Intrighi politici, sete d’occidente, servizi segreti, l’ombra minacciosa della guerra fredda compare improvvisamente sugli scenari internazionali. Kiev, Ucraina elezioni presidenziali. Il consiglio municipale denunciando irregolarità elettorali, ha chiesto al parlamento dell’Ucraina di non riconoscere il risultato del voto ed ha considerato come vincente il premier filo occidentale Viktor Yanukovych. Centinaia di migliaia di ucraini sono scesi in piazza per protestare contro i presunti brogli e a sostenere il loro leader. La manifestazione arancione, così chiamata per il colore scelto dai sostenitori filo occidentali, sfida i disagi, il freddo, il sonno. Compatta e pacifica continua a perorare nella nascita di una realtà sociale, economica e politica che abbia i fondamenti nella libertà e nella democrazia. Con forza e determinazione si stacca da un passato storico pesante, intriso di soprusi, soppressione ideologica, chiusura e controllo mentale, non rinnegandolo di certo, ma spostando l’asse della storia lungo una trasformazione partita dalla rivoluzione fino alle riforme sociali. Kiev la sua piazza, la sua gente testimoniano il forte attaccamento alle proprie radici culturali come matrice di un popolo, che nella sofferenza ha partorito il germe del rinnovamento. Una sana espressione di cambiamento maturato nel rispetto e nella convinzione che solo con una linea guida garantista dei principi fondamentali e connaturati all’umanità, possa intraprendere la strada di una apertura socio – culturale europea. Un processo di trasformazione con normali contrasti e legittime tensioni ma avvolto da una coltre impenetrabile di misteri, che confermano il dominio allo stato puro, del potere per il potere e dell’egemonia assoluta su tutto. Il male oscuro invade gli organi di controllo, prolifera e gestisce situazioni politiche adottando soluzioni strategiche sconfinanti nell’amoralità, nella negazione dei valori e dei diritti dell’uomo. E quando l’indicibile, il segreto inviolabile, squarcia con fragore la ragnatela ordita da un sistema rigorosamente addestrato al tacito consenso, al subdolo gioco di potere, alla corruzione economica e non solo, lo spettro dell’eliminazione avversaria con infide armi appare chiaramente, ecco perché, l’avvelenamento con la diossina di Yanukovych, confermata dai medici austriaci, non è stata una sorpresa per il suo popolo ma solo la conferma di un’amara verità. Il volto devastato di Yanukovych è il segno tangibile di una politica degenerata nella conflittualità di fenomeni che hanno come obiettivo lo strapotere del sistema per una supremazia assoluta. Pagine di storia poco nobili che fin dai tempi dell’Imperatore Claudio ci hanno insegnato come il potere sia un’arma a doppio taglio, pericolosa e non facile da controllare. Ogni epoca ha i suoi geni e le sue nullità ma il tempo presente sembra vivere nella riproducibilità di un pericoloso compromesso tra estrema potenza, rigido comando e controllo totale, un compromesso che la storia, ha consegnato all’oblio e l’uomo malgrado tutto, continua ad esserne vittima ed artefice.