo), alla fine non credo più neanche alle cose vere che dicono

    Basta una balla, e si è giocato il lavoro di anni.
    Lui crede che ultimo abbia ubbidito ad ordini di personaggi più importanti. Di solito queste cose, anche con una noticina a fondo pagina, devono potere essere provate.

    Insisto nel dire che lo scoop non viene innanzi tutto, perchè gli avvocati, a Ultimo, non li paga l’arma. E fare il proprio dovere per poi vedersi accusare di cose così ignobili, è una cosa che non riesco a tollerare. Se c’è chi ha sbagliato, faccia i nomi, se ammettono che ultimo non è stato, fuori i nomi.

    “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”
    G. Orwell

    e noi vogliamo trasparenza. Ultimo ce l’ha data, altri no. E allora che vadano gli altri, alla sbarra degli imputati.
    Spiacente ma su questo caso io sono di un’intransigenza al limite del fascismo.

    Oltretutto stanno usando il caso di Ultimo in politica per screditare anche i PM che accusano berlusconi. Se questo sia il piano di qualcuno non lo so, se lo sapessi lo direi, ma se ho dubbi personali non ci faccio un libro e sparo merda a caso “ando cojo cojo” (come direbbero a roma).

    I dubbi alla gente devono venire partendo da verità oggettive, non da verità presunte. E verità oggettive se ci sono hanno nomi e cognomi, e non sono nè quello di ultimo nè quello di mori

    saluti
    anto
    p.s. la mafia ringrazia per aver saputo grazie a questo processo, i nomi e i cognomi e i ruoli attuali di tutti quelli di Crimor che parteciparono all’operazione.

  13. i giornalisti non sono giudici (aggiungo “per fortuna”) ma hanno un potere ancora più importante. Possono, se sono in grado di farlo (e bolzoni e tutti quelli come lui SONO IN GRADO) possono veicolare il pensiero della gente, della massa, spacciando le opinioni per verità.

    Questo è abuso di potere, amico, non è giornalismo. Finchè la corporazione dei giornalisti difende questo modo di fare, non potrai mai sentire parlare bene della stampa.

    E questa è una verità indiscussa, purtroppo, tortora docet.
    grazie al cielo esiste internet e la possibilità di errore adesso è sempre più bassa.

    Lo dico da “compagna”: la campagna portata avanti da L’Unità, ha tolto alla sinistra almeno il mio voto. Ringrazia Lodato.

    Quel giorno, il 9 aprile, me ne starò a casa con mio nipote, decisamente il mio tempo non sarà sprecato, così.

  14. leggi questa favola, che non centra nulla con il caso di cui stiamo parlando, ma guarda quante cose “simili” in essa ci possiamo trovare che ricordano il “nostro” caso.

    favola

    federico

  15. fatto anche bene. Si fa così la disinformazione. Si scrivono delle cose verosimili, generiche, veritiere quanto basta per mettere il dubbio su qualcuno. Però da una parte abbiamo una persona, Ultimo, che chiede trasparenza e che riferisce tutto quello che era riuscito a sapere e come l’aveva saputo e con quali tecniche. Dall’altra parte abbiamo un po’ di persone che dicono di sapere, ma non dicono da chi, che dicono di volere la verità che loro sanno, ma non la dicono a nessuno.

    Tra chi vuole la trasparenza e fa nomi e cognomi, e chi vuole sapere la verità in modo astratto, io credo a chi non racconta le favolette.

    Poi mi sembra che non sono l’unica.

    Piuttosto: saranno vere le voci di corridoio secondo le quali il padre del gip è stato messo a capo del banco di sicilia da “potenti forze esterne”?

  16. rispondo dopo piu’ di un anno dalla pubblicazione di questo articolo.

    La gogna mediatica in tutti i casi e’ sbagliata, sia dopo una sentenza di colpevolezza (anche se in certi casi illustri sarebbe apprezzabile, ma io mi riferisco a casi non legati ai potenti) sia , e ancor piu’ grave, dopo una sentenza di assoluzione piena.

    Pero’ c’e’ da considerare che ultimo e’ stato processato perche’ dopo aver convinto caselli & co. a non perquisire subito l’abitazione di via bernini ha lasciato praticamente incustodito l’immobile e quindi se non si era agito per non bruciare il luogo da dove poi sarebbero potuti nascere altri arresti di altri latitanti importanti e di scoprire qualche altra verita’ in piu’ o sui rapporti mafia-politica o piu’ in generale “segreti mafiosi”
    Tant’e’ vero che lasciato l’immobile li’ senza sorveglianza hanno pure “rinfrescato” l’ambiente, e se c’erano le carte (il famigerato papello) lo han portato via, se son passati latitanti, che riportarono la famiglia di Riina a Corleone, non si son potuti prendere appunto perche’ non c’era fisicamente nessuno che potesse agire.
    Adesso il punto e’ se l’hanno fatto apposta o meno.

    Solo i reati di mafia non hanno prescrizione, collusione e favoreggiamento ce l’hanno, basti vedere il processo andreatti, ritenuto colpevole di collusione ma i reati son stati prescritti, quindi colpevole ma non condannabile.

    Ultima annotazione: “il fatto non sussiste” sarebbe la nuova formula del vecchio “mancanza di prove”.

    finisco con un po’ di “lecchinaggio” 🙂
    nonostante non condivida alcune tue opinioni o punti di vista, ritengo questo un ottimo blog, molto migliore di tanti altri 🙂
    E’ giusto dare all’informazione piu’ sfaccettature, poi sara’ il lettore a giudicare quale sia migliore o piu’ precisa, l’importante e’ non inventarsele.

  17. ma il motivo per cui non è stato perquisito subito il covo chi te l’ha detto, travaglio?

    i documenti nel processo l’hai letti?

    Hai letto il PERCHE’ che ultimo ha dato davanti a un giudice?

    e siamo sicuri che Caselli non sapesse nulla? Sarà forse per questo che si è rifiutato di rispondere alle domande, al processo?

    e soprattutto… il motivo per cui il pm ingroia non ha insistito nel fargliele?

    grazie per i complimenti, ma informati un po’ meglio
    se ci siamo riusciti noi, o travaglio è una caccola, o mente sapendo di mentire

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