Certo, Cuffaro ha tutto il diritto di protestare contro Report perche’ “diffama la Sicilia”.
Sarebbe stato rimproverato dai mafiosi se non l’avesse fatto. Mica e’ una novita’. Quando uccisero Giuseppe Fava il sindaco Munzone “Vi giuro sul mio onore – proclamo’ commosso – che a Catania la mafia non esiste”. Munzone, Cuffaro e gli altri sono semplicemente il personale politico di questo strano sistema di governo della Sicilia, basato parte sul clientelismo e parte sull’omicidio. Fanno il loro mestiere. Non servirebbe a niente bruciare per tre volte di seguito lo stesso locale dello stesso commerciante che si rifiuta di pagare il pizzo, se poi la tv ne deve fare un eroe. Dunque bisogna ordinare ai politici di far casino contro la tv, non tanto per ottenere la “trasmissione riparatrice”, quanto per lanciare chiaro e forte l’avvertimento: di mafia, nella televisione italiana, non se ne deve parlare. L’avvertimento e’ reso eloquente dal fatto che la Sicilia, a parte la Colombia e a parte le zone di guerra, e’ il luogo dell’occidente in cui sono stati uccisi piu’ giornalisti: almeno otto. La gentilissima signora Gabanelli di Report e i suoi stimabili collaboratori – questo e’ il messaggio – non vorranno certo essere il numero nove, dieci e cosi’ via. Quando Claudio Fava risponde – col disprezzo che merita – al portalettere dell’apparato, non sono due politici in cortese dibattito: da un lato c’e’ il giornalista sfuggito a un attentato mafioso fa, figlio di un altro giornalista ucciso dagli imprenditori mafiosi. Dall’altro c’e’ Cuffaro, Munzone, i vecchi e nuovi cavalieri, Ciancimino: tutto il sistema che governava, e governa, la Sicilia. Par condicio.