L’ultimo arcobaleno. Breve ricordo di Sandro Duccini

di Massimiliano Coccia

Nel 2003 ci fu una primavera intensa, piena di vento e di guerra.

Roma era invasa da centinaia di arcobaleni, appesi alle finestre, nei banchi dei mercati, i cingalesi non vendevano più i fazzoletti di carta ai semafori, ma bandiere arcobaleno, come a voler dire che quello era il tempo delle scelte e non delle lacrime. 
Da quel movimento non è sbocciata una classe politica capace di incarnare il cambiamento dettato dal no alla guerra, ma forse si sono create delle splendide coscienze, perché c’era politica in ogni luogo e così anche noi, nel nostro piccolo e defilato quartiere medio-borghese, ci siamo uniti al fiume in piena, scout, comunisti, ecologisti, giornalisti, casalinghe, vecchi, partigiani, non avevamo solo le suore, che facevano da contrasto ai rasta nelle semplificazioni giornalistiche.

Questa umanità scelse il capolinea di un autobus il 628 con un giardinetto brutto e dismesso, ci mise una tenda,ovvero un presidio permanente contro la guerra, e per tanti mesi quel capolinea divenne per noi il centro del mondo, un luogo che dava sicurezza a tutti, una casa comune che ci faceva sentire meno soli. 
Il fiume in piena non ha bisogno di chi chiude gli argini, ma di chi è capace di osservare i rivoli che prenderà, i campi che andrà a contaminare, e così io ragazzo del 2003, incontrai un comunista bello ed autentico, dalla sguardo limpido e trasparente, che sapeva vedere e ascoltare quel fiume in piena, diceva “compagni” senza retorica, era un comunista libero ed eretico, che salutavo la mattina mentre assonnato me ne andavo a scuola e lui portava a spasso il suo cane, con l’inseparabile sigaro tra le labbra, ci si diceva che alle sei e mezza c’era la riunione al comitato di quartiere e poi ognuno scivolava per la sua giornata.

Era così Sandro Duccini, responsabile nazionale dei rapporti col terzo settore di Rifondazione Comunista, e segretario del circolo del IX municipio intitolato ad Orfeo Mucci, e anche in questi due incarichi c’era la sintesi e la lezione di chi aveva capito che il fiume in piena occorre osservarlo non solo al centro, ma anche e soprattutto in periferia. 
Una vita in giro per il mondo, una voglia autentica di cambiamento, che mi ha donato, insieme alla grande lezione del dialogo, non come apparenza di convenienza, ma come motore del cambiamento; mi ricordo la sofferenza vera che aveva Sandro della frattura che andava consumandosi tra i movimenti di lotta per la casa e le forze politiche della sinistra.
Sono passati tre anni dalla sua scomparsa, in tre anni la sinistra è scomparsa non solo dal Parlamento ma anche dalla società italiana, e di una persona come Sandro ne sentiamo tutti il bisogno, sono tempi di aride secche e non di fiumi in piena, e il sorriso di Sandro sopra il ponte mi manca e manca a molti, così come quell’arcobaleno di prima mattina che illuminava tutta una giornata, perché c’è stato un tempo in cui c’era la primavera e gli arcobaleni alle finestre.

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