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Intimidazioni per paura di diffamazione

12/08/2009 Antonella Serafini 1

Su censurati.it ci stiamo occupando di una serie di casi di cronaca giudiziaria, in alcuni casi proprio di accanimento persecutorio giudiziario. Non molto tempo fa, apro un quitidiano e leggo un titotole a caratteri cubitali “Il servo dello stato pinco pallo diventa truffatore”. E mi si accappona la pelle, perchè il processo di questa persona deve ancora iniziare, quindi di fatto, si crea il mostro prima ancora che il processo abbia inizio. Avendo poi le intercettazioni telefoniche che riguardano la persona, si capisce benissimo l’estraneità ai fatti imputati. E’ stato più forte di me, cercare l’email del giornalista per esprimere tutto il mio dissenso, la mia mancanza di stima nei suoi confronti e nei confronti di chi ha passato l’informazione (che può venire solo da chi conosce il caso e ha interesse a delegittimare il “servo dello Stato” che dovrà subire un processo che seguiremo udienza per udienza). Dopo una serie di scambi email, mi arriva per posta elettronica questa anomalia:

STUDIO “pinco pallo”
Patrocinante in Cassazione

Il Dr. X, giornalista xxxxxxxxxxxxxxx, mi ha fatto pervenire una email da lui ricevuta il 31 luglio 2009.
Dopo averla letta ritengo di dover agire nei suoi confronti per il reato di diffamazione.
Ho provveduto a far avere sua email anche al Procuratore Capo xxxxxxxxxxxxx per le determinazioni che riterrà opportune.

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CASO ARCIERE, CSM: PM MASIA AMMONITA. VINCE LA “RAGION DI LOBBY”

06/06/2009 Antonella Serafini 0

a cura di Anna Germoni, (www.imgpress.it)

Il CSM ha ammonito Donatella Masia, un magistrato tutto d’un pezzo, per nulla incline a frequentare i salotti della Torino da bene e uno dei sostituti procuratori della Repubblica di Torino con più anni di servizio. Allontanata il 17 marzo del 2008 dalla Procura del capoluogo piemontese, per aver interloquito telefonicamente con Arciere (nome in codice del maresciallo dei Carabinieri che mise le manette a Totò Riina, poi arrestato nell’ambito dell’inchiesta Stupinigi) criticando l’operato dei suoi colleghi torinesi MADDALENA, SALUZZO, ARNALDI DI BALME e PADALINO. La notizia, ovviamente è apparsa sotto tono nei media, troppo impegnati a inseguire l’ex ragazzo, la zia, il nonno e il bisnonno di Noemi, per dare risalto all’ennesimo atto di autoconservazione della casta: la lobby del Csm e di alcuni togati. Una volta si parlava di “Ragion di Stato”, oggi solo di “ragion di lobby”. E ancor di più se c’è di mezzo Magistratura Indipendente, che il primo giugno scorso ha sbaragliato tutti i concorrenti delle altre liste, nella Procura di Torino. Un risultato che accentua la tendenza di Magistratura Indipendente ad insinuarsi, con il consenso degli elettori, nei gangli di potere, iniziata con le elezioni al Csm del 2006 (3 eletti) e confermata con le elezioni del Comitato Direttivo Centrale dell’Anm del 2007. E dopo il boom di consenso, ci saranno gli attesi flussi e riflussi nel Palazzo. In questo contesto, di correnti e alte maree, pochi giorni fa, dinanzi al Csm, il pm Masia è stato incolpato, forse per ragion di lobby, di aver diffamato i suoi colleghi. E che diavolo avrà detto Donatella Masia? Che erano lobbisti? Eunuchi? Protozoi? Nulla di tutto questo. Nella telefonata intercettata, il magistrato Masia disapprova l’azione del pm Andrea Padalino, “se avesse avuto la testa sul collo”, non avrebbe chiesto la misura cautelare contro Arciere, aggiungendo che questo era “un sistema di inquisizione spagnola” e che lei si vergognava di tale atto avvallato dai suoi colleghi. Tutto qui. Un dissenso.

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Il palazzo punisce il combattente – Parte seconda

26/03/2008 admin 3

Al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Tempo fa, si parlava dell’impossibile cattura del boss di Cosa Nostra. Latitante per decenni, fu affidata alla squadra di Ultimo la sua cattura.

Dopo tre mesi di estenuante lavoro e di sacrifici, l’impresa riusci’. In tanti sono stati a sollevare dubbi su Ultimo, ma nessuno ha sollevato dubbi su chi per decine di anni, non ha neanche tentato la ricerca del pericoloso latitante. Questo, si sa, e’ lo Stato che premia “chi non fa”, e punisce “chi fa” il proprio dovere.

A distanza di 15 anni il fatto si ripete. Avviene un furto dall’entita’ colossale. Nessuno trova la refurtiva. Ci riesce un semplice maresciallo, che trova anche qualcosa in piu’ di quello che era stato trafugato. Medaglia al valore? Negativo! Una meritata punizione. Arrestato perche’ AVREBBE POTUTO con questa operazione avere un riconoscimento in termini di carriera. Nessuno ha voluto ascoltare le dichiarazioni del maresciallo, che non aspettava altro che essere ascoltato da un pm. Si e’ preferito passare direttamente al rinvio a giudizio. Così come è avvenuto per UItimo, adesso e’ il suo turno. In tanti ci chiediamo come mai in privato non e’ stato possibile spiegare come sono andate le cose (anche perche’ nulla e’ stato fatto senza il consenso della Procura).

Ci chiediamo se sia di utilità a Cosa Nostra, piu’ che a un tribunale italiano, sapere il modus operandi di questi uomini, che uno per uno sono stati puniti, umiliati, processati. Se dubbi vi sono stati, sarebbe bastato ricevere il maresciallo Ravera (nome ormai pubblico) e ascoltare le sue spiegazioni, piu’ che rendere note le tecniche investigative.

Pensiamo che questa operazione voglia essere un deterrente verso le persone che combattono contro la criminalità organizzata.

La chiarezza e la trasparenza ci sarebbero state comunque, senza portare in tribunale e di dominio “pubblico a TUTTI” le tecniche investigative usate, oltre che le generalita’ di chi ha combattuto Cosa Nostra in modo serio e non per apparire in talk show, ma per dovere morale.

Chiediamo che al più presto venga fatta luce sull’accaduto, con la certezza assoluta della totale estraneita’ dei fatti di cui è accusato “Arciere”, ma chiediamo anche che si cominci a indagare su chi sta facendo un favore a Cosa Nostra con queste operazioni punitive, atte solo a mettere un mirino intorno alle persone che hanno contribuito alla cattura di Riina.

Distinti saluti

Gruppo Capitano Ultimo

aderiscono all’appello